Mostre di arte moderna e contemporanea

Il Simbolismo. Da Moreau a Gauguin a Klimt

18 febbraio - 20 maggio 2007

Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d'Este 21, Ferrara
Tel. 0532-244949
Orari: dom-gio 9-20, ven-sab 9-22

La nascita ufficiale del Simbolismo risale al 18 settembre 1886. È in quella data, infatti, che il poeta greco Jean Moréas (1856-1910), trapiantato a Parigi, pubblica su "Le Figaro" il manifesto di questo movimento, che si propone di dar voce all'interiorità e all'immaginazione attraverso l'uso e il potere evocativo di elementi simbolici e allegorie, gli unici ritenuti in grado di restituire il senso delle cose e andare al di là della mera apparenza. Non si tratta comunque di una novità assoluta. Già in precedenza si erano avute, infatti, delle avvisaglie di questo modo di pensare in campo letterario e nelle arti visive, come dimostrano le opere di Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, Verlaine, Dante Gabriele Rossetti, Böcklin, Puvis de Chavannes, Moreau, Rops ecc, i precursori di questa tendenza.

A scatenare questa nuova e raffinata visione del mondo e della realtà, è la sfiducia nella scienza, che non si pensa possa trovare una risposta ai quesiti esistenziali degli uomini, che riguardano essenzialmente la vita, la morte, la sofferenza.
Volendo dare un senso a tutto questo e non sapendo a cos'altro appigliarsi, i simbolisti cercano spiegazioni nel soprannaturale, nell'occulto, nell'interiorità e dipingono mondi onirici, paradisi perduti, che poco o nulla hanno da spartire con le creazioni dei pittori accademici, ma anche dei realisti e degli impressionisti.
A muoverli è la consapevolezza che l'intelletto da solo non può bastare. Per questo, ricorrono ai sensi, alla fantasia, alla spiritualità. Gli unici strumenti che ritengono adatti a cogliere le corrispondenze e le analogie che governano il mondo, gli unici in grado di operare quella sintesi tra visibile e invisibile, sogno e realtà, che permette loro di scovare l'universale nel particolare e rivelare verità altrimenti irraggiungibili.

La rassegna che Geneviève Lacambre ha realizzato al Palazzo dei Diamanti grazie alla collaborazione di Dominique Lobstein e Luisa Capodieci e alla generosità di alcuni prestigiosi musei internazionali, che hanno prestato dipinti, sculture e opere su carta di grande bellezza, offre al pubblico l'opportunità di conoscere da vicino questo affascinante e sfaccettato capitolo della storia dell'arte europea, che ha affrontato temi importanti, come la vita, la morte, lo scorrere del tempo, il sogno, il mistero, i grandi miti.
Il percorso espositivo, strutturato in senso cronologico, parte dai lavori di alcuni visionari anticipatori e arriva ben oltre la soglia del '900. Il Simbolismo ha esercitato infatti una notevole influenza sugli artisti successivi e, in particolare, su quelli d'avanguardia, che avrebbero rivoluzionato i tradizionali canoni della rappresentazione.

Ad aprire la mostra sono le opere dei precursori, che, con sensibilità affine a quella romantica, evocano mondi onirici (Gustave Moreau, L'apparizione, 1876 ca.) e leggende cavalleresche (Burne-Jones La principessa addormentata, 1872-94), atmosfere sospese (Böcklin, Sera di primavera, 1879), paesaggi idilliaci e donne angelicate (Dante Gabriele Rossetti, Beata Beatrix, 1864-70 ca.). Non manca comunque la componente ironica e dissacratoria, affidata alle immagini di un grande caricaturista e illustratore, il belga Fèlicien Rops (La Morte al ballo, 1865-75 ca).

A marcare il passaggio del Simbolismo a una fase più matura e consapevole è il pittore francese Odilon Redon, autore di tele e grafiche originalissime, che riescono ad ammantare di mistero persino gli oggetti di uso comune (Sulla coppa, 1879).
Accanto a questo personaggio, che sarà molto apprezzato dai surrealisti, figurano Paul Gauguin (Siate misteriose, 1890; Conversazione, 1899) e i Nabis, Fernand Khnopff e gli artisti della Rosacroce, i rappresentanti del Groupe des XX e della Libre Esthétique di Bruxelles, alle cui mostre parteciparono anche Auguste Rodin, Max Klinger e Aubrey Beardsley, pittori tedeschi come Hans Thoma e Franz Von Stuck, il primo Mondrian (I fiori della passione) ed Edvard Munch (Malinconia, 1892; Ragazze sul ponte, 1904 ca.), che più di altri seppe dare voce al dolore e alle sofferenze dell'animo umano.

La mostra si conclude ricordando il raffinato estetismo delle Secessioni e, soprattutto di quella Viennese (Wiener Secession), che vede tra i principali interpreti Gustav Klimt, autore di opere intense e indimenticabili (Le tre età della donna, 1905).
Accanto a lui, sono esposti maestri italiani come Segantini (L'amore alla fonte della vita, 1896), Pellizza da Volpedo (Lo specchio della vita, 1895-98) e Previati (Paolo e Francesca, 1909), che testimoniano la vitalità della poetica simbolista nel nostro Paese.

Negli anni successivi, il simbolo e l'allegoria avrebbero trovato posto nelle opere dei dadaisti, dei surrealisti, nella Metafisica ecc. Ma su questo e sull'evoluzione contemporanea di questo modo di essere e pensare, si potrebbe tranquillamente imbastire un'altra mostra, forse di più. Dati i corsi e ricorsi dell'arte è infatti impossibile mettere la parola fine a ogni genere di sensibilità e quindi anche a quella simbolista.

Dopo Ferrara, la mostra sarà presentata a Roma, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, dove resterà aperta dal 7 giugno al 16 settembre 2007.

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