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Come di consueto, la Biennale ha luogo in diversi spazi. Ai Giardini di Castello e all'Arsenale, si aggiungono quest'anno il Museo Correr e la Stazione Santa Lucia, ma anche numerosi luoghi e palazzi in giro per la città, che l'Amministrazione di Venezia ha messo a disposizione dei Paesi privi di un vero e proprio padiglione ai Giardini.
In questo clima di apertura a nuove partecipazioni nazionali, va segnalata l'assenza della Repubblica popolare cinese, motivata da problemi sanitari legati all'epidemia di polmonite atipica, la SARS. Gli artisti cinesi avrebbero dovuto esporre presso la Fondazione Bevilacqua La Masa. Negli stessi spazi troverà posto la mostra dedicata all'artista americano Alex Katz, anticipata per l'occasione.
Al Museo Correr è di scena la mostra Pittura/Painting: Da Rauschenberg a Murakami, 1964-2003, curata da Francesco Bonami. Un omaggio alla pittura dal 1964 ai giorni nostri attraverso le opere di alcuni grandi protagonisti dell'arte contemporanea, che hanno partecipato alla Biennale di Venezia. E, forse, anche una risposta a quanti hanno sempre lamentato la disaffezione della rassegna veneziana per la produzione pittorica a favore di media considerati di maggior attualità, come i video.
Sembra rispondere alle polemiche degli ultimi anni anche il progetto La Zona/The Zone, curato da Massimiliano Gioni, che riporta gli artisti italiani ai Giardini di Castello, anche se all'esterno del padiglione nazionale. La rappresentanza italiana ha trovato posto, infatti, in un "contenitore" provvisorio, a metà strada tra architettura e installazione, progettato dagli architetti del Gruppo A12.
La soluzione adottata, tutt'altro che casuale, serve a dare l'idea della mobilità e flessibilità dei giovani artisti italiani, legati alle tradizioni del passato, ma aperti al dialogo con l'Europa e col mondo. "La Zona" si presenta così come un territorio inquieto, un luogo di paesaggio, che pone in evidenza le contraddizioni e le trasformazioni che investono la società italiana contemporanea e, di conseguenza, l'arte. Gli artisti in mostra - Alessandra Ariatti, Micol Assael, Anna De Manincor-ZimmerFrei, Diego Perrone e Patrick Tuttofuoco - sono alla loro prima partecipazione veneziana.
Sgomberato il campo dalla rappresentanza nazionale, Il Padiglione Italia ospita Ritardi e Rivoluzioni/Delays and Revolutions, la rassegna curata da Francesco Bonami e Daniel Birnbaum. Una mostra che parla della portata innovativa dell'arte, della sua capacità di anticipare i fenomeni sociali, ma anche dei suoi inevitabili ritardi. Un problema che accomuna artisti e curatori sempre in lotta col tempo, o troppo in anticipo per essere capiti, o troppo in ritardo per essere apprezzati.
D'altra parte, il significato di un'opera d'arte non è mai stabile, ma legato al contesto di fruizione, a nuove letture e traduzioni. A tutta una serie di rinvii, che possono essere tracce del passato e segnali del futuro. Quelli che "Ritardi e Rivoluzioni" tenta di ritrovare in questa mostra, che non segue un percorso lineare, ma un cammino fatto di deviazioni e rimandi.
Le proposte spaziano dagli anni '60 a oggi con autori consolidati e giovani promesse del circuito internazionale. Diversi anche i generi: pittura, disegno, scultura, cinema, video, installazioni, di cui vengono segnalati legami, ambiguità e commistioni. Tra gli artisti in mostra: Andy Warhol, Dan Graham, Carol Rama, Matthew Barney, Damien Hirst, Gabriel Orozco, Robert Gober, Tacita Dean, Maurizio Cattelan, Giovanni Gabellone.
Sempre ai Giardini, il Padiglione Venezia accoglie i finalisti del Premio per la giovane arte italiana, indetto dalla DARC (Direzione per l'Architettura e l'Arte Contemporanee) per accrescere la collezione del MAXXI, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma. Si tratta di Charles Avery, Avish Khebrehzadeh, Sara Rossi e Carola Spadoni.
Come si può notare, gli artisti italiani sono tutt'altro che dimenticati e si ritrovano qua e là in diverse manifestazioni. Se i Giardini danno la preferenza alle giovani generazioni, al Museo Correr sono di scena Lucio Fontana, Alberto Burri, Enrico Castellani, Gino De Dominicis, Domenico Gnoli e Francesco Clemente.
Italiani sono anche i Leoni d'oro, i premi alla carriera, assegnati quest'anno a Carol Rama e Michelangelo Pistoletto. Due artisti premiati per il loro lavoro, ma anche per il dialogo che hanno saputo instaurare con le giovani generazioni.
Lasciati i Giardini di Castello, la mostra prosegue nei diversi spazi dell'Arsenale, dove sono stati allestiti ben 8 progetti, in buona parte connessi al problema della globalizzazione.
Si parte con Clandestini/Clandestine, la terza mostra curata da Francesco Bonami. È il frutto dei suoi recenti viaggi in alcuni paesi, tra cui Giappone, Israele, Polonia e Turchia. "Clandestini" sono gli artisti che non si lasciano imbrigliare dai confini geografici, da un media predeterminato o da tematiche d'attualità, ma portano avanti le loro ricerche cercando di sfuggire a ogni classificazione.
Smottamenti/Fault Lines è, la sezione ideata da Gilane Tawadros. Parla degli artisti africani contemporanei, di quelli che sono rimasti in Patria e di quelli che hanno preferito lasciare il Continente. Parla di fratture e ricomposizioni, di nuovi assestamenti, dell'impossibilità di individuare un'arte africana autentica, dopo che colonialismo, diaspora e globalizzazione hanno lasciato tracce indelebili nella cultura locale.
Conflitti e tensioni anche in Sistemi individuali/Individual Systems, l'area curata da Igor Zabel, dove gli artisti affrontano i problemi della modernità. Un sistema apparentemente razionale e ordinato, che nasconde al suo interno opposizioni e antagonismi profondi, come l'antitesi tra locale e globale, individuale e universale.
Zona d'Urgenza/Z.O.U. (Zone of Urgency) è il progetto di Hou Hanru. Riflette la situazione delle regioni dell'area asiatico-pacifica. Un mondo in rapida espansione, dove il proliferare di nuove costruzioni sta alterando l'aspetto degli spazi urbani creando delle vere e proprie aree di emergenza. Una situazione preoccupante anche dal punto di vista sociale, che artisti e architetti stanno cercando di analizzare e risolvere, ma che potrebbe avere ripercussioni anche in Occidente legandosi al problema della migrazione. "Z.O.U." si propone come luogo aperto al dibattito, alla fantasia e alla creatività, perché l'arte diventi veicolo propositivo di trasformazione sociale.
Un pensiero condiviso anche da Carlos Basualdo, curatore della rassegna La struttura della crisi/The Structure of Survival, che affronta il problema dei paesi in via di sviluppo e parla, attraverso l'arte, di realtà suburbane drammatiche, come le bidonville africane e le favelas del Brasile. Anche per lui l'arte è uno strumento di conoscenza, un modo per capire le circostanze e i motivi della crisi, politica, economica e, soprattutto, sociale delle zone povere del mondo, ponendo le basi per una reazione costruttiva.
Rappresentazioni arabe contemporanee/Contemporary Arab Representations è la sezione affidata a Catherine David. Procede per microgeografie e storie individuali cercando di riportare una situazione infuocata come quella araba contemporanea, troppo spesso sbandierata dai media, a una dimensione più intima e umana.
La dimensione umana è il perno attorno a cui ruota anche Il Quotidiano Alterato/The Everyday Altered, l'area curata da Gabriel Orozco, che ha invitato 6 artisti a trasformare gli oggetti del quotidiano in strumenti rivoluzionari. A riprova che, in arte, non contano i mezzi o gli apparati espositivi, ma l'idea. E che basta l'ironia del pensiero per trasformare il familiare in qualcosa di straordinario.
Conclude la rassegna dell'Arsenale Stazione Utopia/Utopia Station, affidata a Molly Nesbit, Hans-Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija. Un luogo dove fermarsi, guardare le opere, parlare e confrontarsi con la speranza di un futuro migliore. Per poi ripartire verso nuovi percorsi e nuove stazioni.
Tra queste, magari, anche la Stazione Santa Lucia, coinvolta quest'anno nella manifestazione veneziana grazie all'installazione dell'artista danese Jeppe Hein, che ha creato una refrigerante fontana con giochi d'acqua interattivi. L'opera di Hein fa parte del progetto "Interludes", che prevede la realizzazione di installazioni in dodici luoghi diversi della città.
Per ulteriori informazioni sulla manifestazione e gli eventi correlati, si può consultare il sito Internet della Biennale, dove si trova anche un progetto di Art-Community. Un network interattivo aperto a suggerimenti e critiche. Si parte con un Forum di Arti Visive. |