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Newsletter del 20 dicembre 2006
sommario
Tra tutti i poster che riproducono opere d'arte ce n'è uno che si vede in giro con una certa frequenza. Raffigura una composizione di 12 quadrati, con all'interno di ognuno di essi una serie di cerchi concentrici colorati. Tra i vari colori spiccano in particolare le tonalità di rosso, arancione e giallo.
A dispetto della sua diffusione, non sono in molti a conoscere l'originale da cui deriva. Spesso non lo sanno nemmeno coloro che il poster l'hanno appeso alla parete di casa propria.
L'opera vera s'intitola Farbstudie (Studi di colore). È un acquerello di Wassily Kandinsky, che si trova al Lenbachhaus di Monaco. Risale al 1913, quando Kandinsky, nel ritiro di Murnau, compiva grandi esperimenti. Studiava, ad esempio, la capacità dei colori di interagire tra loro e di esprimere ciò che l'artista chiamava il "suono interiore". Questi studi sarebbero sfociati, in seguito, in uno dei suoi quadri più grandi e complessi: Composizione VII.
È sorprendente la sproporzione tra l'originale e le riproduzioni. L'acquerello misura, infatti, circa 20x30 cm., mentre le riproduzioni sono generalmente molto più grandi. E lo stesso vale, anche se al contrario, per Composizione VII, che nell'originale misura circa 2x3 metri, mentre le riproduzioni al massimo 100x70cm.
Partendo da questa considerazione, taluni ritengono insensato appendere alla parete qualcosa che non permette l'esperienza fedele, veritiera dell'opera d'arte.
Ma, di veritiero cosa c'è? Solo gli originali, che nel caso dei grandi maestri costano carissimi!
E poi, cosa c'entra questo con il bisogno di appagare l'occhio ogni giorno con un'immagine che ci piace? E ciò a prescindere dal fatto che sia un'opera originale o un poster?
C'entra forse il fatto che, a volte, la riproduzione sembra più bella dell'originale?
No. Non è uno scherzo! Vuoi per i problemi di conservazione delle opere vere, vuoi per una migliore saturazione dei colori nelle riproduzioni, capita di trovarsi in un museo davanti all'opera originale, e di rimanerne un po' delusi.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti.
Le grandi rivoluzioni nell'arte non sono mai nate in una notte. Sono il frutto di travaglio, esperimenti, complesse gestazioni.
Uno dei casi più emblematici è l'approdo di Wassily Kandinsky all'astrazione.
La vicenda si è svolta tra il 1910 e il 1921, in due diversi scenari: Germania e Russia. Ma il momento cruciale fu il soggiorno di Kandinsky a Monaco e dintorni, tra il 1910 e il 1914.
Chi era e cosa faceva, Kandinsky, all'epoca?
Era un artista non più giovane, rigoroso, di spirito romantico, attratto dall'occultismo e dalla teosofia. Praticava una pittura naturalista di stampo espressionista, dai colori aspri e visionari. Raffigurava scorci di Murnau, vedute di monti, allegorie di cavalieri al galoppo.
Nel suo animo affioravano due sentimenti diversi, ma coincidenti. Un crescente disinteresse per le forme oggettive. Una fissazione per il "suono interiore", lo "Spirituale".
La prospettiva di eliminare le forme oggettive dal quadro poneva, però, un interrogativo. Rimpiazzarle con cosa? Come evitare di cadere nell'ornamento?
Tra il 1910 e il 1911, quadro dopo quadro, Kandinsky sperimenta la sua ipotesi di dissoluzione formale. Deforma i profili dei monti. Frammenta la composizione. Svuota i contorni. Trasforma le zone di colore in macchie, strisce, archi colorati. I cavalieri e i villaggi, travolti, si impennano disegnando traiettorie, zig zag, intrecci misteriosi.
Il primo stadio di questo processo venne raggiunto nel 1913. Ma la trasformazione si sarebbe completata negli 8 anni successivi, quelli che precedono il ritorno di Kandinsky in Germania.
Questa vicenda fondamentale per la storia dell'arte moderna è il soggetto di una grande mostra al Kunstmuseum di Basilea.

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Il primo ventennio del '900 è stato in Europa uno dei periodi più affascinanti per le arti visive. È stato paragonato a un gigantesco laboratorio. Quanti gli esperimenti! Quante le nuove strade battute. E tutto in nome di una stessa aspirazione: dare vita a un nuovo concetto di "realtà".
Uno dei grandi pionieri del '900 è stato Wassily Kandinsky. Tutti lo reputano uno dei padri dell'astrattismo. Molti lo ricordano per le quotazioni stratosferiche delle opere. Qualcuno ne riconosce il rigore teorico e il grande impegno sul piano didattico. In pochi sanno, invece, che approda alla pittura piuttosto tardi.
Kandinsky muove i primi passi nell'ambito del simbolismo e dell'espressionismo. Come altri colleghi, non è interessato a rappresentare la realtà in senso naturalistico. Il suo "mantra" è un altro: dare voce al suono interiore, quello che lui chiama "spirituale". È con quest'idea nella mente che Kandinsky intraprende la sua personale rivoluzione nell'arte.
Rompe i contorni delle figure. Impenna le linee. Dilata le macchie di colore. Attiva i contrasti cromatici.
Le forme escono stravolte. I paesaggi alpini, le catene montuose, le galoppate di cavalieri perdono ogni riferimento oggettivo. Diventano astratti, si trasformano in paesaggi interiori. Immagini che sprigionano energia e vitalità.
Il percorso di Kandinsky comunque non si arresta a questo punto. Terreno successivo d'indagine è il rapporto tra elementi formali, come il punto, la linea, la superficie, il colore, e la loro capacità di suscitare particolari emozioni. Una ricerca che impegna Kandinsky per 10 anni, e a noi può richiedere una vita intera per capirla veramente.

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Nel film Sei gradi di separazione Donald Sutherland impersona un facoltoso mercante d'arte che deve cercare di vendere un prezioso quadro di Kandinsky, dipinto sui due lati.
Nulla di più improbabile! Wassily Kandinsky era un artista molto rigoroso e meticoloso. Prima di eseguire un'opera importante, eseguiva innumerevoli studi preparatori su carta. E anche su tela... Non avrebbe mai dipinto composizioni importanti sul retro di una tela già dipinta.
Del resto, Kandinsky non è stato un artista molto produttivo. Gran parte dei primi quadri sono rimasti nelle mani di Gabriele Münter, sua compagna negli anni di Monaco. Altri, del periodo di mezzo (1910-20), sono finiti nelle collezioni statali russe. Quelle ancora in circolazione se le è accalappiate in modo sistematico Solomon Guggenheim. E per finire, quelle rimaste nelle mani di Nina Kandinsky, vedova dell'artista, sono divenute proprietà dello stato francese.
Sul mercato oggi rimane ben poco. Soprattutto tele degli anni '30 e opere su carta. Rarissime le tele e gli acquerelli dei primi anni '10, che quando escono sul mercato spuntano prezzi da extraterrestri.
A noi umani i poster e le riproduzioni! Nel caso di Kandinsky, tra l'altro, la scelta è tra le più ampie in termini di soggetti e prezzi.

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Era da un po' di tempo che non si parlava dei soliti Impressionisti. A qualcuno forse mancavano. Ma eccoli rispuntare a Brescia.
Il pretesto è dato da una mostra su Turner e gli Impressionisti!
Ma che ci azzecca Turner con Monet, Renoir, Pissarro e Sisley?
La spiegazione viene dal sottotitolo della mostra: "La grande storia del paesaggio moderno in Europa".
Qualcuno potrebbe non essere ancora del tutto convinto. Perché tirare in ballo William Turner, per parlare dei paesaggi degli Impressionisti?
Questo il menù della mostra.
Antipasto: le vedute vorticose e rarefatte di Turner e gli intensi scorci di campagna di Constable.
Prima portata: la natura intima e raccolta di Corot e le foreste "en plein air" dei pittori "Barbizon".
Secondo piatto e contorno: vedute di Pontoise, Argenteuil, Giverny, Louveciennes, La Grenouillère, dipinte dagli Impressionisti.
Dessert e frutta: scorci di giardini di Monet e compagni.
Il percorso delineato è chiaro e convincente al massimo.
E poi c'è la chiosa finale delle ultime tele di Monet. Turbini di colori. Smaterializzazione delle forme. Atmosfere nebbiose e nuvolose, ma intense e suggestive. Per quanto distanti circa settant'anni l'uno dall'altro, Monet e Turner a livello ideale si ricongiungono.
Se il soggetto può sembrare scontato, la mostra è, però, riuscita e la schiera dei capolavori impressionante.

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Quelli che seguono le grandi mostre hanno sentito parlare del Museo di Santa Giulia di Brescia. Sanno che ospita grandi mostre, soprattutto sull'Impressionismo e dintorni. Conoscono Marco Goldin, direttore di Linea d'ombra, la società cui è affidato il compito di curare le mostre di arte recente.
"Turner e gli Impressionisti", "Mondrian". Sono queste le mostre aperte in questi giorni. Naturale immaginarsi il Santa Giulia come un museo di arte moderna e contemporanea.
Ma non è così!
Il Santa Giulia ha sede in un vasto complesso che un tempo ospitava un monastero. Ingloba edifici di varia epoca, tra cui persino tre chiese.
Testimonianza fedele del suo passato è il percorso museale. Un museo che è costituito da tre parti. In primo luogo, una sorta di itinerario tra i luoghi più significativi di tutto il complesso, dove si possono ammirare sale, ambienti, chiostri, affreschi e mosaici. Poi, un museo della città, con reperti preistorici e archeologici, oggetti di arte medievale, arte decorativa fino al '700. E per finire, un grande centro espositivo di livello nazionale, se non addirittura europeo.
E la pittura? No. Non sta qui, ma in un altro museo: la Pinacoteca Tosio Martinengo.

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Il biennio 1908-09 è stato decisivo per il mondo dell'arte austriaca.
Gli ambienti ufficiali dell'epoca erano ancora dominati dai dinosauri della cultura accademica, ma vari avvenimenti ne avevano scosso la credibilità e l'autorevolezza. La Wiener Secession aveva raccolto attorno al suo ideale di modernità le migliori energie della creatività austriaca. Figure come Gustav Klimt in pittura, Adolf Loos, Josef Hoffmann e Otto Wagner nell'architettura e nelle arti decorative, si erano imposte all'attenzione dell'opinione pubblica viennese, ottenendo incarichi importanti e riscuotendo successo.
Queste esperienze, però, tradivano ancora la matrice simbolista e decorativa. Portavano in sé, cioè, ancora il marchio della cultura tardo-ottocentesca. Qualcosa di simile alla musica di Gustav Mahler, ancorata alla tradizione tardoromantica, ma rivolta verso nuove sonorità.
Tra il 1908 e il 1909 si tengono a Vienna le due edizioni della Internationale Kunstschau. A Klimt il posto d'onore tra i pittori! Ma in quella del 1909 fanno la loro comparsa due giovani di grandi speranze: Egon Schiele e Oskar Kokoschka. Proprio loro, nello stesso periodo, danno vita al "Neukunstgruppe", gruppo artistico in opposizione all'ambiente dell'Accademia. E proprio con loro l'ansia e il senso di minaccia che pervade l'animo dei viennesi più coscienti prendono forma visibile. I loro quadri trattano i temi inquietanti e assumono i toni aspri dell'Espressionismo.
Con loro l'arte austriaca si incammina sui sentieri dell'arte moderna, come la letteratura con Franz Kafka e la musica con Arnold Schönberg. Una grande mostra al MART di Rovereto presenta questo momento magico dell'arte austriaca.

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Nella sua carriera Paul Klee non ha dipinto tanti quadri. La sua fama è legata soprattutto a opere di piccolo formato. Foglietti di carta, recanti disegni a penna o a matita, o minuziose composizioni a pastello, acquarello o tempera. Tavolette di piccolo formato, dipinte a olio, o ricoperte di gesso graffito e colorato.
Condensare in pochi centimetri quadrati di superficie un universo in miniatura. Questa è stata la sua grande forza. Una forza cui alcuni personaggi danarosi non hanno saputo resistere. Tra essi anche alcuni grandi mercanti d'arte.
Sarà il formato. Sarà l'impossibilità di catturare in una singola opera l'incomparabile mondo interiore di Klee. Fatto sta che alcuni grandi nomi del collezionismo mondiale si sono distinti per aver raccolto gruppi consistenti di opere di Klee.
Uno di questi è stato Heinz Berggruen. Con le sue donazioni ha arricchito di opere di Klee molti grandi musei in tutto il mondo. E proprio in questi giorni i suoi Klee sono riuniti al Palazzo Ruspoli di Roma, a documentare la straordinaria creatività del grande artista svizzero.

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In montagna la neve si fa attendere. Ed è possibile che renda la vita difficile a qualche sciatore persino a Natale.
Senza nulla togliere alla voglia di montagne imbiancate e di discese spensierate, a qualcuno potrebbe interessare sapere cosa c'è in giro da vedere. Qualche bella mostra da inframmezzare tra i banchetti e le sciate, o da usare come rimpiazzo nel caso in cui i capricci del clima negassero i fiocchi tanto agognati.
Eccone un elenco schematico. Menziona solo mostre di maggior rilievo in luoghi vari, d'Italia e del mondo. Per maggiori informazioni rimandiamo alla pagina di Artdreamguide dedicata alle Mostre.

Amburgo, "Caspar David Friedrich"
Amsterdam, "Vincent van Gogh and Expressionism"
Ancona, "Lorenzo Viani"
Basilea, "Classicism to the early Modern "
Berlino, "Hermann Nitsch"
Berlino, "Rebecca Horn"
Brescia, "Mondrian. 80 capolavori"
Chicago, "Charles Sheeler. Across Media"
Colonia, "Gabriel Orozco"
Düsseldorf, "Francis Bacon - The Human Body"
Ferrara, "André Derain"
Genova, "Russia & Urss. Arte, letteratura, teatro (1905-1940)"
Liverpool, "Henry Moore. Natural Form"
Londra, "Manet to Picasso"
Londra, "Peter Fischli David Weiss"
Los Angeles, "Magritte and Contemporary Art"
Lugano, "L'immagine del vuoto"
Madrid, "Sargent - Sorolla"
Milano, "Tamara de Lempicka"
Milano, "Boccioni "pittore scultore futurista""
Milano, "Hans Hartung"
Modena, "L'uomo e lo spazio. Estetiche della percezione"
Monaco, "Dan Flavin"
Napoli, "Bruce Nauman"
New York, "Spanish Painting from El Greco to Picasso"
New York, "Americans in Paris, 1860-1900"
New York, "Josef Albers and Laszlo Moholy-Nagy"
Parigi, "Yves Klein. Corps, couleur, immatériel"
Parigi, "Robert Rauschenberg, Combine-Paintings (1953-1964)"
Rivoli (To), "Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen"
Roma, "Matisse e Bonnard. Viva la pittura!"
Roma, "Willem de Kooning. Late Paintings"
San Francisco, "Anselm Kiefer: Heaven and Earth"
Trento, "Franz von Stuck. Lucifero Moderno"
Varese, "Capolavori del Novecento italiano dalla Collezione Gian Ferrari"
Venezia, "Picasso, La joie de vivre, 1945-1948"
Vienna, "Andy Warhol"
Washington, "The Société Anonyme: Modernism for America"
Washington, "El Lissitzky"
- L'edizione 2008 di Manifesta si terrà in diverse località del Trentino e dell'Alto Adige. A deciderlo è stata la Fondazione Internazionale di Manifesta (IFM), con sede ad Amsterdam. Tra i luoghi proposti, ma ancora da definire, ci sarebbero il forte di Fortezza, l'ex-Alumix e le Officine Fs a Bolzano, le ex-caserme a Trento sud, la centrale idroelettrica di Fies. A cadenza biennale, Manifesta è, con la Biennale di Venezia e la Documenta di Kassel, una delle più importanti manifestazioni europee dedicate all'arte contemporanea.

- Il progetto "Didart" ha ottenuto i finanziamenti erogati nell'ambito del Programma Cultura 2000 dell'Unione Europea. A deciderlo è stata la Commissione Europea, che lo ha giudicato il miglior progetto della sua categoria. "Didart" nasce per iniziativa del Dipartimento Didattico del MAMbo di Bologna. Riguarda la realizzazione di un corso formativo e di un workshop sulla didattica dell'arte e la comunicazione.

- Il 6 novembre scorso, è nata a Milano l'Associazione Mario Sironi. Il suo scopo è promuovere e tutelare la figura e l'opera del grande artista italiano. L'istituzione ha sede in Via Corridoni 41. A presiederla è la gallerista e storica dell'arte Claudia Gian Ferrari, che ha curato diverse mostre e scritti su Sironi. Compiti principali saranno l'archiviazione, catalogazione e autenticazione delle opere dell'artista.

- La grande fotografa americana Diane Arbus (1923-1971) è la protagonista di Fur, pellicola diretta dal regista Steven Shainberg. A interpretarla è Nicole Kidman. A metà strada tra biografia e invenzione, il film racconta la sua ribellione all'ambiente borghese di provenienza per seguire la sua vocazione artistica e l'uomo di cui è innamorata.
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