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Conclusa la mostra su Henri de Toulouse-Lautrec, il Complesso del Vittoriano apre i suoi spazi a un altro grande artista del '900, Paul Klee, a cui dedica un'interessante retrospettiva, che ripercorre le 4 fasi in cui si è soliti distinguere la sua opera.
La prima sezione della mostra è dedicata alla produzione grafica dei primi anni, quando Klee era ancora incerto sulla sua vocazione e non sapeva se dedicarsi alla musica o all'arte. Benché siano predominanti i riferimenti al gusto simbolista di Franz von Stuck, di cui segue i corsi durante il soggiorno monacense, sono comunque già presenti anche i germi di quel mondo magico e misterioso, fitto di segni e simboli, di elementi organici e botanici, che costituiranno per sempre la sua cifra stilistica.
Tra il 1911 e il 1914 l'artista scopre la luce e il colore. Sono gli anni in cui si avvicina agli artisti del Blaue Reiter e frequenta l'ambiente artistico parigino, stringendo contatti coi cubisti e con Robert Delaunay. Ancor più decisivo è comunque il viaggio in Tunisia, dove Klee realizza acquerelli straordinari, prossimi all'astrazione.
Un'altra tappa fondamentale per l'evoluzione del suo stile è legata all'esperienza del Bauhaus, iniziata a Weimar nel 1920 e proseguita poi a Dessau. Sono anni di studio, di analisi, di insegnamento. Ma Klee resta comunque lontano dal rigoroso razionalismo della Scuola di Gropius. Cerca l'ordine supremo, l'equilibrio, nell'armonia degli opposti, nella consonanza cosmica tra uomo e universo, microcosmo e macrocosmo. Crea mondi fantastici, dove convivono segni musicali, ideogrammi, strani animali e città immaginarie (Torre doppia, 1923). Lavora alle sue opere finché qualcosa, che è dentro di lui, artista e demiurgo, non gli suggerisce che quello è il giusto equilibrio, l'unico possibile, l'essenza dell'universo. Il mistero che tutti stiamo cercando e che le parole non sono in grado di spiegare. |
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La mostra si chiude con le ultime opere di Klee. Amareggiato dall'espulsione dalla Kunstakademie di Düsseldorf e dalla confisca delle sue opere da parte del governo nazista, l'artista passa i suoi ultimi anni a Berna, segnato da una malattia rara e incurabile. La sua tavolozza si trasforma. I colori si fanno più densi e pastosi, il nero entra di prepotenza nei suoi lavori, dove figurano sempre più spesso forme simili ad angeli, forse simboli della morte imminente (Imprigionato aldiquà-aldilà, 1940).
Il suo ultimo lavoro, rimasto incompiuto, è una natura morta. Non si può certo dire la sua opera più riuscita. Ma ha il valore di un testamento spirituale. Oggetti e simboli alludono alla malattia e alla morte, ma ricordano anche Picasso e Matisse. Due artisti le cui ricerche hanno avuto delle consonanze con quelle di Klee.
La mostra, realizzata in collaborazione con la Paul Klee-Stiftung di Berna, che possiede la maggior parte delle opere dell'artista, è curata da Hans Christoph von Tavel, ex direttore del Kunstmuseum di Berna, e da Claudio Strinati.
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