Mostre di arte moderna e contemporanea
Volti nella folla. Immagini della vita moderna
da Monet a oggi
6 aprile - 10 luglio 2005
Castello di Rivoli
Piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (To)
Tel. 011-9565280
Orari: mar-gio 10-17, ven-sab-dom 10-21, lunedì chiuso
Il concetto di "folla", con tutte le sue implicazioni, si ricollega strettamente a quello di "metropoli".
La fine dell'800 vede la gente ammassarsi nelle città, cambiare vita. La modernità porta innovazione, ma anche instabilità. Tutto è più veloce, frammentato e anche i punti di riferimento tradizionali vengono meno.
In questo clima matura la crisi dell'individuo, che si sente solo, perso, talvolta anche schiacciato, in mezzo alla folla, tra gente che non conosce.
Ovviamente, non tutti reagiscono allo stesso modo e c'è anche chi si compiace di questa situazione, che gli permette di nascondersi, di indossare una maschera, di sfuggire al giudizio degli altri.
Sono queste le due facce della medaglia che la mostra allestita al Castello di Rivoli ci aiuta a scoprire attraverso le opere di alcuni protagonisti dell'arte internazionale, da Manet a oggi. Artisti che hanno saputo riflettere sulla condizione dell'uomo contemporaneo imprimendo nuova vita al linguaggio figurativo.
Il titolo della mostra, "Volti nella folla" prende spunto da una poesia di Ezra Pound, che descrive un viaggio in metropolitana nella Parigi del 1913. Gli artisti che hanno interpretato lo stato d'animo di questi "petali... su un ramo nero" sono 100. Tra loro, Edouard Manet, Edvard Munch, Carlo Carrà, Pablo Picasso, Ernst Ludwig Kirchner, George Grosz, Marcel Duchamp, Man Ray, Fernand Léger, Edward Hopper, Jack Butler Yeats, Max Beckmann, René Magritte, Francis Bacon, Alberto Giacometti, Jean Dubuffet, Eduardo Paolozzi, Andy Warhol, George Segal, Alex Katz, Michelangelo Pistoletto, Joseph Beuys, Juan Muñ, Thomas Schütte, William Kentridge, Eugène Atget, Alexandr Rodchenko, Tina Modotti, Paul Strand, August Sander, Claude Cahum, Brassa&ium;, John Heartfield, Walker Evans, Helen Levitt, Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, Weegee, Eve Arnold, René Burri, Mario Giacomelli, Gerhard Richter, Gilbert&George, Christian Boltanski, Vito Acconci, Nan Goldin, Cindy Sherman, Sophie Calle, Jeff Wall, Andreas Gursky, Sunil Gupta, Steve McQueen, Pierre Huyghe, Philip Lorca di Corcia, Anri Sala, Francis Alïs, Jeremy Deller, Song Dong ecc.
Il percorso espositivo, che include dipinti, disegni, fotografie, sculture, installazioni, film e video, ha una struttura cronologica, ma vive anche di rimandi.
Si parte con un'opera di Eduard Manet, Ballo in maschera all'Opera (1873), che invita lo spettatore a far parte della scena, a entrare nella società moderna.
A questo dipinto si contrappone la visione tormentata e pessimista di Munch, presente in mostra con L'indomani (1894-95), un lavoro che parla di incontri fugaci, che non lasciano nulla, se non stanchezza e desolazione. Sintomi ricorrenti della solitudine, una "malattia" che ha mille volti, tra cui quelli di chi è diverso (Francis Bacon, Studio per ritratto n. IX, 1957), di chi non ha nessuno (Brassaï, La peripatetica, Place d'Italie, 1933), di chi ha un dolore incomunicabile (Andy Warhol, Jackie, 1954), di chi ha perso ogni illusione (George Grosz, Caffè, 1915).
In questi casi, stare in mezzo agli altri non ha nessuna importanza, spesso è anche peggio. In altri, la folla può rappresentare un aiuto, una compagnia (Mario Giacomelli, Io non ho mani che mi accarezzino il volto, 1961-63), una forza dirompente (Alexandr Rodchenko, Piano Quinquennale, 1932; Heartfield, Dr. Goebbels, il taumaturgo della fede, 1934; Jeremy Deller, La battaglia di Orgreave, 2001), uno spazio di libertà (Carolee Schneemann, Gioia della carne, 1964) oppure un magma indistinto dove confondersi per non essere visti o giudicati.
Come la solitudine, anche la folla ha mille volti perché è fatta da tanti individui, ognuno con la sua storia. C'è chi si isola (Juan Muñoz, Tre seduti sul muro con sedia grande, 2000) e chi viene isolato (Käte Kollowitz, I prigionieri, 1908), chi accetta la sua situazione (George Segal, Frantumazione, 1977) e chi si ribella (Gilbert&George, Frantumazione, 1977), chi ama stare in mezzo agli altri (Andreas Gursky, Primo Maggio II, 1998; Mark Leckey, Fiorucci mi ha reso hardcore, 1999) e chi non lo sopporta (Alberto Giacometti, Ritratto di Diego, 1964), chi vuole farsi notare (Gillian Wearing, Ballando a Peckham, 1994) e chi si nasconde (Sunil Gupta, Esilii, 1987), chi è in cerca di qualcuno (Vito Acconci, Opera di pedinamento, 1969; Sophie Calle, Suite Vénitienne, 1980) e chi fugge. La folla siamo noi, diversi e uguali secondo l'umore, le opportunità, gli incontri.
Sembra pensarla diversamente Marcel Duchamp, che, moltiplicando il suo autoritratto attorno a un tavolo nel 1917, chiude il cerchio delle relazioni e apre la discussione sull'identità. Un tema che l'artista riprenderà in Rrose Sélavie (1920-21) insieme a Man Ray, che lo fotografa nei panni di una donna, il suo alter-ego femminile.
L'idea del travestimento, della maschera, ci riporta a un altro dei punti trattati da questa mostra. Sembra, infatti, piacere molto agli artisti, da Claude Cahun a Cindy Sherman a Bruce Nauman.
Il problema del rapporto tra individuo e società non tocca Dong Song, che nel video Crumpling Shanghai - Accartocciando Shanghai (2000), sembra dire: folle, individui, palazzi, città, tutti noi, siamo poca cosa. Basta un attimo, un colpo di mano, e non c'è più niente. Tutto si riduce a un pugno di polvere. La vita, per triste o spumeggiante che sia, dura davvero poco...
La mostra è curata da Carolyn Christov-Bakargiev, del Castello di Rivoli e da Iwona Blazwick della Whitechapel Gallery. "Volti nella folla" arriva, infatti, da Londra, dove ha riscosso un grande successo.
Il catalogo, oltre ai testi dei curatori e di altri critici, include una selezione di citazioni e scritti di autori come Baudelaire, Poe, Benjamin, Le Bon, Simmel, Freud, Adorno, Canetti, Arendt, Wall e Buck-Morss, che si sono occupati dei problemi dell'individuo nel suo rapporto con la modernità.