|
Tutti conoscono Brancusi come scultore, ma pochi sanno che è stato anche un eccellente fotografo in contatto con altri "maghi dell'obbiettivo" del calibro di Man Ray e Charles Sheeler.
Per far conoscere anche questo aspetto della produzione artistica di Costantin Brancusi, la Collezione Peggy Guggenheim ha deciso di realizzare la prima mostra italiana dedicata alle fotografie dell'artista rumeno. Un personaggio che si rivela, anche in questo caso, dotato di straordinaria capacità immaginativa e tecnica.
L'artista, che aveva ben quattro macchine fotografiche e sviluppava personalmente le fotografie nella camera oscura dell'Atelier, ci ha lasciato 1865 negativi e stampe originali, conservati nei Fondi del Musée National d'Art Moderne di Parigi.
Osservando queste opere balza agli occhi lo straordinario spirito sperimentale di Brancusi, che agiva invertendo e sovrapponendo i negativi, oppure attraverso solarizzazioni, stampe in controparte, a contatto e a ingrandimento.
Si capisce che la fotografia non ha per lui nessun valore documentario, ma è opera a sé stante, completamente sganciata dalla scultura anche quando la raffigura.
L'artista, del resto, non cerca nelle foto l'esattezza, ma la somiglianza. Non vuole presentare l'oggetto, la scultura, così com'è, ma raccontare attraverso la foto i suoi desideri o i suoi pensieri sull'opera. Vuole esprimere la materia, la luce, il reale, in una dimensione spazio-temporale che non è quella del qui e ora, ma rappresenta l'esserci oltre il momento. E per farlo può ricorrere a visioni inusuali, strumenti e tecniche inconsuete.
Il fatto che si parli di "opera al bianco" riguarda Brancusi, la sua vita e il suo lavoro, per tanta parte toccati dalla pietra, dal gesso, dalla polvere. Ma si riferisce anche a quella luce che l'artista cerca di rendere visibile con le sue fotografie, immagini straordinarie, che sembrano uscite dalle mani di un mago, sembrano frutto di un'incredibile e sottile alchimia. |
|
L'esposizione si articola in 8 stanze tematiche, che analizzano diversi aspetti della ricerca brancusiana: la percezione spazio-temporale, la smaterializzazione della forma, la luce, il rapporto con la sperimentazione e l'avanguardia cinematografica.
Accanto alle fotografie, sono esposte anche 5 opere scultoree di Brancusi per mettere a confronto queste due tecniche, che, lo ripetiamo, sono ugualmente rappresentative del genio dell'artista.
Le sculture in gesso - La musa addormentata (post 1910), La baronessa (anni Venti), Il torso di adolescente (1919-1924) - provengono dal Musée National d'Art Moderne di Parigi, che dal 1957 è entrato in possesso dell'Atelier Brancusi. Fanno invece parte della Collezione Peggy Guggenheim le due sculture in bronzo: Maiastra (1912?) e Uccello nello spazio (1932-40).
La mostra è curata da Paola Mola, studiosa dello scultore, in collaborazione con Marielle Tabart, conservatrice dell'Atelier Brancusi del Centre Pompidou di Parigi. |