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Newsletter del 3 maggio 2007
sommario
Nel 1989 un appassionato d'arte italiano si trovava a Francoforte per la fiera di arte moderna e contemporanea. Nello stand di una galleria conobbe un collezionista tedesco, che lo invitò ad andarlo a trovare al lavoro.
La mattina dopo l'italiano si recò al quartier generale di Deutsche Bank per incontrare il collezionista. L'ufficio si trovava in una delle torri da poco ultimate. Due grattacieli di 160 metri in vetro e acciaio, con interni moderni ma sobri. Opere d'arte contemporanea ovunque, a partire dalla reception e dai corridoi d'accesso.
Poi, su con l'ascensore. L'italiano ebbe l'impressione che ad ogni piano fosse associato il nome di un artista noto. Giunto al piano fu accolto dal collezionista, che intuendo il suo stupore gli propose una breve visita dell'edificio. Fu allora che l'impressione divenne una certezza. Ogni piano, un artista! Opere di uno stesso artista negli ambienti comuni, nelle sale riunioni e perfino nei singoli uffici. E non basta. Ogni impiegato era libero di scegliere tra le opere disponibili di un certo artista quelle che preferiva per il proprio ufficio. Ammirazione e invidia...
Proviamo a pensare a certe banche di casa nostra.
Stampe dozzinali alle pareti. Se va bene, qualche quadro antico nella hall e litografie di artisti sconosciuti negli altri spazi. Per non parlare di quelle banche che propongono mostre di artisti cosiddetti "emergenti", spesso scelti dietro raccomandazione.
Certo, anche in Italia esistono esempi illustri. Il più noto è quello della ex Banca Commerciale Italiana, oggi Banca Intesa. Ma sono fenomeni scaturiti quasi sempre dalla passione di personaggi particolarmente illuminati, non da vere e proprie scelte strategiche di un gruppo.
Ai giorni nostri la maggior parte delle banche di Francoforte, Monaco, Berlino, Zurigo, Basilea, Londra, New York hanno la loro brava dotazione di opere d'arte contemporanea per conferire un aspetto elegante e interessante ai propri uffici. Una banca che non ha questo tipo di sensibilità culturale come può dire di guardare in avanti? Come può affermare di aprirsi alla concorrenza?
Ecco una delle cose che i banchieri di casa nostra dovrebbero imparare dagli altri. O, forse, dovremmo imparare a fargliela fare noi, che siamo loro clienti.
"Non credo né a quello che tocco, né a quello che vedo. Credo solo a ciò che non vedo e a ciò che sento dentro". Ad affermarlo era il pittore francese Gustave Moreau alla fine dell'800. Suona come la negazione del dato oggettivo e del realismo impressionista.
Le parole di Moreau riflettono un certo clima intellettuale che, a partire dalla Francia, si manifesta in Europa nella seconda metà dell'800. Un clima che affonda le sue radici nel Romanticismo e si nutre della sfiducia nella scienza.
Gli esponenti di questa tendenza si richiamano all'interiorità, al sogno, all'irrazionale. In poesia come in pittura, si affidano alla forza evocatrice del simbolo, massima espressione del non detto. Da cui la definizione di Simbolismo.
A dispetto di questa mentalità comune il Simbolismo non fu un movimento ben definito. Semmai, una linea di tendenza capace di raccogliere gruppi di artisti, movimenti veri e propri, singole individualità.
Al Palazzo dei Diamanti di Ferrara è aperta una ricca mostra che, attraverso opere importanti, fa apprezzare la natura sfaccettata del Simbolismo.

Su Artdreamguide puoi trovare la presentazione della mostra.
Spesso si legge che ad aprire la strada all'arte moderna è stato l'Impressionismo. Ma è paradossale constatare come le principali correnti del primo '900 si possano far risalire all'Impressionismo, passando, però, proprio attraverso le tendenze che hanno compiuto il superamento dello stesso Impressionismo.
È il caso di Cézanne, che alla resa dell'impressione visiva oppone la costruzione intellettuale dello spazio. Una lezione che viene ripresa dai cubisti e dai futuristi.
È anche il caso del Simbolismo. Attraverso la forza evocativa del simbolo, alla rappresentazione oggettiva della natura i simbolisti oppongono la rappresentazione dell'irrazionale, del soprannaturale. Espressione di mondi interiori. Tensione verso il mistero e lo spirituale. Uso di simbologie mitologiche, mistiche, alchemiche ed esoteriche. Fascino per il primitivismo. Elementi che sono serviti da premesse per l'Espressionismo, l'Astrattismo, la pittura metafisica e perfino il Surrealismo.
Alla fine dell'800, il Simbolismo ha riguardato innanzitutto la poesia, dove si è combinato con il Decadentismo. Ma come un'ondata, ha finito per interessare altri campi dell'arte, primo fra tutti la pittura.
Esponenti di spicco del clima simbolista furono personaggi come Redon, Gauguin, Munch, Ensor, Böcklin, Klimt. Ma da esso trassero linfa vitale anche giganti come Nolde, Kandinsky, Mondrian, Malevich, Duchamp, De Chirico, ecc.

Per conoscere il Simbolismo visita la pagina di presentazione su Artdreamguide.
"Art at Work" significa "Arte sul posto di lavoro". Cioè, non semplicemente arte per rendere piacevoli gli uffici agli occhi dei visitatori. Bensì, arte per rendere piacevole e stimolante l'ambiente di lavoro.
Le basi di questo concetto vennero gettate negli anni '70 in America. Tra le più impegnate vi era la Chase Manhattan Bank, sotto l'impulso dei loro principali azionisti, i Rockefeller, grandi collezionisti. Art at Work s'intitola, appunto, una pubblicazione del 1984 che presenta i frutti di questo impegno.
Tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80, il concetto fu ripreso da altre banche e grandi corporations. Ma il progetto portato avanti da Deutsche Bank spicca per alcune caratteristiche.
Innanzitutto, per la sua centratura sul contemporaneo. Iniziata come collezione di arte tedesca del dopoguerra, dalla metà degli anni '80 si è focalizzata sulla produzione artistica più recente.
Poi, per le sue dimensioni. Basta pensare al numero delle opere acquisite: ca 50.000, soprattutto su carta. Questo per permetterne la collocazione in tutti gli uffici.
Infine, per la sua internazionalità. Anno dopo anno, infatti, il progetto viene allargato a tutte le principali sedi all'estero del gruppo. Poco più di un mese fa, ad esempio, è stata presentata a Milano anche la Deutsche Bank Collection Italy.

Su Artdreamguide puoi trovare le informazioni sulla Deutsche Bank Collection Italy.
La Deutsche Bank Collection Italy è solo l'ultimo tassello di un ambizioso progetto culturale.
Portare l'arte nello spazio del lavoro. Favorire l'incontro con l'opera anche al di fuori degli spazi deputati: musei, mostre, gallerie. Permettere questa esperienza ogni giorno, nel luogo di lavoro.
Il progetto è stato avviato nel 1979 nella sede di New York, luogo molto fertile da questo punto di vista. Da lì si esteso al quartier generale del gruppo, a Francoforte. Poi è toccato alle sedi di Zurigo, Londra, Tokyo e Sidney. Adesso è la volta di Milano e Mosca.
Oltre al sito web della banca, DB ha realizzato un sito web apposito per presentare la Deutsche Bank Collection.
Il sito descrive l'idea alla base del progetto. Documenta i luoghi in cui è esposta la collezione e gli artisti rappresentati. Segnala, inoltre, le novità e le iniziative in programma.
Lo stile è originale, tale da suscitare la sensazione di qualcosa di avvolgente. Avvolgente proprio come la filosofia alla base del progetto. E avvolgente come le opere d'arte negli ambienti di lavoro.

Se hai tempo, prova i videogames sul sito web della Deutsche Bank Collection.
Parigi, nel 1910, assomigliava a un gigantesco calderone in cui ribolliva di tutto. Vi accorrevano giovani artisti da tutta Europa in cerca di novità e stimoli. Il cubismo teneva banco negli ambienti d'avanguardia. Alcuni lo sperimentavano, altri lo rifiutavano.
Nel 1910 approda a Parigi Marc Chagall. Vi giunge dalla Russia, poco più che ventenne, portandosi appresso il suo fardello di leggende, tradizioni, impressioni. Stabilisce residenza e studio all'interno de "La Ruche", enorme alveare abitato dalla fauna bohémien di allora.
Il cubismo non si addice a Chagall. Lo stesso dicasi per la pittura Fauve e l'Espressionismo. Da tutti prende a prestito qualcosa e lo combina alla sua vena fiabesca e visionaria.
Quando Chagall muore, nel 1985, lascia tante opere. Alcune di grandi dimensioni, come le vetrate nella Fraumünster di Zurigo, i dipinti murali del Lincoln Center di New York e i grandi mosaici di Chicago. Altre molto piccole, come le famose incisioni per le Anime morte di Gogol e le Favole di La Fontaine.
In questi giorni una grande mostra al Complesso del Vittoriano di Roma permette di conoscere tutto il suo lavoro.

Su Artdreamguide puoi trovare i dettagli sulla mostra.
Quando è scomparso, nel 1985, Marc Chagall aveva quasi cento anni.
Quante cose ha visto sfilare innanzi ai suoi occhi! La rivoluzione russa, due guerre mondiali, il nazismo e la persecuzione degli ebrei, la guerra fredda.
Ha vissuto in luoghi diversi. Ha conosciuto un'infinità di persone. Tra loro, anche tutti i principali protagonisti dell'arte moderna.
In un arco di tempo così lungo la pittura di Marc Chagall è passata attraverso varie trasformazioni.
La forma delle figure, innanzitutto. Rigide e compatte agli inizi. Snodate, frammentate e fluttuanti nell'aria, negli anni '10. Più sinuose, morbide e fuse con lo sfondo quelle dagli anni '30 in poi.
Poi le tinte. Cupe e misteriose nei primi quadri. Vivaci e contrastanti nelle tele degli anni '10. Pastose, quasi caramellose in quelle successive, grondanti come sono di azzurri, gialli e rossi.
Ma in una cosa Chagall è rimasto sempre fedele: ai soggetti e ai temi raffigurati.
Fino alla fine ricorrono nei suoi quadri i temi della cultura popolare russa e della religione ebraica. Il mistero della nascita, le nozze, la vita del villaggio gli offrono lo spunto per composizioni fantasiose e fiabesche. Immagini variopinte, popolate di animali domestici, violinisti, carretti e contadini che volano, spose nel vento.

Su Artdreamguide puoi trovare un profilo di Marc Chagall, con la vita, l'attività artistica, i musei e le opere.
Il rituale classico delle mostre d'arte contemporanea prevede che l'artista realizzi le opere in studio, le selezioni per la mostra e le installi con cura nello spazio espositivo.
Si è avuto un tempo, però, in cui questo rituale è stato sovvertito. Sovvertito, nel senso che l'opera veniva concepita nello studio dell'artista, ma si faceva nel luogo stesso della sua fruizione, in presenza, o addirittura con la partecipazione degli stessi fruitori.
È l'epoca degli "happenings", delle "performance", delle operazioni concettuali. Un'epoca in cui l'arte affronta temi affascinanti, ma anche molto complessi. E lo fa con coraggio e spregiudicatezza.
Tra gli artisti più coraggiosi spicca senz'altro la figura di Franco Vaccari. Sua, infatti, l'idea di "mostra in tempo reale". Una mostra che prende forma nel corso della mostra stessa, attraverso l'intervento diretto del pubblico.
Il lavoro di Vaccari abbraccia tutte le tematiche di fine anni '60: il concetto di opera d'arte, il rapporto artista-spettatore, il rapporto tra l'immagine e la realtà che raffigura.
La sua ricerca si è concretizzata in operazioni piene di rischi, ma in cui ha saputo aggiungere anche un pizzico di gusto ludico.

Artdreamguide ti parla in dettaglio della mostra.
Oramai l'informazione televisiva non si occupa più di arte e cultura. C'è poco da fare. Di arte in televisione se ne occupano quasi solo i programmi a cura di Philippe Daverio, peraltro molto belli.
Perché i telegiornali ne parlino occorrono notizie eclatanti o "pruriginose". Come la spedizione di Leonardo in Giappone, la contesa tra Governo italiano e Getty Museum sulla restituzione di alcune sculture antiche, o un quadro di Picasso venduto per 100 milioni di dollari.
Per questo ogni anno passa in sordina la Settimana della Cultura. O se ne viene data informazione, questo succede al penultimo giorno, quando non c'è più tempo per approfittarne.
Cos'è e quando si svolge?
È un'iniziativa del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che consente l'ingresso gratuito a tutti i musei e i siti aderenti. Quest'anno avrà luogo dal 12 al 20 maggio. Perciò, niente scuse. Questa volta siamo tutti avvisati!

Su Artdreamguide puoi trovare informazioni sulla Settimana della cultura.
- Il 16 marzo scorso, è scomparso all'età di 85 anni il mecenate americano Raymond Nasher. Con la moglie Patsy, ha costituito una delle maggiori collezioni al mondo di scultura moderna e contemporanea. Nel 2003 è stato inaugurato a Dallas un museo a lui intitolato, con un grande giardino di sculture all'aperto. In precedenza, Nasher aveva anche finanziato un giardino di sculture presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia con opere di Henry Moore, Mark di Suvero, Anthony Caro, Joan Miró, Max Ernst, Joel Shapiro, Germaine Richier e Ulrich Rückriem.

- Francois Pinault ha ottenuto in concessione trentennale gli spazi di Punta della Dogana, a Venezia. Il magnate francese ha vinto la concorrenza della Fondazione Guggenheim portando in dote 141 opere d'arte contemporanea. Il progetto prevede la realizzazione di nuovo museo entro il 2009, in occasione della 53 edizione della Biennale. Il costo dell'operazione dovrebbe aggirarsi attorno ai 25 milioni di Euro.

- L'artista veronese Luca Trevisani ha vinto la VI Edizione del Premio Furla per l'Arte. La manifestazione è promossa da Fondazione Querini Stampalia, Furla Spa, Gruppo Unicredit e Museo d'Arte Moderna di Bologna. Grazie a questa vittoria, Trevisani potrà usufruire di una borsa di studio presso la Künstlerhaus Bethanien di Berlino. Inoltre, una sua opera entrerà nella collezione permanente del MAMbo.
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