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Il MART chiude il secondo anno di attività nella nuova sede di Rovereto con una mostra-evento dedicata al rapporto tra uomo e animale. Un tema che ha affascinato il mondo dell'arte e della cultura dall'antichità ai giorni nostri e che oggi è di estrema attualità anche in ambito scientifico.
I curatori si sono trovati alle prese con un soggetto di portata vastissima, che ha a che fare con la mitologia, l'immaginario, l'inconscio, la nostra stessa natura, e hanno dovuto fare selezioni e scremature. È nato così un percorso tematico-cronologico incentrato sul lavoro degli artisti, ma allargato ad altri ambiti, dai miti alle fiabe, alle credenze popolari, dall'etologia alla psicoanalisi, dalla filosofia al cinema, dalla pubblicità alle ultime frontiere della scienza e della genetica.
In mostra, 180 opere di artisti occidentali, che potremmo definire dell'immaginario. Lavorano con la pittura, con la scultura, ma anche con media più innovativi e tecnologici oppure col corpo. Ci raccontano lo scontro/incontro con l'altro da sé, con la parte bassa e istintuale del nostro Io, ma anche con la nostra parte migliore e più vera, quella che ci rende superiori e ci avvicina a Dio, alla spiritualità.
Il progetto espositivo si presenta diviso in due grandi sezioni, che prendono in considerazione l'animalità come "alterità" e come "prossimità". |
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Nella prima parte della mostra vengono trattati i temi della violenza e della sessualità cui si contrappone la visione di una natura idilliaca e incontaminata, la mitica Arcadia. Tra gli "ibridi" che popolano questa sezione, si possono trovare molte figure simboliche dell'antichità, rivisitate dagli artisti dell'800 e del '900: i Centauri di Böcklin, Klinger, de Chirico e Witkin, le Sirene di Delvaux, Koons e Kiki Smith, le Sfingi di Moreau e Grosz, i Minotauri di Picasso e Arturo Martini, le Meduse di Lucio Fontana, Rops e Khnopff.
Il tema della metamorfosi, della trasformazione naturale o indotta dalle tecniche umane, trova un riscontro nelle opere di Lavinia Fontana, Agostino Carracci, Rodin, Matthew Barney, e introduce alla seconda parte dell'esposizione, incentrata sulla prossimità tra uomo e animale. Una ricerca che tira in ballo il mondo onirico e l'inconscio, la corporeità e la similitudine tra l'uomo e la bestia, ma che serve anche a guardare in faccia la realtà, farne oggetto di critica sociale o di ironia.
La sezione prende il via con le opere surrealiste di Magritte, Picabia, Savinio, Leonora Carrington e Frida Kahlo, che indagano il mondo dell'inconscio, e prosegue coi lavori di Francesco Clemente e Giuseppe Maraniello, che hanno messo al centro della loro poetica il sogno. Il dualismo uomo/animale trova riscontro nelle opere di Louise Bourgeois e Maurizio Cattelan. La riflessione sulla realtà e gli effetti della civilizzazione è affidata alle performance di Joseph Beuys, Gina Pane, Marina Abramovic, Ana Mandieta. La critica sociale e l'apologia morale sono il campo di intervento di Goya e Moreau.
Il cuore pulsante di questa sezione è comunque Francis Bacon. L'artista che, secondo Gilles Deleuze, ha rappresentato al meglio il
"divenire animale", ossia la perdita di ogni controllo razionale
sulla corporeità e gli istinti.
Il percorso espositivo si chiude con un richiamo alla fiaba, al comico e al grottesco. Ecco allora le immagini di Chagall, Savinio, Cindy Sherman e Luigi Ontani.
La mostra è curata da Lea Vergine e Giorgio Verzotti con la direzione scientifica di Gabriella Belli. Filmati, incontri e convegni contribuiscono ad arricchire la proposta museale e il dibattito su questi temi. A riprova che l'arte non è mai fine a se stessa, ma aiuta a riflettere sui valori del presente e stimola la crescita della società. |