Mostre di arte moderna e contemporanea
Pop Art UK. British Pop Art 1956-1972
19 aprile - 4 luglio 2004
Galleria Civica
Palazzina dei Giardini - Palazzo Santa Margherita
Corso Canalgrande 103, Modena
Tel. 059-206911
Orari: mar-ven 11-13 16-19; sab-dom e fest 10:30-19, lunedì chiuso
Quando si pensa alla Pop Art, si pensa sempre all'America. In realtà, sia pure con diverse sfumature, la Pop Art nasce in Inghilterra. E sono gli artisti inglesi i primi a capire che per rappresentare il mondo contemporaneo bisogna rendersi conto dell'importanza assunta dalla pubblicità e dalla comunicazione di massa e appropriarsi dei loro linguaggi.
Il termine Pop Art, abbreviazione di "Popular Art" (Arte Popolare), viene usato per la prima volta nel 1955 da due studiosi inglesi, Leslie Fiedler e Reyner Banham. Serve a designare l'universo delle forme visive e musicali connesse ai mass media. L'espressione viene ripresa nel 1958 dal critico inglese Lawrence Alloway per identificare il nuovo movimento artistico britannico affermatosi in occasione della mostra "This is Tomorrow" (1956), curata dall'Indipendent Group alla Whitechapel Art Gallery di Londra.
Tra gli artisti che espongono c'è anche Richard Hamilton. Porta un piccolo collage, Just What is it that Makes Today’s Homes so Different, so Appealing? (1956), che raffigura l'interno di una casa moderna nel modo in cui lo vedrebbe la pubblicità. C'è la TV, il registratore, l'aspirapolvere, un poster a fumetti. Dalla finestra si vedono le insegne di un cinematografo e i padroni di casa hanno le sembianze del culturista e della pin-up, figure che incarnano i sogni dell'uomo medio. Questo lavoro, realizzato per il manifesto e il catalogo della mostra, diventerà l'immagine simbolo della Pop Art.
Con Hamilton espongono altri esponenti dell'Independent Group, tra cui lo scultore Eduardo Paolozzi, che, rifacendosi alle esperienze dada e surrealiste, inserisce nei suoi collage immagini pubblicitarie riprese da giornali e riviste.
A questa prima ondata della Pop inglese, fa seguito quella delle nuove generazioni, che hanno vissuto sulla propria pelle le privazioni del dopoguerra, ma hanno assistito all'arrivo della televisione e di molti nuovi beni di consumo formando il loro occhio d'artista sulle nuove immagini della contemporaneità, le insegne stradali e i cartelloni pubblicitari.
Si chiamano David Hockney, Allen Jones, Derek Boshier, Peter Phillips, Patrick Caulfield, Pauline Boty e frequentano il Royal College of Art di Londra. Conoscono le esperienze di artisti americani come Johns, Rauschenberg e Rivers, che, dall'altra sponda dell'Oceano, si interessano a tematiche affini, ma la loro figura di riferimento è Peter Blake, l'artista pop che più di ogni altro ha attraversato stili e tecniche senza tuttavia dimenticare il legame con la tradizione figurativa inglese. Un artista che, come Richard Smith e Joe Tilson, altri esponenti della Pop inglese, ha frequentato il Royal College e apprezza il loro lavoro.
Altre figure importanti per la loro formazione sono R.B. Kitaj e il già citato Richard Smith. Il primo, come punto di collegamento con l'America. Il secondo, per il suo interesse per l'astrazione, che rende la Pop inglese un caso assolutamente singolare nel panorama artistico di quegli anni. Soltanto nel 1961 avranno modo di conoscere le opere di Lichtenstein, Warhol, Rosenquist e di altri artisti pop americani, ma allora avranno già sviluppato un linguaggio originale, giovane, irriverente, giocoso, riconosciuto pubblicamente nell'edizione 1961 di "Young Contemporaries".
Tra il 1961 e il 1964 il movimento ha largo seguito e, secondo molti critici, questo è il periodo in cui vengono realizzate le opere più interessanti e tipicamente "britanniche". Dopo il 1964 comincia a farsi sentire anche qui l'influenza americana, evidente in artisti come Jones, Phillips, Laing e Hockney, che hanno abitato per un certo tempo negli Stati Uniti, e in artisti come Donaldson, Barker e Monro, che cominciano ad adottare uno stile più impersonale.
La Pop Art inglese continua a svilupparsi fino all'inizio degli anni '70, anche se si assiste a una sua frammentazione in più direzioni: concettuale, minimalista, performance, videoarte. Un'altra ondata pop si avrà con il ritorno alla pittura e alla scultura figurativa degli anni '80, che vedrà impegnati artisti come Lisa Milroy, David Mach, Julian Opie, Michael Craig-Martin.
La mostra allestita a Modena prende in considerazione il periodo in cui si forma il fenomeno della Pop Art inglese e ne segue gli sviluppi fino all'inizio degli anni '70 presentando 60 opere di autori più o meno noti, che hanno concorso in modi diversi al mito della "Swinging London".
A Richard Hamilton, Peter Blake, Eduardo Paolozzi e Richard Smith, si affiancano gli artisti del cosiddetto "RCA Group" (Peter Phillips, Allen Jones, David Hockney, Patrick Caulfield, Pauline Boty, Joe Tilson) e altre figure isolate che sono comunque indispensabili per conoscere i diversi aspetti del movimento (Clive Barker, Antony Donaldson, Jann Haworth, R.B. Kitaj, Gerald Laing, Nicholas Monro, Colin Self).
Molte delle opere esposte non sono mai state viste in Italia e rappresentano quindi una vera novità. Tra i lavori più interessanti, si possono ricordare la versione del 1991 dello storico collage di Richard Hamilton Just What is it that Makes Today’s Homes so Different, so Appealing?, il grande Gold Guggenheim del 1965-66, sempre di Hamilton, Locke, Girlie Door e Kim Novak Wall (1959) di Peter Blake, una selezione del portfolio Bunk (1972) di Eduardo Paolozzi, i giganteschi Staggerly di Richard Smith, Buses di Allen Jones, The last of England? (1961) di David Hockney, A-Z Box e For Jake and Anna (1961) di Joe Tilson, Gravy for the Navy (1963) di Peter Phillips, Christ at Emmaus di Patrick Caulfield.
La mostra è curata da Marco Livingstone e Walter Guadagnini. Fa parte di un ciclo volto ad analizzare in modo approfondito le vicende della Pop Art internazionale. Le prossime tappe saranno dedicate alla situazione italiana, a quella americana, a quella europea.