Mostre di arte moderna e contemporanea
Faccia a Faccia. Il nuovo ritratto fotografico
4 aprile - 17 giugno 2007
Forma - Centro Internazionale di Fotografia
Piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano
Tel. 02-58118067
Orari: 11-21, gio 11-23, lunedì chiuso
Oggi che l'utilizzo di Photoshop e della chirurgia estetica ci hanno abituato a volti bellissimi e levigati e il "ritocco" è diventato ormai una consuetudine, non si può più parlare di ritratto nel senso naturale del termine. Viene infatti spontaneo chiedersi cosa c'è di vero, di reale, in quello che vediamo. Se l'immagine che abbiamo davanti abbia ancora qualcosa da spartire con la persona che si è trovata di fronte alla macchina fotografica o sia semplicemente il risultato dell'applicazione di sofisticate elaborazioni tecnologiche e digitali.
Altre inquietanti domande sorgono spontanee se si pensa ai progressi fatti dall'ingegneria genetica che, tra pochi anni, potrebbe consentire a tutti, o per lo meno ai più danarosi, di scegliere le caratteristiche dei propri figli. Qui, infatti, non si tratta più soltanto di ridurre i segni che la vita scava nei nostri volti o cambiare qualche particolare come le orecchie a sventola o un naso importante, che possono renderci insicuri. Si tratta di decidere, a priori, come sarà il viso di chi ci sta accanto. Qualcuno in cui normalmente riusciamo a rispecchiarci perché ha in sé qualcosa di noi e in futuro invece sarà molto più simile a Sharon Stone, Monica Bellucci, Angelina Jolie, George Clooney, Brad Pitt o Raul Bova che ai suoi genitori.
Il rischio sarà quello di trovarsi di fronte a un mondo di cloni, sia pure bellissimi, dove tutti si assomigliano, e di perdere quindi quelle differenze, quelle rughe, quelle imperfezioni che rendono una persona unica e ineguagliabile.
William A. Ewing e Nathalie Herschdorfer del Musée de L'Elysée di Losanna, che hanno curato per il Centro FORMA questa mostra, dopo aver analizzato i linguaggi di molti artisti e fotografi contemporanei, che stanno esplorando nuove strategie di rappresentazione, hanno finito per sancire la morte della ritrattistica convenzionale, che, un tempo, aveva lo scopo di rivelare le verità nascoste dei singoli o dare un volto al proprio tempo.
Assieme a questo genere artistico muore tutto un modo di pensare, legato al concetto di identità e destino. Oggi, infatti, il viso di una persona non è più un punto fermo, qualcosa di stabile. Assomiglia molto di più a un "campo di battaglia", a un "paesaggio da investigare".
I tempi cambiano. I costumi pure. E con essi, la gente e l'arte. I fotografi che vogliono dire qualcosa di nuovo e significativo non possono evitare di tenere conto di questa evoluzione sociale e culturale, ma sostituendo la chiarezza con l'ambiguità, il realismo con l'iperrealismo, stanno facendo vacillare la fede nell'assoluta fedeltà della fotografia. Una cosa di cui, comunque, si discute da anni.
La rassegna si apre con un'opera di Robert Walker, una foto emblematica che riassume in sé i concetti di realtà e finzione. Pone infatti sullo stesso piano le immagini di alcuni passanti, gli unici rimasti tali e quali, e quelle dei personaggi, chiaramente ritoccati, delle pubblicità.
Non sono comunque soltanto attori, attrici e modelle che, per esigenze di spettacolo, ricorrono alla chirurgia estetica o a stratagemmi meno costosi, come la rielaborazione digitale, il fotoritocco e la ricampionatura delle immagini. Anche i politici, infatti, fanno ampio ricorso a questi trucchi al fine di sembrare più amabili, energici e attraenti.
Un intento diverso, ironico e polemico al tempo stesso, sembra aver spinto Kathy Grove a fare il lifting a una delle più famose immagini di Dorothea Lange, quella "madre senza patria" del 1936, simbolo della povertà rurale, che ora, assieme alle rughe, sembra aver perso l'anima.
Un lavoro per certi versi opposto è quello di Emmanuelle Purdon, che ha rifotografato in bianco e nero le donne ritratte dai pittori del passato e ha dato loro un nome per ricompensarle di un'identità un tempo negata.
In questo grande panorama mediatico in cui domina l'apparenza e dove un volto noto rappresenta una garanzia di successo, c'è anche chi, come Daniele Buetti, ipotizza un futuro in cui "la gente alla moda", anziché farsi fare un bel tatuaggio o comprare una borsetta firmata, sarà felice di portare sul volto il segno distintivo del suo prodotto preferito.
Accanto a queste opere, che ridicolizzano un certo modo di essere e pensare, ce ne sono di più profonde, che affrontano temi scottanti come la guerra e i problemi razziali, o cercano di capire se il volto sia veramente lo specchio dell'anima. È in questi casi, che l'arte e la tecnologia danno il massimo producendo lavori concettualmente molto interessanti.
Ecco allora la Regina Elisabetta e Michael Jackson, che nelle fotografie di Tibor Kalman si scambiano il colore della pelle; il drammatico "volto collettivo" dei soldati morti in Irak, che ogni giorno acquista su Internet un nuovo tassello; il lavoro di Nancy Burson, creatrice di un nuovo leader internazionale, che rispecchia nel viso la percentuale delle testate nucleari dei paesi più potenti; i capi di stato di Jirí David, che per una volta non mostrano il solito sorriso stereotipato, ma il dolore che dovrebbero provare per le ferite del mondo; le fotografie di LawickMüller e Pierre Radisic, che cercano di dimostrare come uomini e donne che vivono assieme finiscano per avere le stesse rughe, le stesse fattezze, e quelle di Chris Dorley-Brown, che propongono il "volto unitario" di 2.000 persone, il viso medio di un intero paese.
Tra volti reali e ritoccati, ci si può trovare "faccia a faccia" anche col nulla. Nelle geniali immagini di Bill Armstrong si pensa infatti di avere di fronte qualcuno, ma è soltanto l'illusione di un volto, l'ombra di qualcosa che esiste soltanto nell'immaginazione.