Mostre di arte moderna e contemporanea
Da Renoir a De Staël. Roberto Longhi e il moderno
23 febbraio - 30 giugno 2003
Museo d'Arte della Città di Ravenna
Loggetta Leonardesca
Via di Roma 13, Ravenna
Tel. 0544-482775
Orari: mar-dom 10-18, lunedì chiuso
Segue le intuizioni e le analisi critiche di Roberto Longhi (1890-1970), uno dei più lucidi intellettuali della storiografia artistica italiana, la mostra in corso alla Loggetta Leonardesca di Ravenna.
Anche le opere esposte, ove possibile, rispecchiano quelle di cui Longhi si è interessato in occasione dei suoi studi e, in particolare, nel volume Scritti sull'Otto e Novecento 1925-1966). Provengono da importanti musei e collezioni private e dalla stessa Fondazione Longhi, che ha concesso lavori e disegni appartenuti allo studioso.
L'allestimento non procede secondo un criterio strettamente cronologico ma segue l'evoluzione del pensiero di Longhi, partito da una posizione crociana per approdare a una visione formalista, che individua rimandi e associazioni continue tra arte moderna e arte del passato.
La mostra si apre con un omaggio a Boccioni (Le due amiche, 1914-15; Sviluppo di una bottiglia nello spazio) e al Futurismo di cui il critico fu tra i primi a interessarsi, ma non asseconda passivamente i gusti di Longhi. Sono presenti, infatti, anche alcune opere metafisiche di de Chirico (Ettore e Andromaca, 1916; Le doux aprés-midi, 1916), un artista che lo studioso stroncò categoricamente nel 1919 in un celebre articolo del "Tempo", intitolato Al dio ortopedico.
Seguono le riflessioni sul realismo di Courbet, che Longhi accosta a Caravaggio, sull'Impressionismo francese (Renoir, Cézanne, Bazille, Boudin e Sisley), su Seurat e il suo rapporto con Piero della Francesca, sul movimento Fauve di Vlaminck, Bonnard, Vallotton, Derain, Dufy e, soprattutto, Matisse.
Altre presenze internazionali sono Picasso, di cui sono esposte una natura morta cubista del 1909 e il Portrait de femme del 1938, Klee, Kandinsky, che Longhi accosta a Magnelli, Ben Shahn e De Staël.
L'interesse di Longhi per il paesaggio oltrepassa l'esperienza degli impressionisti francesi per rivalutare l'opera di alcuni paesisti piemontesi come Fontanesi, Delleani, Avondo e soprattutto Reycend, di cui il critico si era occupato ampiamente e possedeva una cospicua collezione, poi passata alla Gam di Torino. A questi artisti viene affiancata l'opera di Tosi, la sua pittura di paesaggio.
Una sezione a parte è dedicata ad alcune figure singolari dello stesso periodo, come Bonzagni, Cavalieri e Guidi, e all'arte italiana degli anni '20 e '30, rappresentata dalle opere di Donghi, Socrate, Melli, Trombadori, Broglio, Mafai, Scipione e Raphaël.
La stroncatura di de Chirico non impedì a Longhi di apprezzare il lavoro di Carrà, di cui la mostra propone La musa metafisica del 1917 e un'intera stanza di opere.
L'interesse del critico si soffermò a lungo anche su de Pisis, Morandi, Arturo Martini, Maccari, Leoncillo e Guttuso per concludersi con Moreni e Morlotti. E così fa la mostra che segue la personalissima e, talora controversa, lettura di Longhi.
La rassegna, che ha avuto una lunga gestazione, è stata realizzata in collaborazione con la Fondazione Roberto Longhi di Firenze, l’Accademia Clementina di Bologna e la Fondazione Mazzotta di Milano. È stata curata da un comitato scientifico di cui fanno parte, tra gli altri, Claudio Spadoni, Massimo Carrà, Bruno Toscano, Andrea Emiliani, Mina Gregori, Ezio Raimondi, Antonio del Guercio, Claudia Gian Ferrari.