|
Quando si è avuto a che fare con la malattia, si sa che il tempo è prezioso, che non bisogna aspettare troppo. Per questo, la gallerista e collezionista milanese Claudia Gian Ferrari ha messo tutti con le spalle al muro e, prima che il FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) avesse notizia della destinazione testamentaria delle sue opere, aveva già spifferato tutto ai giornali entrando nella vita di Giulia Maria Mozzoni Crespi "coi suoi capolavori, col suo smagliante sorriso... con la chiarezza dei suoi propositi".
Il suo, comunque, era un nobile gesto e, infatti, nessuno ha avuto il coraggio di fare marcia indietro o smentirla. Anzi, sono stati tutti contenti di poter mettere le mani, in futuro, su una parte della sua collezione, quella relativa all'arte del primo '900 italiano, che Claudia ha ereditato dal padre Ettore, apportando modifiche e ampliamenti. Il resto dei suoi tesori, infatti, è destinato al MAXXI di Roma, che ospiterà le opere più legate alla contemporaneità, ma anche Duchamp, Fontana e Manzoni.
A farne le spese sono i musei milanesi, di cui la Gian Ferrari non condivide progetti, allestimenti e ritardi. La città comunque non avrà di che lamentarsi. Gli amanti dell'arte, infatti, dovranno solo recarsi da un'altra parte.
Dove? Senza dire niente a nessuno, la Gian Ferrari ha deciso anche questo e ha trovato un posto che pensa possa essere degno delle sue opere. Si tratta di una celebre villa milanese, Casa Necchi Campiglio, che il FAI sta restaurando e riarredando, cerando di essere il più fedele possibile al progetto originario dell'architetto Piero Portaluppi, che l'ha progettata negli anni '30. |
|
In attesa della sistemazione della villa e del trasferimento della collezione, che avverrà a tempo debito e sarà dedicata ai genitori di Claudia, "che le hanno insegnato ad amare l'arte e una certa qualità della vita", le 44 opere della raccolta Gian Ferrari sono esposte nelle Scuderie di Villa Panza, donata al FAI da un altro grande collezionista italiano, Giuseppe Panza di Biumo.
La mostra, che inaugura un ciclo triennale sulla storia del collezionismo del '900, in Italia e all'estero, si snoda in tre diversi ambienti offrendo una panoramica dell'arte italiana dal 1910, data dello Studio per "Il lutto" di Boccioni, al 1950, quando fu realizzato Nevicata a Rovetta di Tosi. Molte le opere degli anni '20/'40, che testimoniano l'attenzione dei Gian Ferrari per gli artisti del Novecento italiano.
Il percorso espositivo si apre con un video, che ricorda la figura di Ettore Gian Ferrari, che è stato un grande gallerista, ma anche il responsabile dell'ufficio vendite della Biennale di Venezia.
Dopo aver dato un'occhiata ad alcuni cataloghi d'epoca, si passa nella sala principale, dedicata alla maggior parte della collezione. Ci si trova di fronte a "un'antologia di pezzi di scultura, pittura e grafica di un ventennio centrale per l'arte italiana", ma quello che più stupisce è la qualità delle opere di artisti normalmente considerati minori, come Fausto Pirandello (Natura morta, 1914; Donne che si pettinano, 1937) o Gino Rossi (L'uomo dal canarino, 1913), che non sfigurano affatto vicino a quelle di personaggi come Morandi, De Chirico (Oreste ed Elettra, 1923), Campigli (Autoritratto, 1930), De Pisis ecc. Altre opere di grande interesse sono quelle di Giacomo Balla (Compenetrazione iridescente, 1912), Mario Sironi (Figura con albero, 1919; Periferia, 1925; La famiglia del pastore, 1929), Felice Casorati (Nudo disteso di schiena, 1937), Carlo Carrà (Natura morta con i libri, 1932), Alberto Savinio (Idylle marine, 1931), Achille Funi (Figura di donna, 1926), Ubaldo Oppi (Scugnizzo. Oh! la vita!, 1925), Piero Marussig (Naturisti, 1913).
Tra gli scultori, accanto ad Adolfo Wildt (Il puro folle, 1930) e Marino Marini (Pomona seduta, 1935; Nudino. Donna sdraiata, 1944), c'è anche Timo Bortolotti, il nonno di Claudia, che nel 1937, a Parigi, condivise il Gran Prix della scultura con Arturo Martini. La sua terracotta, La canzone marinara, riveste, per la Gian Ferrari, un grande valore affettivo. Ritrae infatti sua madre Alba.
Una stanza a sé è dedicata ad Arturo Martini, uno dei grandi riformatori della scultura del '900, che con Sironi, è una delle grandi passioni della gallerista milanese. Di questo artista, dalla cifra inconfondibile, sono esposte opere di piccole e grandi dimensioni, realizzate tra gli anni '20 e '30. Tra queste, figura anche L'amante morta, una scultura policroma del 1921, che mostra evidenti riferimenti all'arte etrusca e che è l'opera preferita della collezionista.
I lavori di Martini, purtroppo, saranno visibili solo per poco. In novembre, infatti, dovranno essere a Milano per essere esposti alla Fondazione Stelline, che è uno dei due spazi coinvolti nell'omaggio che la città lombarda ha deciso di dedicare a questo grande artista.
Ogni capolavoro in mostra a Villa Panza ha la sua storia, ma è anche il frutto di un innamoramento, di un fatto istintivo, di un'emozione. Il catalogo, edito da Skira, aiuta a conoscere tutti i retroscena delle opere e offre utili consigli per i collezionisti alle prime armi. A realizzarlo sono stati Claudia Gian Ferrari e Antonello Negri, che si è avvalso della collaborazione di Fiorella Mattio e Ilaria Torelli. Di grande interesse è anche l'intervista alla donatrice di Francesca Bonazzoli.
La mostra è stata curata insieme a Claudia Gian Ferrari, che ha deciso di disporre le opere rispecchiando il più possibile l'ordine che avevano nella sua casa.
Dopo aver osservato i capolavori del Novecento italiano, si può visitare la collezione d'arte contemporanea che Panza di Biumo ha iniziato a costituire a partire dagli anni '50. Ne fanno parte le opere di Dan Flavin, Robert Irwin, James Turrel, Lawrence Carroll, Martin Puryear, Ettore Spalletti, Phil Sims, David Simpson e tanti altri. Molte di loro sono state realizzate appositamente per la villa e si sposano perfettamente con l'elegante arredamento del piano terra e con l'architettura minimale del piano superiore. |