Mostre di arte moderna e contemporanea
Dalla Pop Art alla Minimal.
Opere dalla collezione permanente del Mart
29 settembre 2005 - 29 gennaio 2006
MART - Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto
Corso Bettini 43, Rovereto (Tn)
Tel. 0464-438887
Orari: 10-18, ven 10-21
Nel 2002 il MART ha ricevuto in deposito permanente numerose opere della gallerista newyorchese Ileana Sonnabend. Un personaggio di spicco della scena artistica internazionale, che, per un po' di anni, tenne aperta una sede anche a Parigi. Una scelta operativa decisamente felice, che le permise di far conoscere in Europa gli artisti americani e di presentare in America quelli europei, contribuendo così allo scambio culturale tra "vecchio" e "nuovo" mondo.
Recentemente, la raccolta si è arricchita di pezzi importanti, tra cui le famose serigrafie della Campbell Soup di Andy Warhol e alcuni dipinti di Rosenquist, Oldenburg e Roy Lichtenstein.
Il museo ha approfittato di questa occasione per allestire un nuovo percorso espositivo che analizza il passaggio dalla Pop Art alla Minimal Art in America e anche in Europa, dove nascono e si sviluppano esperienze affini a quelle d'Oltre Oceano.
La rassegna, che ripercorre la storia dell'arte dagli anni '50 ai '70, prende in considerazione anche altri fenomeni artistici, come il New Dada e il Nouveau Réalisme, che, con le loro provocazioni, hanno anticipato l'interesse degli artisti pop per gli oggetti del quotidiano.
Nel 1960 il critico francese Pierre Restany inventa un nuovo termine: "Nouveau Réalisme. Gli serve per identificare un gruppo eterogeneo di artisti, di cui fanno parte Yves Klein, César, Arman, Christo, Jean Tinguely, Mimmo Rotella e altri.
Insofferenti nei confronti della pittura informale, che considerano un po' datata, questi artisti mostrano un vero e proprio culto per gli oggetti e i materiali di scarto della realtà quotidiana. Le loro opere, costruite per accumulazione, compressione, inscatolamento, di oggetti banali, sono una via di mezzo tra scultura e collage. Prendono il nome di "assemblages". L'intento è quello di dare dignità artistica ai rifiuti urbani facendoli vedere sotto un'altra luce.
Tra i Nouveaux Réalistes c'è anche un italiano, Mimmo Rotella, che mostra un grande interesse per i manifesti pubblicitari incollati sui muri delle strade. Li strappa e li espone così come sono, lacerati e sovrapposti gli uni agli altri. Nascono i "décollages", che qualcuno avvicina alle immagini pop, benché la somiglianza sia soltanto esteriore.
Un'esperienza per certi versi affine a quella francese si sviluppa anche in America dove, nella seconda metà degli anni '50, prende piede il movimento New Dada. I maggiori protagonisti di questa tendenza, che si richiama ad alcune componenti del Dadaismo e al concettualismo di Duchamp, sono Robert Rauschenberg, Jim Dine e Jasper Johns. Nelle loro opere la pittura si mescola con gli oggetti del quotidiano e il dipinto si articola nello spazio creando qualcosa che sta a metà tra pittura, scultura e collage. Nel caso di Rauschenberg, si parla di "combine paintings".
L'opera di questi artisti eserciterà una grande influenza sui futuri protagonisti della Pop Art americana, il fenomeno che più di ogni altro ha segnato l'arte figurativa degli anni '60.
Il termine Pop Art, abbreviazione di "Popular Art" (Arte Popolare), si riferisce a un'arte che è espressione della cultura popolare, si riconnette cioè agli aspetti più tipici della società massificata e dell'immaginario collettivo.
I mezzi e i temi che gli artisti adottano, con atteggiamento di volta in volta ironico o disincantato, sono gli stessi che vengono utilizzati quotidianamente dai giornali, dalla TV, dalla publicità, dai fumetti. Del resto, molti dei protagonisti della Pop americana hanno un passato che si riconnette all'industria culturale: Warhol ha fatto il designer di scarpe, Rosenquist si è occupato di cartellonistica pubblicitaria, Lichtenstein è stato vetrinista, Oldenburg grafico, Wesselmann disegnatore di fumetti.
La Pop Art italiana, che ha il suo epicentro a Roma, in Piazza del Popolo, ripercorre, con un piccolo scarto cronologico, le stesse strade della Pop internazionale, ma conserva un linguaggio autonomo e originale. Uno dei protagonisti principali di questo movimento è Mario Schifano, che, nel 1961, inserisce nei suoi dipinti segnali e scritte pubblicitarie.
Il fenomeno pop non dura a lungo e molti artisti che hanno coltivano questo linguaggio decidono di imboccare altre strade.
Il 1968, del resto, è alle porte e lascia un segno profondo anche nella storia e nella cultura italiana. Quello che sta accadendo impone a tutti riflessioni e ripensamenti. E anche per l'arte si apre un decennio di impegno sociale.
L'intento è quello di superare la frattura tra arte e vita, di rifondare i rapporti tra la realtà di tutti i giorni e i soggetti, alienati dai meccanismi della società consumistica. Questo apre la strada a un periodo di sperimentazioni di tecniche e materiali.
Nel 1967 Germano Celant presenta alla Galleria La Bertesca di Genova un gruppo di artisti eterogenei, che, sulla scia delle correnti internazionali, vogliono rifondare i linguaggi dell'arte utilizzando materiali lontani da quelli tradizionali della pratica artistica, ossia quelli naturali o di produzione industriale.
Ecco allora i legni di recupero e il ferro di Kounellis, le fascine e il mastice di Mario Merz, gli stracci di Pistoletto, il cuoio di Zorio, la luce al neon di Calzolari, i calchi spezzati di statue classiche di Paolini, gli arazzi ricamati in Oriente di Boetti. Si parla di Arte Povera, ma non si fa riferimento alla povertà dei materiali. Ciò che conta è dar vita a un'arte impegnata nel presente, un'arte che si interessa all'uomo più che alle cose, un'arte connessa coi concetti di naturalità e processo.
La rassegna si chiude con un capitolo dedicato alle correnti della Minimal Art e di Antiform, di cui sono stati protagonisti Robert Morris e Bruce Nauman.
Nei primi anni '60 l'America è percorsa da "correnti fredde", che intendono contrapporsi alla tradizione "calda" dell'Informale. Una di queste l'abbiamo già vista ed è la Pop Art. Un'altra è la Minimal Art, che attribuisce grande importanza alle forme primarie, quelle geometriche, e utilizza i materiali già lavorati della produzione industriale per garantire il minimo apporto manuale dell'autore. Le opere che ne derivano sono nella maggior parte dei casi affidate alla riproduzione seriale di elementi modulari e hanno dimensioni monumentali.
Nella seconda metà degli anni '60 Robert Morris, che è stato tra i principali artefici della Minimal Art, dà vita all'Antiform, un'espressione artistica decisamente meno fredda e mentale. A monte di questa tendenza sta, infatti, l'idea di processo. L'opera d'arte si crea da sé in base all'intervento del caso e alle proprietà fisiche dei materiali utilizzati, che sono i più disparati (feltro, gomma, tubi, cinghie ecc.). È in questo clima che matura la nascita dell'Arte Povera.
L'esposizione è curata da Gabriella Belli e Nicoletta Boschiero.