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Newsletter del 3 ottobre 2006
Newsletter del 3 ottobre 2006
sommario
- Introduzione
- La mostra: "The Jean-Michel Basquiat Show", a Milano
- Il sito Web: "basquiatonline.org"
- La mostra: "Dadada", a Pavia
- Gallerie: mettersi in mostra su Artdreamguide
- La mostra: "10. Biennale di Architettura", a Venezia
- Il sondaggio: gli artisti e la città
- Il museo: il MUDAM, del Lussemburgo
- Net Art: Ghost City, di Jody Zellen
- Notizie in breve
Le "città degli architetti" hanno sempre qualcosa di finto.
Guardando i plastici asettici dei progetti, vediamo costruzioni ordinate, allineate in modo perfetto lungo viali alberati.
I colori sono chiari. Predominano il bianco, il colore del legno e le tinte pastello. La luce che le inonda è bianca e artificiale. Non c'è rumore, non si sentono voci. L'odore è quello del legno, della colla e delle vernici.
Quando, a distanza di anni, ci troviamo nella città vera, rispetto al plastico è tutta un'altra cosa. Gli edifici non sono gli stessi. Si presentano logori, usurati dal tempo. Spesso appaiono imbrattati di scritte e di pubblicità. Le strade sono affollate di gente e intasate di traffico. Il verde è mal curato. E poi ci sono il rumore, la puzza di gas di scarico, fastfood e spazzatura.
Altra cosa le "città degli artisti".
All'apparenza, sono meno concrete di quelle degli architetti. Non hanno il compito di rispondere alla domanda abitativa e lavorativa. Non si propongono di risolvere il problema della circolazione. Non devono offrire centri di aggregazione e di svago.
Non sono fatte di cemento, mattoni, vetro e asfalto, ma di immagini, forme e suoni. Non dispiegano vasti complessi, ma piccoli dettagli.
Le "città degli artisti" non mostrano quello che saranno domani. Mostrano quello che sono adesso. Raccontano la vita di chi le abita oggi.
Progettare il futuro, analizzare e criticare il presente. Due attività differenti, ma non in antitesi.
Infatti, quanti stimoli possono venire dalle "città degli artisti". Stimoli che gli architetti dovrebbero raccogliere, per svolgere al meglio il difficilissimo compito del progettare. E architetti famosi, come Botta e Piano, ne sono consapevoli...
Guardando i plastici asettici dei progetti, vediamo costruzioni ordinate, allineate in modo perfetto lungo viali alberati.
I colori sono chiari. Predominano il bianco, il colore del legno e le tinte pastello. La luce che le inonda è bianca e artificiale. Non c'è rumore, non si sentono voci. L'odore è quello del legno, della colla e delle vernici.
Quando, a distanza di anni, ci troviamo nella città vera, rispetto al plastico è tutta un'altra cosa. Gli edifici non sono gli stessi. Si presentano logori, usurati dal tempo. Spesso appaiono imbrattati di scritte e di pubblicità. Le strade sono affollate di gente e intasate di traffico. Il verde è mal curato. E poi ci sono il rumore, la puzza di gas di scarico, fastfood e spazzatura.
Altra cosa le "città degli artisti".
All'apparenza, sono meno concrete di quelle degli architetti. Non hanno il compito di rispondere alla domanda abitativa e lavorativa. Non si propongono di risolvere il problema della circolazione. Non devono offrire centri di aggregazione e di svago.
Non sono fatte di cemento, mattoni, vetro e asfalto, ma di immagini, forme e suoni. Non dispiegano vasti complessi, ma piccoli dettagli.
Le "città degli artisti" non mostrano quello che saranno domani. Mostrano quello che sono adesso. Raccontano la vita di chi le abita oggi.
Progettare il futuro, analizzare e criticare il presente. Due attività differenti, ma non in antitesi.
Infatti, quanti stimoli possono venire dalle "città degli artisti". Stimoli che gli architetti dovrebbero raccogliere, per svolgere al meglio il difficilissimo compito del progettare. E architetti famosi, come Botta e Piano, ne sono consapevoli...
Nel 1978, in un ristorante di SoHo, Jean-Michel Basquiat riesce ad avvicinare Andy Warhol e a vendergli una cartolina dipinta per un dollaro. Cerca di fare lo stesso con il commensale di Andy, il noto critico d'arte Henry Geldzahler. Ma questi lo congeda, dicendogli che è troppo giovane.
All'epoca, Jean-Michel aveva 18 anni. Ma già mordeva il freno.
Si può dire che tutta la breve vita di Basquiat sia stata una folle corsa. Una corsa durata 27 anni.
Lascia la famiglia a 17. Per oltre due anni vive dove capita. A volte persino in strada. Trascorre il tempo leggendo e istoriando di scritte i muri e i treni del metrò. Si fa molti amici tra la giovane bohème newyorkese. Grazie al regista Diego Cortez, nel 1981 partecipa alla mostra "New York/New Wave", al P.S.1. È allora che lo scopre Annina Nosei, la sua prima gallerista. Tiene da lei qualche mostra. Passa, poi, con Larry Gagosian e, quindi, con Mary Boone. Nel 1984 fa il grande botto: un'opera viene battuta da Christie's per ben 19.000 dollari. L'anno dopo, il New York Times Magazine pubblica la sua foto in copertina.
Ma non c'è tempo di fermarsi. Bisogna correre.
Diventa grande amico di Warhol. Con lui e Francesco Clemente dipinge varie opere a sei mani. Espone in tutto il mondo. Finché, nel 1988, muore per un'overdose di droga.
Perché questa smania di bruciare le tappe?
Forse, l'ansia e il cinismo del giovane artista di colore che non si attende sconti da nessuno. Quello stesso sentimento che traspare dai suoi quadri.
Per vederli dal vivo, ecco finalmente una bella retrospettiva alla Triennale di Milano.
Su Artdreamguide puoi trovare la presentazione della mostra.
All'epoca, Jean-Michel aveva 18 anni. Ma già mordeva il freno.
Si può dire che tutta la breve vita di Basquiat sia stata una folle corsa. Una corsa durata 27 anni.
Lascia la famiglia a 17. Per oltre due anni vive dove capita. A volte persino in strada. Trascorre il tempo leggendo e istoriando di scritte i muri e i treni del metrò. Si fa molti amici tra la giovane bohème newyorkese. Grazie al regista Diego Cortez, nel 1981 partecipa alla mostra "New York/New Wave", al P.S.1. È allora che lo scopre Annina Nosei, la sua prima gallerista. Tiene da lei qualche mostra. Passa, poi, con Larry Gagosian e, quindi, con Mary Boone. Nel 1984 fa il grande botto: un'opera viene battuta da Christie's per ben 19.000 dollari. L'anno dopo, il New York Times Magazine pubblica la sua foto in copertina.
Ma non c'è tempo di fermarsi. Bisogna correre.
Diventa grande amico di Warhol. Con lui e Francesco Clemente dipinge varie opere a sei mani. Espone in tutto il mondo. Finché, nel 1988, muore per un'overdose di droga.
Perché questa smania di bruciare le tappe?
Forse, l'ansia e il cinismo del giovane artista di colore che non si attende sconti da nessuno. Quello stesso sentimento che traspare dai suoi quadri.
Per vederli dal vivo, ecco finalmente una bella retrospettiva alla Triennale di Milano.
Su Artdreamguide puoi trovare la presentazione della mostra.
I quadri di Jean-Michel Basquiat non lasciano mai indifferenti.
Affastellati sulla tela, si distinguono segni, simboli, iscrizioni, elementi figurali, grandi teste, personaggi interi.
Al primo impatto questa orgia di forme e colori ci travolge. Ma, a uno sguardo più attento, emerge la sottile regia che sovrintende il tutto.
La pittura di Basquiat combina due tecniche. Da una parte, una grafia secca, rozza, infantile, di chiara marca graffitista. Dall'altra, l'uso di pennellate aspre e aggressive, parenti dell'espressionismo astratto.
In genere, nei libri Basquiat viene classificato come "graffitista". La critica, peraltro, ha sottolineato il suo rapporto con alcuni "grandi" dell'arte del dopoguerra: Franz Kline, Willem de Kooning, Jean Dubuffet, Cy Twombly, Penck, ecc.
Ma in Basquiat c'è qualcosa di particolare, di unico. È uno stato d'animo strano, che pervade tutte le opere. Si direbbe un mix ambiguo di energia positiva e negativa.
A trasmettere "Energia positiva" sono la ricchezza grafica e l'esuberanza cromatica. "Energia negativa" sono, invece, i temi dei quadri, l'uso insistente del nero e quel modo di rappresentare i personaggi che ricorda le radiografie ai raggi X.
Nel 2005 il Brooklyn Museum di New York organizzò una grande mostra su Jean-Michel Basquiat. Per l'occasione, all'interno del sito del museo venne realizzato un sito su Basquiat. Con il caratteristico stile affastellato, proprio dell'artista, ne documenta la vita e il lavoro.
Per vedere immagini e filmati di Jean-Michel Basquiat, visita "basquiatonline.org".
Affastellati sulla tela, si distinguono segni, simboli, iscrizioni, elementi figurali, grandi teste, personaggi interi.
Al primo impatto questa orgia di forme e colori ci travolge. Ma, a uno sguardo più attento, emerge la sottile regia che sovrintende il tutto.
La pittura di Basquiat combina due tecniche. Da una parte, una grafia secca, rozza, infantile, di chiara marca graffitista. Dall'altra, l'uso di pennellate aspre e aggressive, parenti dell'espressionismo astratto.
In genere, nei libri Basquiat viene classificato come "graffitista". La critica, peraltro, ha sottolineato il suo rapporto con alcuni "grandi" dell'arte del dopoguerra: Franz Kline, Willem de Kooning, Jean Dubuffet, Cy Twombly, Penck, ecc.
Ma in Basquiat c'è qualcosa di particolare, di unico. È uno stato d'animo strano, che pervade tutte le opere. Si direbbe un mix ambiguo di energia positiva e negativa.
A trasmettere "Energia positiva" sono la ricchezza grafica e l'esuberanza cromatica. "Energia negativa" sono, invece, i temi dei quadri, l'uso insistente del nero e quel modo di rappresentare i personaggi che ricorda le radiografie ai raggi X.
Nel 2005 il Brooklyn Museum di New York organizzò una grande mostra su Jean-Michel Basquiat. Per l'occasione, all'interno del sito del museo venne realizzato un sito su Basquiat. Con il caratteristico stile affastellato, proprio dell'artista, ne documenta la vita e il lavoro.
Per vedere immagini e filmati di Jean-Michel Basquiat, visita "basquiatonline.org".
Nel maggio del 1916, sulla rivista del Cabaret Voltaire di Zurigo compare per la prima volta il termine "dada". È la data ufficiale di nascita del Dadaismo.
Negli anni seguenti il gruppo dadaista si trasforma. I suoi membri si spostano per l'Europa. Nuovi focolai dadaisti si costituiscono in altre città: Berlino, Hannover, Colonia, New York, Parigi, persino il Giappone. Finché, nel 1922 Tristan Tzara, che lo aveva tenuto a battesimo, ne decreta la fine.
Ma il Dadaismo è veramente finito allora?
I principi cui il Dadaismo si ispirava erano: avversione per ogni stile, massima libertà espressiva, sovvertimento del linguaggio, esaltazione della casualità, dissacrazione del bello, inclinazione alla satira e al paradosso.
Per la sua energia innovativa e liberatoria sono tanti i movimenti e le correnti che ne hanno tratto spunto. Ad esempio, il Surrealismo, Cobra, il Situazionismo, New Dada, Fluxus e gli Happenings, la Poesia Visiva.
In occasione del 90. anniversario dalla nascita sono tante le mostre nel mondo dedicate al Dadaismo. Ma quella aperta in questi giorni al Castello Visconteo di Pavia ha qualcosa di diverso. Si propone, infatti, di documentare il Dadaismo e le sue ramificazioni nel contemporaneo.
Su Artdreamguide puoi trovare i dettagli sulla mostra.
Negli anni seguenti il gruppo dadaista si trasforma. I suoi membri si spostano per l'Europa. Nuovi focolai dadaisti si costituiscono in altre città: Berlino, Hannover, Colonia, New York, Parigi, persino il Giappone. Finché, nel 1922 Tristan Tzara, che lo aveva tenuto a battesimo, ne decreta la fine.
Ma il Dadaismo è veramente finito allora?
I principi cui il Dadaismo si ispirava erano: avversione per ogni stile, massima libertà espressiva, sovvertimento del linguaggio, esaltazione della casualità, dissacrazione del bello, inclinazione alla satira e al paradosso.
Per la sua energia innovativa e liberatoria sono tanti i movimenti e le correnti che ne hanno tratto spunto. Ad esempio, il Surrealismo, Cobra, il Situazionismo, New Dada, Fluxus e gli Happenings, la Poesia Visiva.
In occasione del 90. anniversario dalla nascita sono tante le mostre nel mondo dedicate al Dadaismo. Ma quella aperta in questi giorni al Castello Visconteo di Pavia ha qualcosa di diverso. Si propone, infatti, di documentare il Dadaismo e le sue ramificazioni nel contemporaneo.
Su Artdreamguide puoi trovare i dettagli sulla mostra.
Le fiere di arte contemporanea sono un momento importante nell'attività di promozione delle gallerie d'arte.
Ma la promozione non si esaurisce qui.
Implica un'attività di pubbliche relazioni. Ecco, allora, tutti i normali strumenti che possono servire a pubblicizzare mostre ed eventi: invio di comunicati stampa e inviti, inserzioni pubblicitarie sulle riviste specializzate.
E poi c'è Internet, naturalmente!
A cos'altro può servire Internet per una galleria?
A tante cose. A far conoscere la galleria a un vasto pubblico attraverso il proprio sito Web. Oppure, a fare pubblicità alle mostre, agli artisti e alle iniziative della galleria. Il tutto a prezzi molto più economici di quelli tradizionali.
Artdreamguide ha sviluppato una serie di soluzioni al servizio delle gallerie d'arte e della loro presenza su Internet. Una sezione apposita le descrive in modo semplice e dettagliato.
Visita allora la pagina con le opportunità che Artdreamguide propone alle gallerie d'arte.
Ma la promozione non si esaurisce qui.
Implica un'attività di pubbliche relazioni. Ecco, allora, tutti i normali strumenti che possono servire a pubblicizzare mostre ed eventi: invio di comunicati stampa e inviti, inserzioni pubblicitarie sulle riviste specializzate.
E poi c'è Internet, naturalmente!
A cos'altro può servire Internet per una galleria?
A tante cose. A far conoscere la galleria a un vasto pubblico attraverso il proprio sito Web. Oppure, a fare pubblicità alle mostre, agli artisti e alle iniziative della galleria. Il tutto a prezzi molto più economici di quelli tradizionali.
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Ma quanti abitanti ha Città del Messico?
A prestar fede ai telegiornali c'è da impazzire. Ognuno gioca a spararla più grossa degli altri. 10 milioni. 15 milioni. 20 milioni. 25 milioni. Qualcuno ha azzardato addirittura 40 milioni. E di questo passo, scopriremo che Città del Messico ha una popolazione superiore al Messico stesso...
Comunque stiano le cose, un fatto è certo. Città del Messico supera abbondantemente i 10 milioni di persone. E come lei, lo fanno altre megalopoli: Shanghai, San Paolo, Il Cairo, Lagos, Manila, Bombay, ecc.
Ma qui non ci interessa chi ne ha di più. Il vero problema è come garantire una qualità di vita di buon livello a tanta gente, racchiusa in così poco spazio. E la qualità di vita si misura in termini di comfort, servizi, livelli di inquinamento, efficienza dei trasporti, centri di aggregazione, cultura, sicurezza, ecc.
Il futuro delle città è una delle principali sfide per gli architetti. Ed è anche il tema della 10. Biennale di Architettura, a Venezia.
A dirigerla questa volta è l'architetto inglese Richard Burdett.
Numerosi gli spazi coinvolti: Corderie dell'Arsenale, Artiglierie dell'Arsenale, Tesa delle Vergini, Giardini di Castello, ecc.
Su Artdreamguide puoi trovare la descrizione della mostra.
A prestar fede ai telegiornali c'è da impazzire. Ognuno gioca a spararla più grossa degli altri. 10 milioni. 15 milioni. 20 milioni. 25 milioni. Qualcuno ha azzardato addirittura 40 milioni. E di questo passo, scopriremo che Città del Messico ha una popolazione superiore al Messico stesso...
Comunque stiano le cose, un fatto è certo. Città del Messico supera abbondantemente i 10 milioni di persone. E come lei, lo fanno altre megalopoli: Shanghai, San Paolo, Il Cairo, Lagos, Manila, Bombay, ecc.
Ma qui non ci interessa chi ne ha di più. Il vero problema è come garantire una qualità di vita di buon livello a tanta gente, racchiusa in così poco spazio. E la qualità di vita si misura in termini di comfort, servizi, livelli di inquinamento, efficienza dei trasporti, centri di aggregazione, cultura, sicurezza, ecc.
Il futuro delle città è una delle principali sfide per gli architetti. Ed è anche il tema della 10. Biennale di Architettura, a Venezia.
A dirigerla questa volta è l'architetto inglese Richard Burdett.
Numerosi gli spazi coinvolti: Corderie dell'Arsenale, Artiglierie dell'Arsenale, Tesa delle Vergini, Giardini di Castello, ecc.
Su Artdreamguide puoi trovare la descrizione della mostra.
Per gli architetti e gli urbanisti dei giorni nostri pensare la metropoli del futuro non è un mero cimento intellettuale, ma un compito complesso. Tanto più complesso, quanto più è cruciale per la vita di coloro che ci dovranno vivere.
L'interesse per la città da parte degli architetti non è, però, cosa nuova. Da sempre la città ha stimolato il pensiero e la creatività.
E se gli architetti sono quelli che la devono progettare, scrittori, artisti, fotografi e cineasti sono quelli che la giudicano e ne parlano.
Nei confronti della città gli artisti del primo '900 hanno manifestato atteggiamenti contrastanti. Léger e i Futuristi ne erano entusiasti. La sentivano come luogo di progresso, dinamismo ed energia.
I Cubisti e i Costruttivisti non la esaltavano e non la criticavano. Ma comunque, la metropoli offriva infiniti spunti visivi per le loro ricerche formali.
Antitetica ai futuristi era la visione degli espressionisti. Nei loro quadri traspare un'idea di città come luogo di solitudine, alienazione, degrado materiale e morale.
E gli artisti di oggi? Come vedono la città?
Lo chiediamo a te.
Partecipa anche tu al nostro sondaggio.
L'interesse per la città da parte degli architetti non è, però, cosa nuova. Da sempre la città ha stimolato il pensiero e la creatività.
E se gli architetti sono quelli che la devono progettare, scrittori, artisti, fotografi e cineasti sono quelli che la giudicano e ne parlano.
Nei confronti della città gli artisti del primo '900 hanno manifestato atteggiamenti contrastanti. Léger e i Futuristi ne erano entusiasti. La sentivano come luogo di progresso, dinamismo ed energia.
I Cubisti e i Costruttivisti non la esaltavano e non la criticavano. Ma comunque, la metropoli offriva infiniti spunti visivi per le loro ricerche formali.
Antitetica ai futuristi era la visione degli espressionisti. Nei loro quadri traspare un'idea di città come luogo di solitudine, alienazione, degrado materiale e morale.
E gli artisti di oggi? Come vedono la città?
Lo chiediamo a te.
Partecipa anche tu al nostro sondaggio.
Non è semplice immaginare una grande architettura che s'innesti sui ruderi di costruzioni antiche senza comprometterle.
Ci ha provato Ieoh Ming Pei con il nuovissimo edificio del MUDAM.
Il MUDAM è il Museo d'Arte Moderna del Lussemburgo. È stato inaugurato all'inizio di luglio dopo 3 anni di lavori.
Pittoresco è il fatto che sorge sull'altura dove si trovano i resti di un antico forte: Fort Thüngen. Anzi, sorge proprio tra i suoi resti. Si insinua in mezzo ad essi, senza cancellarli. Da questo sforzo di adattamento deriva la sua pianta originale: a forma di "V".
Come altre architetture di Pei, è caratterizzato da superfici piane rivestite in marmo bianco, da ampie vetrate e da spigoli affilati. Una sorta di cupola a vetrata si erge alla convergenza delle due braccia della "V".
Quanto al contenuto, il MUDAM ha ben poco di moderno e quasi tutto di contemporaneo. Scarsa la presenza italiana. Tante le opere di artisti francesi, belgi, tedeschi, olandesi e spagnoli. E tante le mostre in programma all'insegna della contemporaneità.
Un assaggio del 2007, quando Lussemburgo sarà "Capitale Europea della Cultura"!
Su Artdreamguide puoi trovare notizie sul MUDAM, Lussemburgo.
Ci ha provato Ieoh Ming Pei con il nuovissimo edificio del MUDAM.
Il MUDAM è il Museo d'Arte Moderna del Lussemburgo. È stato inaugurato all'inizio di luglio dopo 3 anni di lavori.
Pittoresco è il fatto che sorge sull'altura dove si trovano i resti di un antico forte: Fort Thüngen. Anzi, sorge proprio tra i suoi resti. Si insinua in mezzo ad essi, senza cancellarli. Da questo sforzo di adattamento deriva la sua pianta originale: a forma di "V".
Come altre architetture di Pei, è caratterizzato da superfici piane rivestite in marmo bianco, da ampie vetrate e da spigoli affilati. Una sorta di cupola a vetrata si erge alla convergenza delle due braccia della "V".
Quanto al contenuto, il MUDAM ha ben poco di moderno e quasi tutto di contemporaneo. Scarsa la presenza italiana. Tante le opere di artisti francesi, belgi, tedeschi, olandesi e spagnoli. E tante le mostre in programma all'insegna della contemporaneità.
Un assaggio del 2007, quando Lussemburgo sarà "Capitale Europea della Cultura"!
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La città non è soltanto stress, traffico e inquinamento. E non attira le persone solo perché offre lavoro. Sono in molti quelli che ci vivono bene e sanno apprezzarne la singolare bellezza.
La città propone svariate presenze: edifici, piazze, parchi, fontane, negozi, monumenti, fermate del tram, pubblicità, gruppi di persone.
Tutte queste presenze, assieme, concorrono a creare paesaggi multiformi. E tutto ciò è fonte di stimoli. Suscita ricordi, suggerisce associazioni di idee.
Questa proprietà di stimolo della memoria, svolta dall'ambiente urbano, è valorizzata in modo originale da Jody Zellen.
Jody vive a Los Angeles. Lavora con varie tecniche: installazioni, fotografia, net art, video, arte in spazi pubblici. I suoi lavori ruotano attorno al tema della città. Li realizza rielaborando e combinando assieme immagini tratte dalla strada e soprattutto dall'universo dei mass media.
Ghost City è il suo progetto di Net Art più famoso.
Iniziato nel 1997, l'artista ha continuato ad aggiungervi nuovi elementi, facendone una sorta di gigantesco archivio.
La "città fantasma" di Jody Zellen si presenta come un collage di immagini, a ciascuna delle quali sono collegati percorsi tematici distinti. Cliccando su una delle immagini, l'utente viene inghiottito da un vortice visivo, senza spazio e senza tempo.
Le immagini che appaiono si riferiscono a particolari di città. Sullo schermo si dispiegano a mo' di sfondi. Si affiancano in serie, creando griglie. Sfarfallano. Si muovono ritmicamente. Trapassano automaticamente in nuovi scenari.
Si ha la sensazione di trovarsi in un grande labirinto senza capo, né coda. Ma a pensarci bene, la "città fantasma" è una fonte continua di sorprese e fugaci sensazioni.
Per questo, tuffati sulle strade di Ghost City, di Jody Zellen
La città propone svariate presenze: edifici, piazze, parchi, fontane, negozi, monumenti, fermate del tram, pubblicità, gruppi di persone.
Tutte queste presenze, assieme, concorrono a creare paesaggi multiformi. E tutto ciò è fonte di stimoli. Suscita ricordi, suggerisce associazioni di idee.
Questa proprietà di stimolo della memoria, svolta dall'ambiente urbano, è valorizzata in modo originale da Jody Zellen.
Jody vive a Los Angeles. Lavora con varie tecniche: installazioni, fotografia, net art, video, arte in spazi pubblici. I suoi lavori ruotano attorno al tema della città. Li realizza rielaborando e combinando assieme immagini tratte dalla strada e soprattutto dall'universo dei mass media.
Ghost City è il suo progetto di Net Art più famoso.
Iniziato nel 1997, l'artista ha continuato ad aggiungervi nuovi elementi, facendone una sorta di gigantesco archivio.
La "città fantasma" di Jody Zellen si presenta come un collage di immagini, a ciascuna delle quali sono collegati percorsi tematici distinti. Cliccando su una delle immagini, l'utente viene inghiottito da un vortice visivo, senza spazio e senza tempo.
Le immagini che appaiono si riferiscono a particolari di città. Sullo schermo si dispiegano a mo' di sfondi. Si affiancano in serie, creando griglie. Sfarfallano. Si muovono ritmicamente. Trapassano automaticamente in nuovi scenari.
Si ha la sensazione di trovarsi in un grande labirinto senza capo, né coda. Ma a pensarci bene, la "città fantasma" è una fonte continua di sorprese e fugaci sensazioni.
Per questo, tuffati sulle strade di Ghost City, di Jody Zellen
- A settembre sono partiti i lavori di realizzazione del tanto sospirato Museo Nazionale del Design Italiano. Il nuovo museo sarà ospitato all'interno della Triennale di Milano, nella curva del primo piano del Palazzo dell'Arte. Il progetto è stato affidato all'architetto Michele De Lucchi. L'inaugurazione è prevista per ottobre 2007. Il costo dell'intervento dovrebbe aggirarsi intorno a 2 milioni e 700 mila Euro.
- Il 29 settembre scorso, presso il Teatro Palladium di Roma, si è inaugurata a "Sensi Sotto Sopra". In mostra istallazioni di Romy Achituv, Gregory Barsamian, Richard Fleischer, Holger Förterer, Ulf Langheinrich & Jeffrey Shaw, Marie Maquaire, David Moises, Sébastien Noël @ Troika, Christian Partos, Pierrick Sorin, Studio Azzurro, Time's Up, Du Zhenjun. L'evento fa parte di "Romaeuropa Festival 2006" e rimarrà aperto fino al 20 ottobre prossimo.
- L'AMACI, Associazione Musei d'Arte Contemporanei Italiani, ripropone anche quest'anno la "Giornata del Contemporaneo". Il 14 ottobre, i 23 musei aderenti all'AMACI e altri 400 enti e istituzioni apriranno gratuitamente i propri spazi al pubblico. Scopo dell'iniziativa è sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza dell'arte contemporanea come fattore di sviluppo dell'identità culturale e dell'innovazione sociale ed economica.
- Il 10 ottobre prossimo, presso il Palazzo della Permanente di Milano, l'editore Urbano Cairo, presidente della Giorgio Mondadori, proclamerà il vincitore del Premio Cairo. Istituito per valorizzare la giovane arte italiana, il premio è giunto alla settima edizione. 20 i finalisti, selezionati dalla redazione di "Arte": Alessandra Ariatti, Davide Bramante, Manuele Cerutti, Gehard Demetz, Tessa Manon Den Uyl, Till Freiwald, Marina Giannobi, Chris Gilmour, Francesco Lauretta, Anna Madia, Andrea Mastrovito, Daniela Perego, Giacomo Piussi, Luigi Presicce, Giuseppe Rado, Luisa Raffaelli, Roberta Savelli, Alessandra Spranzi, Fabio Viale e Massimiliano Zaffino.
- Il 29 settembre scorso, presso il Teatro Palladium di Roma, si è inaugurata a "Sensi Sotto Sopra". In mostra istallazioni di Romy Achituv, Gregory Barsamian, Richard Fleischer, Holger Förterer, Ulf Langheinrich & Jeffrey Shaw, Marie Maquaire, David Moises, Sébastien Noël @ Troika, Christian Partos, Pierrick Sorin, Studio Azzurro, Time's Up, Du Zhenjun. L'evento fa parte di "Romaeuropa Festival 2006" e rimarrà aperto fino al 20 ottobre prossimo.
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- Il 10 ottobre prossimo, presso il Palazzo della Permanente di Milano, l'editore Urbano Cairo, presidente della Giorgio Mondadori, proclamerà il vincitore del Premio Cairo. Istituito per valorizzare la giovane arte italiana, il premio è giunto alla settima edizione. 20 i finalisti, selezionati dalla redazione di "Arte": Alessandra Ariatti, Davide Bramante, Manuele Cerutti, Gehard Demetz, Tessa Manon Den Uyl, Till Freiwald, Marina Giannobi, Chris Gilmour, Francesco Lauretta, Anna Madia, Andrea Mastrovito, Daniela Perego, Giacomo Piussi, Luigi Presicce, Giuseppe Rado, Luisa Raffaelli, Roberta Savelli, Alessandra Spranzi, Fabio Viale e Massimiliano Zaffino.
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