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Newsletter del 22 giugno 2006
Newsletter del 22 giugno 2006
sommario
- Introduzione
- La mostra: "ARP - Jean & Sophie Taeuber", a Venezia
- La romanzesca vicenda del capolavoro di Klimt
- La mostra: "Giulio Paolini", a Bergamo
- Il museo: la GAMEC di Bergamo
- Pianta di Bergamo
- La mostra: "Turner, Monet, Pollock", a Ravenna
- L'artista: Karel Appel
- La mostra: "René Magritte", a Como
- Poster di opere di René Magritte
- Notizie in breve
Fino a tempi recenti le donne non hanno avuto vita facile ad imporsi nel campo dell'arte. E il fatto è tanto più imbarazzante, se si considera che proprio il mondo dell'arte, dovrebbe essere uno degli ambiti più aperti.
Guardando all'arte del primo '900, emergono due dati oggettivi.
1) Quasi tutte le artiste donne che hanno raggiunto la notorietà hanno avuto artisti per consorti. Alcuni esempi: Natalia Gontcharova e Michail Larionov, Liubov Popova e Alexander Rodtschenko, Anni e Josef Albers, Sophie Taeuber e Jean Arp, Sonja e Robert Delaunay, Hannah Höch e Raoul Hausmann. Poche le eccezioni: Käthe Kollwitz, Meret Oppenheim (che peraltro ha posato come modella per Man Ray...)
2) Per lungo tempo le quotazioni di mercato delle donne artiste sono risultate più basse di quelle dei rispettivi mariti colleghi. Salvo, poi, invertirsi, come è successo alla coppia Popova-Rodtschenko.
Vita difficile fino a tempi recenti, si è detto.
In effetti, oggi le cose sembrano cambiate. Dagli anni '80 in poi, le artiste donne hanno scalato le classifiche mondiali. E oggi non sono tanti gli artisti uomini che possono vantare il riconoscimento di personaggi, come Cindy Sherman, Jenny Holzer, Katharina Fritsch, Pipilotti Rist, Rachel Whiteread, Shirin Neshat, Vanessa Beecroft.
Inoltre, nel caso delle coppie di artisti, il giudizio sui rispettivi lavori appare del tutto svincolato dai rispettivi sessi.
C'è da chiedersi, allora, come sarebbero andate le cose se un'artista brava, come Sophie Taeuber, invece di vivere nella prima metà del '900, fosse vissuta ai giorni nostri. Per chi non la conoscesse, non c'è che vedere per credere. E tutto questo con buonapace di suo marito, il grande Jean Arp.
Guardando all'arte del primo '900, emergono due dati oggettivi.
1) Quasi tutte le artiste donne che hanno raggiunto la notorietà hanno avuto artisti per consorti. Alcuni esempi: Natalia Gontcharova e Michail Larionov, Liubov Popova e Alexander Rodtschenko, Anni e Josef Albers, Sophie Taeuber e Jean Arp, Sonja e Robert Delaunay, Hannah Höch e Raoul Hausmann. Poche le eccezioni: Käthe Kollwitz, Meret Oppenheim (che peraltro ha posato come modella per Man Ray...)
2) Per lungo tempo le quotazioni di mercato delle donne artiste sono risultate più basse di quelle dei rispettivi mariti colleghi. Salvo, poi, invertirsi, come è successo alla coppia Popova-Rodtschenko.
Vita difficile fino a tempi recenti, si è detto.
In effetti, oggi le cose sembrano cambiate. Dagli anni '80 in poi, le artiste donne hanno scalato le classifiche mondiali. E oggi non sono tanti gli artisti uomini che possono vantare il riconoscimento di personaggi, come Cindy Sherman, Jenny Holzer, Katharina Fritsch, Pipilotti Rist, Rachel Whiteread, Shirin Neshat, Vanessa Beecroft.
Inoltre, nel caso delle coppie di artisti, il giudizio sui rispettivi lavori appare del tutto svincolato dai rispettivi sessi.
C'è da chiedersi, allora, come sarebbero andate le cose se un'artista brava, come Sophie Taeuber, invece di vivere nella prima metà del '900, fosse vissuta ai giorni nostri. Per chi non la conoscesse, non c'è che vedere per credere. E tutto questo con buonapace di suo marito, il grande Jean Arp.
Alcuni sostengono che quando un'artista donna e un artista uomo instaurano un legame affettivo, i rispettivi lavori tendono poco alla volta ad assomigliarsi.
In qualche caso è vero. La vicinanza e il rapporto di stima reciproca possono favorire influenze reciproche o unilaterali. Cosa che, del resto, avviene anche tra semplici colleghi che lavorano a contatto di gomito. Il caso delle tele cubiste di Braque e Picasso docet...
Questo, invece, non è accaduto a una delle coppie più importanti dell'arte del primo '900: Jean Arp e Sophie Taeuber.
Nel 1915 i due si incontrano in Svizzera, al tempo delle prime serate dadaiste. Convolano a nozze nel 1921, non rinunciando a separarsi di tanto in tanto, per seguire i rispettivi incarichi. Uno di questi li vede collaborare assieme: la decorazione del Café Aubette di Strasburgo, sotto la direzione di Theo van Doesburg.
Arp è scomparso nel 1966, Sophie 23 anni prima di lui.
Che tipo di opere facevano in quei 20 anni di vita in comune?
Entrambi realizzavano rilievi in legno colorato. Ma, tecnica a parte, non potevano essere più diversi per impostazione concettuale. Geometrici, ritmici e modulari, quelli di Sophie si collocavano nel solco dell'astrattismo di Mondrian e van Doesburg. Organici e casuali, quelli di Jean erano decisamente di stampo surrealista.
Per vedere queste opere e le sculture di Jean dopo la morte di Sophie, si può approfittare di una splendida mostra al Museo Correr di Venezia. Un modo per scoprire due visioni dell'arte.
Su Artdreamguide puoi trovare la presentazione della mostra.
In qualche caso è vero. La vicinanza e il rapporto di stima reciproca possono favorire influenze reciproche o unilaterali. Cosa che, del resto, avviene anche tra semplici colleghi che lavorano a contatto di gomito. Il caso delle tele cubiste di Braque e Picasso docet...
Questo, invece, non è accaduto a una delle coppie più importanti dell'arte del primo '900: Jean Arp e Sophie Taeuber.
Nel 1915 i due si incontrano in Svizzera, al tempo delle prime serate dadaiste. Convolano a nozze nel 1921, non rinunciando a separarsi di tanto in tanto, per seguire i rispettivi incarichi. Uno di questi li vede collaborare assieme: la decorazione del Café Aubette di Strasburgo, sotto la direzione di Theo van Doesburg.
Arp è scomparso nel 1966, Sophie 23 anni prima di lui.
Che tipo di opere facevano in quei 20 anni di vita in comune?
Entrambi realizzavano rilievi in legno colorato. Ma, tecnica a parte, non potevano essere più diversi per impostazione concettuale. Geometrici, ritmici e modulari, quelli di Sophie si collocavano nel solco dell'astrattismo di Mondrian e van Doesburg. Organici e casuali, quelli di Jean erano decisamente di stampo surrealista.
Per vedere queste opere e le sculture di Jean dopo la morte di Sophie, si può approfittare di una splendida mostra al Museo Correr di Venezia. Un modo per scoprire due visioni dell'arte.
Su Artdreamguide puoi trovare la presentazione della mostra.
Il 5 maggio del 2004 Pablo Picasso strappò a van Gogh il primato di artista più caro al mondo. Con 93 milioni di dollari Garçon à la pipe, capolavoro del "periodo rosa", riuscì a battere il famoso Ritratto del Dottor Gachet del grande Vincent.
Il nuovo record, fissato in occasione di un'asta newyorchese di Sotheby's, è durato poco. È di questi giorni, infatti, la notizia che un'opera di Gustav Klimt ha strabattuto Picasso.
L'avvenimento ha avuto grande risalto sui media per tre ragioni: la qualità dell'opera, la cifra pagata, la tormentata vicenda che ha preceduto la vendita.
L'opera in questione è il celebre Ritratto di Adele Bloch-Bauer I. Si tratta di uno dei grandi capolavori del cosiddetto periodo "d'oro" di Klimt.
È stata venduta a trattativa privata dalla proprietaria, Maria Altmann, al noto magnate dei cosmetici Ronald S. Lauder. Il prezzo pagato non è stato comunicato. Ma secondo indiscrezioni attendibili si aggirerebbe intorno ai 135 milioni di dollari.
All'epoca del nazismo, era stata confiscata ai legittimi proprietari. Per tutto il dopoguerra è stata esposta alla Österreichische Galerie di Vienna. La vendita ha fatto seguito alla restituzione dell'opera da parte del governo austriaco agli eredi dei possessori originali.
Su Artdreamguide puoi trovare tutti i dettagli sulla vicenda.
Il nuovo record, fissato in occasione di un'asta newyorchese di Sotheby's, è durato poco. È di questi giorni, infatti, la notizia che un'opera di Gustav Klimt ha strabattuto Picasso.
L'avvenimento ha avuto grande risalto sui media per tre ragioni: la qualità dell'opera, la cifra pagata, la tormentata vicenda che ha preceduto la vendita.
L'opera in questione è il celebre Ritratto di Adele Bloch-Bauer I. Si tratta di uno dei grandi capolavori del cosiddetto periodo "d'oro" di Klimt.
È stata venduta a trattativa privata dalla proprietaria, Maria Altmann, al noto magnate dei cosmetici Ronald S. Lauder. Il prezzo pagato non è stato comunicato. Ma secondo indiscrezioni attendibili si aggirerebbe intorno ai 135 milioni di dollari.
All'epoca del nazismo, era stata confiscata ai legittimi proprietari. Per tutto il dopoguerra è stata esposta alla Österreichische Galerie di Vienna. La vendita ha fatto seguito alla restituzione dell'opera da parte del governo austriaco agli eredi dei possessori originali.
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Sin dal suo nascere l'Arte Povera ha manifestato la coesistenza al suo interno di due anime.
Da una parte, quella più "materiale", in cui l'interesse è incentrato, appunto, sui materiali che costituiscono l'opera d'arte. Materiali poveri e comuni: ferro, legno, spago, pietra, vetro, carta.
Dall'altra, quella più "concettuale", in cui l'interesse è rivolto all'idea che sta alla base dell'opera. Uno dei suoi interpreti principali è Giulio Paolini.
Nel 1970, la Galleria Notizie di Torino ospitò una delle prime mostre personali importanti di Paolini. In quell'occasione l'artista espresse questo pensiero: "... Non posso affermare che la mostra è dedicata al vero (al visibile)... Unica storia di queste opere è l'assoluta dedizione al fenomeno, antico, del vedere".
Il fenomeno del "vedere", e di conseguenza il "fare arte", sono stati il filo conduttore di tutta l'attività artistica di Paolini. Un percorso iniziato nel 1961, con opere in cui una tela bianca appare fissata a un telaio più grande, e proseguito nel 1967, con il Giovane che guarda Lorenzo Lotto: una banale riproduzione fotografica di un ritratto di Lorenzo Lotto, dove il "giovane" siamo noi che la guardiamo. Il discorso si è articolato negli anni '70 e '80 con installazioni sempre più complesse. Installazioni che trattano il rapporto tra autore, opera e spettatore, il rapporto con l'antico, il tema del doppio e della copia.
Dopo 40 anni, a quale conclusione è giunto il lavoro di Paolini?
Forse al fatto che l'opera d'arte non è mai del tutto conclusa e che per la sua esistenza sono essenziali 3 elementi: l'artista, il modello e l'osservatore. Ognuno di essi ha un compito diverso. Ognuno di essi dona all'opera qualcosa di sé...
Per apprezzare in tutta la sua ricchezza il lavoro di Giulio Paolini è aperta in questi giorni una bella mostra alla GAMEC e in varie sedi di Bergamo.
Su Artdreamguide puoi trovare la descrizione della mostra.
Da una parte, quella più "materiale", in cui l'interesse è incentrato, appunto, sui materiali che costituiscono l'opera d'arte. Materiali poveri e comuni: ferro, legno, spago, pietra, vetro, carta.
Dall'altra, quella più "concettuale", in cui l'interesse è rivolto all'idea che sta alla base dell'opera. Uno dei suoi interpreti principali è Giulio Paolini.
Nel 1970, la Galleria Notizie di Torino ospitò una delle prime mostre personali importanti di Paolini. In quell'occasione l'artista espresse questo pensiero: "... Non posso affermare che la mostra è dedicata al vero (al visibile)... Unica storia di queste opere è l'assoluta dedizione al fenomeno, antico, del vedere".
Il fenomeno del "vedere", e di conseguenza il "fare arte", sono stati il filo conduttore di tutta l'attività artistica di Paolini. Un percorso iniziato nel 1961, con opere in cui una tela bianca appare fissata a un telaio più grande, e proseguito nel 1967, con il Giovane che guarda Lorenzo Lotto: una banale riproduzione fotografica di un ritratto di Lorenzo Lotto, dove il "giovane" siamo noi che la guardiamo. Il discorso si è articolato negli anni '70 e '80 con installazioni sempre più complesse. Installazioni che trattano il rapporto tra autore, opera e spettatore, il rapporto con l'antico, il tema del doppio e della copia.
Dopo 40 anni, a quale conclusione è giunto il lavoro di Paolini?
Forse al fatto che l'opera d'arte non è mai del tutto conclusa e che per la sua esistenza sono essenziali 3 elementi: l'artista, il modello e l'osservatore. Ognuno di essi ha un compito diverso. Ognuno di essi dona all'opera qualcosa di sé...
Per apprezzare in tutta la sua ricchezza il lavoro di Giulio Paolini è aperta in questi giorni una bella mostra alla GAMEC e in varie sedi di Bergamo.
Su Artdreamguide puoi trovare la descrizione della mostra.
Il conte Giacomo Carrara ha fatto tanto per l'arte e la cultura.
Alla fine del '700 coltivò il sogno di creare a Bergamo un'accademia d'arte moderna. Un'accademia dove gli allievi potessero disegnare dal vero, impratichirsi nelle varie tecniche e studiare opere d'arte originali dal vivo. Quando la sua accademia divenne realtà, vi pose accanto anche una pinacoteca.
Con l'andar del tempo la pinacoteca si sviluppò. Pervennero donazioni e lasciti da parte di facoltosi collezionisti bergamaschi. Arrivarono quadri di Pisanello, Bellini, Mantegna, Raffaello, Moroni e di tanti grandi pittori di area bergamasca e veneta. Oggi la Pinacoteca d'Arte Antica è senza dubbio una delle più belle d'Italia.
Poco meno di venti anni fa, il Comune di Bergamo avvertì l'esigenza di dare continuità al progetto del conte Carrara. Si cominciò allora a parlare di una Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea.
Nel 1991 la GAMEC ha iniziato la sua attività nella sede definitiva, proprio dirimpetto alla Pinacoteca di Arte Antica.
È di questi giorni l'apertura al pubblico del nuovo allestimento della collezione permanente. In questo modo le opere di arte contemporanea sono visibili accanto a quelle dei grandi maestri del primo '900.
Su Artdreamguide puoi trovare un profilo della GAMEC di Bergamo.
Alla fine del '700 coltivò il sogno di creare a Bergamo un'accademia d'arte moderna. Un'accademia dove gli allievi potessero disegnare dal vero, impratichirsi nelle varie tecniche e studiare opere d'arte originali dal vivo. Quando la sua accademia divenne realtà, vi pose accanto anche una pinacoteca.
Con l'andar del tempo la pinacoteca si sviluppò. Pervennero donazioni e lasciti da parte di facoltosi collezionisti bergamaschi. Arrivarono quadri di Pisanello, Bellini, Mantegna, Raffaello, Moroni e di tanti grandi pittori di area bergamasca e veneta. Oggi la Pinacoteca d'Arte Antica è senza dubbio una delle più belle d'Italia.
Poco meno di venti anni fa, il Comune di Bergamo avvertì l'esigenza di dare continuità al progetto del conte Carrara. Si cominciò allora a parlare di una Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea.
Nel 1991 la GAMEC ha iniziato la sua attività nella sede definitiva, proprio dirimpetto alla Pinacoteca di Arte Antica.
È di questi giorni l'apertura al pubblico del nuovo allestimento della collezione permanente. In questo modo le opere di arte contemporanea sono visibili accanto a quelle dei grandi maestri del primo '900.
Su Artdreamguide puoi trovare un profilo della GAMEC di Bergamo.
Ai giorni nostri soltanto un pazzo costruirebbe una città in cima a un colle. Un tempo, invece, nessuno la avrebbe messa in una valle.
Bergamo, nella sua eccentricità, incarna in modo perfetto queste due consuetudini. In alto, sui colli, la Città Alta rappresenta il retaggio delle origini antiche e di un passato illustre. In pianura, la Città Bassa evoca il fervore di vita e attività dell'oggi.
Chiunque arrivi a Bergamo deve per forza attraversare la Città Bassa. Se, poi, desidera raggiungere la Città Alta, è meglio che lasci la macchina in basso e ci vada a piedi o in funicolare. Infatti, su in alto non si circola. È tutto (più o meno) per i residenti e i turisti.
In pratica, preservando la Città Alta sul colle, cinta da antiche mura, è come se Bergamo avesse congelato la sua storia, per offrirla a chi vuole conoscerla e apprezzarla.
Domanda: dove si trovano i musei?
Risposta: un po' a Nord-Est, nel punto di contatto tra le due "Città". Un modo per unire la cultura del passato, simboleggiata dalla Pinacoteca d'Arte Antica, con la cultura del presente, impersonata dalla GAMEC.
Per individuare la GAMEC e i principali musei di Bergamo, consulta le piante di Bergamo su Artdreamguide.
Bergamo, nella sua eccentricità, incarna in modo perfetto queste due consuetudini. In alto, sui colli, la Città Alta rappresenta il retaggio delle origini antiche e di un passato illustre. In pianura, la Città Bassa evoca il fervore di vita e attività dell'oggi.
Chiunque arrivi a Bergamo deve per forza attraversare la Città Bassa. Se, poi, desidera raggiungere la Città Alta, è meglio che lasci la macchina in basso e ci vada a piedi o in funicolare. Infatti, su in alto non si circola. È tutto (più o meno) per i residenti e i turisti.
In pratica, preservando la Città Alta sul colle, cinta da antiche mura, è come se Bergamo avesse congelato la sua storia, per offrirla a chi vuole conoscerla e apprezzarla.
Domanda: dove si trovano i musei?
Risposta: un po' a Nord-Est, nel punto di contatto tra le due "Città". Un modo per unire la cultura del passato, simboleggiata dalla Pinacoteca d'Arte Antica, con la cultura del presente, impersonata dalla GAMEC.
Per individuare la GAMEC e i principali musei di Bergamo, consulta le piante di Bergamo su Artdreamguide.
Corre l'anno 1870. La storia racconta che l'imperversare della guerra franco-prussiana induce Claude Monet a trasferirsi a Londra.
Qui ha modo di vedere da vicino le tele del grande William Turner. Scopre i suoi paesaggi, le vedute di Venezia. Ma ad attrarlo sono soprattutto le ultime marine, con i loro vascelli avvolti da turbini vorticosi di tinte pallide. Rimane affascinato da quelle forme immateriali, che sembrano stemperarsi nell'infinito.
Tornato in patria l'anno dopo, Monet mette a frutto la lezione. Ne sono una riprova le atmosfere brumose di certe tele, come la celeberrima Impression. Soleil levant. Ma il legame tra il lavoro di Monet e quello di Turner si afferma soprattutto nelle ultime opere di Monet a Giverny. È in esse che si ritrova quel principio di dissolvimento che rende così rivoluzionarie le tele di entrambi.
Il dissolvimento della forma che è espressione di intima fusione del sentire umano con il grande mistero del mondo. È questo il filo rosso che unisce i due artisti alle correnti informali del dopoguerra.
Tra coloro che meglio di tutti lo hanno descritto spicca Francesco Arcangeli. Sua l'intuizione di quella linea romantica dell'arte contemporanea che, passando per Monet, collega Turner a Jackson Pollock e i suoi contemporanei.
A documentarla è una bella mostra al MAR di Ravenna.
Su Artdreamguide puoi trovare i dettagli sulla mostra e su Francesco Arcangeli.
Qui ha modo di vedere da vicino le tele del grande William Turner. Scopre i suoi paesaggi, le vedute di Venezia. Ma ad attrarlo sono soprattutto le ultime marine, con i loro vascelli avvolti da turbini vorticosi di tinte pallide. Rimane affascinato da quelle forme immateriali, che sembrano stemperarsi nell'infinito.
Tornato in patria l'anno dopo, Monet mette a frutto la lezione. Ne sono una riprova le atmosfere brumose di certe tele, come la celeberrima Impression. Soleil levant. Ma il legame tra il lavoro di Monet e quello di Turner si afferma soprattutto nelle ultime opere di Monet a Giverny. È in esse che si ritrova quel principio di dissolvimento che rende così rivoluzionarie le tele di entrambi.
Il dissolvimento della forma che è espressione di intima fusione del sentire umano con il grande mistero del mondo. È questo il filo rosso che unisce i due artisti alle correnti informali del dopoguerra.
Tra coloro che meglio di tutti lo hanno descritto spicca Francesco Arcangeli. Sua l'intuizione di quella linea romantica dell'arte contemporanea che, passando per Monet, collega Turner a Jackson Pollock e i suoi contemporanei.
A documentarla è una bella mostra al MAR di Ravenna.
Su Artdreamguide puoi trovare i dettagli sulla mostra e su Francesco Arcangeli.
Oggi la Cina è di moda. Non così nel 1988. Fu proprio allora che Karel Appel se la girò in lungo e in largo.
Appel era un curioso, un vagabondo. Viaggiava di continuo per passione e per seguire gli innumerevoli lavori che gli venivano commissionati in tutto il mondo: Olanda, Francia, Svizzera, USA, Brasile, Giappone, Toscana.
Appel è stato uno dei più importanti artisti europei del dopoguerra.
Alla fine degli anni '40, insieme ad altri colleghi belgi, danesi e olandesi, fu tra i fondatori del gruppo CoBrA. In nome di un ideale di genuinità e spontaneità lanciarono la loro sfida contro il rigore dell'astrattismo e del razionalismo. Una sfida che si tradusse in una pittura gestuale, basata su pennellate spesse e squillanti.
A ricordare gli anni eroici della lunga carriera di Appel stanno le tele di quel tempo. Tele sgargianti di colore, su cui campeggiano figure rozze e grottesche. Strani personaggi che sembrano ringhiare, urlare, sghignazzare, sberleffare.
Dopo tanto lavoro e tante esperienze, Karel Appel ci ha lasciati il 3 maggio scorso, a Zurigo.
Su Artdreamguide puoi trovare un profilo di Karel Appel, con la vita e l'attività artistica.
Appel era un curioso, un vagabondo. Viaggiava di continuo per passione e per seguire gli innumerevoli lavori che gli venivano commissionati in tutto il mondo: Olanda, Francia, Svizzera, USA, Brasile, Giappone, Toscana.
Appel è stato uno dei più importanti artisti europei del dopoguerra.
Alla fine degli anni '40, insieme ad altri colleghi belgi, danesi e olandesi, fu tra i fondatori del gruppo CoBrA. In nome di un ideale di genuinità e spontaneità lanciarono la loro sfida contro il rigore dell'astrattismo e del razionalismo. Una sfida che si tradusse in una pittura gestuale, basata su pennellate spesse e squillanti.
A ricordare gli anni eroici della lunga carriera di Appel stanno le tele di quel tempo. Tele sgargianti di colore, su cui campeggiano figure rozze e grottesche. Strani personaggi che sembrano ringhiare, urlare, sghignazzare, sberleffare.
Dopo tanto lavoro e tante esperienze, Karel Appel ci ha lasciati il 3 maggio scorso, a Zurigo.
Su Artdreamguide puoi trovare un profilo di Karel Appel, con la vita e l'attività artistica.
René Magritte ha dipinto cose all'apparenza semplici e familiari.
Non ha tracciato astrusi quadretti o sbarrette, come gli astrattisti. Non ha raffigurato rozze costruzioni di tesserine e scaglie colorate, come i cubisti. Non ha dipinto immagini spigolose di donne di strada, bagnanti, o vasi di fiori, come gli espressionisti.
Chi si trova al cospetto di una sua opera, nota il disegno nitido e le forme ben definite. Sulle prime, la trova così chiara che, quasi quasi, gli verrebbe da trovarla appagante. Senonché, ben presto si rende conto della presenza di qualcosa di strano.
Per Magritte la realtà non è quella che si presenta ai nostri occhi. La sua apparenza nasconde altre verità, altri significati.
Cercare di raffigurare la stranezza delle cose, sondarne il mistero e i significati più reconditi. Questo è il senso principale delle sue opere.
Il metodo di Magritte consiste nel creare accostamenti inediti, distorcere la normalità. Le relazioni impossibili che stabilisce stravolgono il senso comune delle cose e stimolano a pensare a ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è possibile e ciò che è impossibile.
Nell'Impero della luce, uno dei suoi quadri più celebri, tutto appare normale. Solo a uno sguardo attento ci si accorge che il cielo è chiaro, mentre i lampioni sono accesi, come di notte. Assurdo, forse. Ma è molto diverso da quello che noi chiamiamo normalità? È molto più assurdo della gente che, per rigenerarsi nel weekend, rimane per ore in coda sull'autostrada?
Una grande mostra a Como consente di mettere a confronto l'assurdità delle opere di Magritte e l'assurdità della nostra vita quotidiana.
Artdreamguide ti parla della mostra e di Magritte.
Non ha tracciato astrusi quadretti o sbarrette, come gli astrattisti. Non ha raffigurato rozze costruzioni di tesserine e scaglie colorate, come i cubisti. Non ha dipinto immagini spigolose di donne di strada, bagnanti, o vasi di fiori, come gli espressionisti.
Chi si trova al cospetto di una sua opera, nota il disegno nitido e le forme ben definite. Sulle prime, la trova così chiara che, quasi quasi, gli verrebbe da trovarla appagante. Senonché, ben presto si rende conto della presenza di qualcosa di strano.
Per Magritte la realtà non è quella che si presenta ai nostri occhi. La sua apparenza nasconde altre verità, altri significati.
Cercare di raffigurare la stranezza delle cose, sondarne il mistero e i significati più reconditi. Questo è il senso principale delle sue opere.
Il metodo di Magritte consiste nel creare accostamenti inediti, distorcere la normalità. Le relazioni impossibili che stabilisce stravolgono il senso comune delle cose e stimolano a pensare a ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è possibile e ciò che è impossibile.
Nell'Impero della luce, uno dei suoi quadri più celebri, tutto appare normale. Solo a uno sguardo attento ci si accorge che il cielo è chiaro, mentre i lampioni sono accesi, come di notte. Assurdo, forse. Ma è molto diverso da quello che noi chiamiamo normalità? È molto più assurdo della gente che, per rigenerarsi nel weekend, rimane per ore in coda sull'autostrada?
Una grande mostra a Como consente di mettere a confronto l'assurdità delle opere di Magritte e l'assurdità della nostra vita quotidiana.
Artdreamguide ti parla della mostra e di Magritte.
Un uomo con la bombetta e una mela davanti al volto. Un paesaggio con 3 sonagli giganteschi sospesi in cielo. Uno scorcio di città con una moltitudine di uomini in bombetta sospesi per aria. Una casa al buio sullo sfondo di un cielo luminoso. Un paio di scarpe a forma di piede. Un grande occhio, con il cielo al posto dell'iride. L'interno di una stanza con una locomotiva che esce dal camino. Una colomba con i colori del cielo sereno, sullo sfondo di un cielo cupo.
Sono alcune delle originali combinazioni che compaiono sulle tele di René Magritte.
A renderle ancora più originali e sconcertanti è poi la fredda precisione accademica della sua pittura.
Questa inedita miscela è ciò che rende le opere di Magritte così interessanti. E siccome pochi possono permettersele, ecco la ragione per cui le riproduzioni e i poster di queste opere sono tanto richiesti e tanto presenti nelle case della gente.
Il sito di Barewalls.com offre un'ampia scelta di poster di Magritte.
Per acquistare poster e riproduzioni di opere di René Magritte, visita il sito di Barewalls.com.
Sono alcune delle originali combinazioni che compaiono sulle tele di René Magritte.
A renderle ancora più originali e sconcertanti è poi la fredda precisione accademica della sua pittura.
Questa inedita miscela è ciò che rende le opere di Magritte così interessanti. E siccome pochi possono permettersele, ecco la ragione per cui le riproduzioni e i poster di queste opere sono tanto richiesti e tanto presenti nelle case della gente.
Il sito di Barewalls.com offre un'ampia scelta di poster di Magritte.
Per acquistare poster e riproduzioni di opere di René Magritte, visita il sito di Barewalls.com.
- Il 29 maggio scorso, a Rabat (Marocco), è stato inaugurato il Museo Hassan. Il museo è ospitato a Villa Andalucia (14, Avenue Mohamed Lyazidi), un edificio di gusto ispano-moresco. I suoi obiettivi sono la presentazione di artisti di livello internazionale, la promozione degli artisti locali e la collaborazione con le maggiori istituzioni del settore. Il museo è diretto da Paolo De Grandis e coordinato da Fathiya Tahiri. La mostra inaugurale è dedicata a Fabrizio Plessi
- Il Ministro per i Beni e le Attività culturali Francesco Rutelli ha autorizzato la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di un regolamento che consente l'ingresso gratuito nei musei statali ai portatori di handicap. Il beneficio si estende anche agli accompagnatori. Ricadono in questa categoria: familiari, operatori dei servizi socio-assistenziali, appartenenti alle associazioni del volontariato. Per musei statali si intendono: monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali dello Stato.
- Ha ripreso la sua attività "Janus", la rivista ideata dall'artista belga Jan Fabre. Direttore è Nicola Setari. La rivista, bilingue (lingua d'origine dei vv autori e inglese), avrà uscita semestrale. Ogni numero si occuperà di un tema d'attualità e della vita culturale di una città europea. Inoltre, conterrà gli interventi di cinque curatori internazionali, che presenteranno artisti con cui hanno lavorato o di cui si stanno occupando.
- Il Ministro per i Beni e le Attività culturali Francesco Rutelli ha autorizzato la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di un regolamento che consente l'ingresso gratuito nei musei statali ai portatori di handicap. Il beneficio si estende anche agli accompagnatori. Ricadono in questa categoria: familiari, operatori dei servizi socio-assistenziali, appartenenti alle associazioni del volontariato. Per musei statali si intendono: monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali dello Stato.
- Ha ripreso la sua attività "Janus", la rivista ideata dall'artista belga Jan Fabre. Direttore è Nicola Setari. La rivista, bilingue (lingua d'origine dei vv autori e inglese), avrà uscita semestrale. Ogni numero si occuperà di un tema d'attualità e della vita culturale di una città europea. Inoltre, conterrà gli interventi di cinque curatori internazionali, che presenteranno artisti con cui hanno lavorato o di cui si stanno occupando.
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