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Nella prima metà del '900, che è stato un secolo molto denso e travagliato, nessun altro paese ha vissuto cambiamenti così drastici e repentini come la Russia, che ha dovuto affrontare ben tre rivoluzioni senza per altro raggiungere la libertà. Al dominio degli zar si è sostituito, infatti, quello di capi potenti e pericolosi come Stalin.
Questa mostra, che documenta la storia di un popolo, le sue speranze e le sue delusioni, ripercorre il cammino e l'evoluzione degli artisti "russi" e "sovietici" dal 1905 al 1940, un periodo di grande slancio creativo, ma anche di crisi e svilimento delle istanze più valide e indipendenti, costrette ad assoggettarsi alla logica di partito oppure a migrare, pena la morte o la reclusione nei "gulag".
Il documento che imbavaglia gli artisti e la libertà di espressione mettendo la parola fine a ogni speranza, a ogni sogno di rivoluzione costruttiva, viene pubblicato sulle pagine della "Pravda" il 24 aprile 1932. Si tratta della risoluzione varata dal Comitato Centrale per mettere ordine nel variegato mondo delle organizzazioni artistiche e letterarie. In pratica, le abolisce.
Da questo momento in poi, tutto cambia. Stalin, capo indiscusso del partito e del paese, mette il veto su tutto ciò che non è conforme ai suoi ordini e ai suoi programmi. Sopravvive un'unica "vera arte", quella di stato, il realismo sociale sovietico.
Il sogno rivoluzionario si rivela per quello che è: nient'altro che un sogno, pura utopia. Gli artisti rispondono seguendo la propria natura e la propria sensibilità. C'è chi si piega al compromesso (Malevich), chi si suicida (Esenin, Majakovskij, Cvetaeva), chi riesce ad andarsene (Kandinsky, Goncharova). Molti ci lasciano le penne (Mendel'stam, Mejerhol'd). |
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La rassegna di Palazzo Ducale, curata con passione da Giuseppe Marcenaro e Piero Boragina, si propone come un repertorio di immagini e voci, più o meno note, e procede per accenni e scoperte cercando di far emergere le tensioni creative che hanno attraversato questo momento storico particolare. Ampio risalto viene dato al teatro, al balletto, al cinema, alla grafica e alla letteratura, che, in questi anni, dimostrano in Russia grande vitalità.
Dopo il tentativo di protesta del 1905, che ha portato a galla le tensioni interne alla società russa, il panorama artistico locale diventa il crogiolo e il campo di lotta in cui si fronteggiano movimenti e ricerche stilistiche diverse e spesso contraddittorie. Le avanguardie e gli artisti più innovativi, come Larionov, Goncharova, Tatlin, Popova, Rodchenko, Malevich, si trovano, infatti, a convivere con autori conservatori, come Kustodiev, Korovin e altri, ancora legati al passato, a una rappresentazione della realtà di stampo verista o simbolista. Un fatto che non è prerogativa della pittura, ma coinvolge anche il teatro e la letteratura dato che in Russia si assiste a una straordinaria e proficua commistione tra i generi.
La convivenza tra le avanguardie e il realismo classico continua anche negli anni che seguono la Rivoluzione d'Ottobre e la morte dei Romanov, arricchendosi della nascita di nuove scuole e nuovi gruppi, che donano all'arte un periodo di straordinaria fioritura. Ci sono ovviamente molte opere che esaltano la rivoluzione, ma sono il frutto del libero coinvolgimento degli artisti, che stanno cercando di capire cosa possono fare per la società e per il popolo. Molti di loro, infatti, in questo periodo, condividono ancora i programmi e gli ideali del governo sovietico e pensano che sia un dovere farsi interpreti del nuovo clima politico e sociale che sta trasformando il paese. Solo in seguito si renderanno conto del loro errore e capiranno che la rivoluzione non ha aperto la strada a un mondo migliore, ma a nuove forme di violenza e disuguaglianza. Allora però sarà troppo tardi e non avranno più la possibilità di farsi sentire. Dopo gli anni '20, infatti, il controllo del potere sulla cultura diventerà ogni giorno più forte.
Diventerà totale nel 1932, quando, Stalin, con un provvedimento ad hoc, metterà fine a ogni questione e, bandite tutte le avanguardie, garantirà onore e gloria ad artisti come Brodskij, Lunacarskij, Samochvalov, Vladimorov, Zdanov ecc., i maestri di un nuovo genere, il realismo sociale sovietico.
Il percorso espositivo, ricco e suggestivo, affianca le opere e gli autori per valore storico, senza curarsi della loro notorietà. Ciò che conta infatti è raccontare un sogno, un cammino, trasmettere delle emozioni. Le stesse che trapelano dalle frasi, dissidenti e incisive, dei personaggi più rappresentativi del panorama culturale russo del primo '900, Majakovskij in testa.
La mostra, che si conclude con un omaggio alle vittime delle purghe staliniane, è arricchita da fotografie, filmati, manifesti, libri e oggetti d'epoca, che aiutano a comprendere questo difficile periodo della storia russa, che, nel bene e nel male, ha dato tanto al mondo. Il catalogo è edito da Skira. |