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| Introduzione
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| Le figure che costituiscono il "sistema dell'arte" vengono definite spesso in modo troppo rigido: artista, critico, gallerista, museo, collezionista. C'è, poi, il pubblico, ovvero la marmaglia di coloro che leggono le riviste, visitano le mostre, giudicano, sbuffano.
Gli esperti, dal canto loro, sono consapevoli che i confini tra queste figure non sono tanto netti. Quanti esempi abbiamo di gente che prima era una cosa e poi è diventata un'altra.
Nulla di male, per carità! Soprattutto se il cambiamento nasce dalla consapevolezza di avere le capacità per svolgere meglio un ruolo diverso da quello iniziale. È così che alcuni artisti sono diventati critici eccellenti o bravi galleristi.
La storia recente ci ha presentato diversi casi di artisti che, senza rinunciare alla loro attività principale, si sono occupati anche di critica. In America è noto a tutti il caso di Peter Halley. In Italia, invece, ne ricordiamo due da poco scomparsi: Emilio Tadini e Piero Dorazio.
Sono meno frequenti, invece, i casi di "passaggi" veri e propri dall'attività di critico (o gallerista) a quella di artista. Un esempio perfetto è quello di Vittore Grubicy, cui sono dedicate ben due mostre.
La sua storia coincide e contrasta con un'altra: quella del famoso artista americano Keith Haring.
Coincide perché entrambi si sono ritrovati artisti. Contrasta per il punto di partenza e il modo in cui sono pervenuti al medesimo esito. Grubicy approdò alla professione di artista dopo l'ultima sconfitta come gallerista. Haring ci è arrivato dalla strada, fonte di ispirazione per i suoi graffiti.
Qui si parla delle loro storie e delle grandi mostre che presentano il loro lavoro.
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| La mostra: "Vittore Grubicy", a Milano e a Trento
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| Pochi saprebbero dire chi fosse Vittore Grubicy. Tra costoro, poi, la maggior parte sarebbe incerta se definirlo artista, critico o gallerista.
Grubicy è stato tutte queste cose. E tutte e tre le ha fatte piuttosto bene. La sfortuna e i tempi hanno fatto sì che non ne abbia potuto raccogliere i meriti.
Come critico, Grubicy ha fatto conoscere il Puntinismo in Italia e ha promosso la nuova arte italiana all'estero. Inoltre, ha contribuito al successo del Divisionismo e di uno dei maggiori artisti italiani di fine '800: Giovanni Segantini.
Come mercante, ha co-diretto a Milano una galleria, servita da centro di diffusione del Divisionismo e della sua cerchia. Ha sostenuto strenuamente il mercato di vari giovani artisti italiani, pagando lo scarso successo di mercato con la rottura con il fratello e l'abbandono della galleria.
Come artista, è stato uno dei migliori interpreti della nuova pittura italiana, a cavallo tra Simbolismo e Divisionismo.
Ma Grubicy è stato anche un notevole collezionista. A lui si deve una delle donazioni più importanti alle Civiche Raccolte del Comune di Milano. Una donazione di cui fanno parte capolavori di Giovanni Segantini, Daniele Ranzoni e Tranquillo Cremona.
Una mostra a lui dedicata è aperta al Museo dell'Ottocento di Milano. Un'altra è al Palazzo delle Albere di Trento.
Per saperne di più leggi su Artdreamguide la pagina su Grubicy e le sue mostre.
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| Cos'è il Divisionismo
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| Vittore Grubicy come critico d'arte ha svolto un ruolo fondamentale nella nascita del Divisionismo. Ma stranamente, come artista non si può definire un divisionista vero e proprio.
Dei divisionisti Grubicy condivideva l'interesse per il dato naturalistico e gli spunti simbolici. Non altrettanto ne condivideva il rigore tecnico, che peraltro ne costituiva l'aspetto essenziale.
Il Divisionismo trae il nome dal termine "dividere".
Il procedimento pittorico elaborato da Giovanni Segantini e Gaetano Previati si basava sulla scomposizione dei colori reali nei colori elementari e loro complementari. Le tinte venivano accostate, pure, sulla tela sotto forma di piccoli trattini filamentosi.
Chiara la derivazione dalla tecnica "puntinista", elaborata da Georges Seurat e adottata da pittori francesi, inglesi e olandesi. Ma, parentela a parte, il Divisionismo si pone sulla scena artistica europea di fine '800 in modo autonomo e originale.
Grubicy, dal canto suo, non aveva mai visto di persona i quadri di Seurat. Conosceva, invece, quelli dei seguaci belgi e olandesi. Inoltre, aveva vissuto da vicino la vicenda di Segantini, di cui fu critico, mercante e collezionista.
Grubicy elaborò una propria personale interpretazione del Divisionismo, attenuandone l'asprezza nel modo di accostare le pennellate.
Per conoscere il Divisionismo e i principali esponenti visita la pagina di descrizione su Artdreamguide.
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| Artisti: mettersi in mostra su Artdreamguide
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| Vittore Grubicy si sentiva uno scopritore di talenti. Per oltre 15 anni dedicò le sue energie a sostenere e promuovere giovani artisti emergenti. Ma, come spesso succede, ci lasciò le penne... In rottura con il fratello e oberato di debiti, abbandonò l'attività di gallerista per dedicarsi a quella di artista.
È un esempio tra i tanti di come sia impegnativo e rischioso svolgere un lavoro di ricerca e supporto ad artisti poco conosciuti. Ahimé, paga di più lavorare con quelli già noti e affermati...
Questo i galleristi lo sanno bene. E in tempi difficili, come gli attuali, sono tentati di tirare un po' i remi in barca.
Cosa possono fare, allora, gli artisti che vogliono emergere, quelli che non sono ancora entrati negli ingranaggi della grande macchina del mercato?
Per prima cosa, non devono mai perdersi d'animo. Al contrario, devono continuare a rompere i "cosiddetti" ai galleristi.
In secondo luogo, possono cercare di riunirsi in associazioni di artisti. Come gruppo, avrebbero più forza organizzativa e potenza d'urto. Potrebbero, persino, farsi la galleria in proprio.
Ci sono, poi, le innumerevoli opportunità offerte da Internet.
Quanti sbufferanno... Ci sono già, in Internet! Ci ho speso tempo e denaro, ma i risultati sono stati scarsi.
Ognuno è libero di impiegare i propri soldi come preferisce. Non deve, però, legare il giudizio su una cosa a esperienze negative dovute a un uso sbagliato di quella cosa...
Internet non serve a tutto. Tuttavia, può risultare un canale efficacissimo per raggiungere determinati obiettivi a costi molto bassi. A patto di saperlo usare, s'intende.
Artdreamguide offre vari strumenti agli artisti che desiderano promuovere il proprio lavoro. Una sezione apposita ne illustra un certo numero, con esempi e prezzi. Inoltre, è disponibile a discutere su come progettare una campagna allo scopo di ottimizzare i risultati.
Per conoscere alcune opportunità che Artdreamguide offre agli artisti, visita la pagina apposita.
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| Il museo: Palazzo delle Albere di Trento
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| La bellezza e l'efficienza del famoso MART di Rovereto sono tali, che quando si parla di arte moderna e contemporanea in terra trentina, si pensa sempre e solo a lui.
Salvo i trentini, pochi lo ricorderanno. Ma prima dell'avvento del MART il principale polo museale in provincia era un altro: il Palazzo delle Albere di Trento. Lì si tenne negli anni '80 una bella mostra su Giovanni Segantini.
Palazzo delle Albere e il MART di Rovereto non sono antagonisti. Entrambi fanno capo, infatti, a un'unica grande struttura: appunto il Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
Ai nostri giorni Palazzo delle Albere è un museo che si occupa di arte dell'800, soprattutto trentina. Quindi, un museo dedicato al romanticismo, al realismo e al divisionismo.
Molto caratteristico è l'edificio che lo ospita, una costruzione squadrata somigliante a un castello. Caratteristico anche il nome, che ricorda il filare di pioppi che conduceva all'entrata. Peccato che non ci sia più...
In Artdreamguide puoi trovare una presentazione di Palazzo delle Albere di Trento.
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| La mostra: "The Keith Haring Show", a Milano
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| Keith Haring ha illuminato il firmamento dell'arte come una fugace meteora.
La storia dell'arte lo annovera tra i "graffitisti". Le cronache, invece, lo ricordano come un ragazzo semplice, spontaneo, pieno di energia e curiosità, morto di AIDS a soli 31 anni.
Le foto lo ritraggono, con la bomboletta spray o il gesso in mano, mentre istoria muri, manifesti pubblicitari, treni della metropolitana. In alcune appare un po' smarrito, sotto scorta di qualche poliziotto, che era riuscito a pizzicarlo in flagranza di reato.
Per Haring scarabocchiare sui muri era lo sfogo più naturale della propria inclinazione per il disegno. Un'inclinazione che si traduceva in immagini semplici e riconoscibili.
Dove passava, lasciava figure elementari stilizzate, sempre uguali: omini radioattivi, cani che abbaiano, serpenti, teste, piramidi, televisori. Ad esse alternava grovigli di linee e segni che ricordano le pitture precolombiane o le pitture ornamentali degli indigeni della Nuova Guinea.
Haring non progettava i suoi disegni, non li programmava. Essi sgorgavano liberamente dalla sua mano, senza che forze esterne potessero fermarli o influenzarli. Per lui disegnare non era una tecnica al servizio di una forma. Era il suo modo di essere.
Una sua mostra molto bella e piacevole è aperta in questi giorni alla Triennale di Milano.
In Artdreamguide puoi trovare la presentazione delle mostre.
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| Il sito Web: "Haring.com"
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| In molti è sempre vivo il ricordo di quei giorni che Keith Haring trascorse a Milano.
Era il 1984. Si parlava di lui già da tempo e cominciava ad arridergli il successo. Haring si trovava a Milano per due eventi: una mostra personale presso la Galleria Ala e la decorazione dell'emporio di Fiorucci.
All'inaugurazione della mostra Haring era preso a parlare con la gente, a stringere mani. Lo si vedeva anche firmare autografi. E lo faceva a modo suo, disegnando anche l'omino radioattivo o il cane che abbaia. Con grande gentilezza scarabocchiava il suo personale "logo" su qualunque cosa il pubblico gli sottoponesse: fogli di carta, cartoline invito, buste, borse, bicchieri, uova sode... E faceva lo stesso ovunque si trovasse.
Keith Haring era fatto così! Timido, un po' impacciato, ma gentile e sempre pronto a donare.
Non gradiva il mondo dell'arte ufficiale. Preferiva di gran lunga quello della cultura underground. Un ambito che gli permetteva rapporti umani, stimoli intellettuali e libertà di espressione.
Anche quando, all'inizio degli anni '80, il mondo delle gallerie lo attrasse nella sua orbita, non riuscì a trasformarlo del tutto.
Nel 1988 gli fu diagnosticata l'AIDS. La sua risposta fu la creazione della Keith Haring Foundation. Scopo della fondazione è valorizzare il suo lavoro, far conoscere le organizzazioni in difesa dei bambini e procurare fondi per le campagne contro l'AIDS.
Keith Haring è morto il 16 febbraio 1990. A ricordare la sua figura e testimoniare l'attività della fondazione è il sito web Haring.com.
Per conoscere Keith Haring e il suo mondo visita "Haring.com".
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| La mostra: "Storie di sguardi" a Milano
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| L'Università del Texas a Austin svolge un compito fondamentale per la storia della fotografia. Custodisce quella che viene considerata la prima vera e propria fotografia mai realizzata.
Si tratta della Veduta dalla finestra a Le Gras. L'autore è Nicéphore Niépce, che la realizzò all'incirca nel 1826.
Su una lastra di peltro Niépce spalmò uno strato di bitume giudeo, un tipo di bitume sensibile alla luce. Dispose la lastra all'interno di una camera oscura e collocò la camera sul davanzale della finestra. Dopo otto ore di esposizione trovò che la luce aveva modificato la lastra nei punti che corrispondevano a quelli più riflettenti dell'esterno. In sostanza, la lastra riproduceva la veduta esterna. Il suo sogno di riprodurre la realtà non attraverso il disegno, ma grazie alla luce del sole si era avverato! Chiamò il procedimento "eliografia".
Qualche anno dopo fu Louis Jaques Mandè Daguerre a sviluppare un metodo più rapido ed efficace: il "dagherròtipo". È il metodo che, con varie trasformazioni, si è trasmesso fino ai giorni nostri, e che solo la fotografia digitale ha messo in discussione.
Il binomio Niépce-Daguerre diede inizio alla storia della fotografia. Una storia che Forma, nuovo Centro Internazionale di Fotografia a Milano, si propone di documentare attraverso un ciclo di grandi mostre. Prima della serie è Storie di sguardi, aperta in questi giorni.
In Artdreamguide puoi trovare i dettagli sulla mostra.
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| Pianta di Milano
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| Chi svolge un'attività qualsiasi a Milano e dintorni si accorge ogni giorno di più come la Milano socio-economica sia molto diversa dalla Milano politico-amministrativa.
Milano non è una città ma una metropoli. Quello che si trova dentro i confini comunali è ben poca cosa rispetto a quello che si estende al di fuori: una miriade di paesi, insediamenti produttivi, cittadine, vere e proprie città, collegate da una rete inverosimile di strade.
Fino a non molto tempo fa le principali realtà economiche e culturali milanesi si trovavano più o meno tutte in centro. Oggi, invece, vanno decentrandosi. Alcune, addirittura, cominciano a varcare i confini comunali. Caso emblematico è quello della Fiera di Milano, che con il suo nuovo polo è migrata alla periferia Nord-Ovest. Oramai, andare in Fiera, all'aeroporto, o ad uno spettacolo del Teatro degli Arcimboldi significa compiere un viaggio!
E pensare che la cosiddetta "piccola Milano" sarebbe, di per sé, davvero piccola. Una semplice città a pianta circolare, con alcune circonvallazioni concentriche e varie strade che si dipartono a raggiera dal centro verso la periferia.
Al momento, le istituzioni che si occupano di arte moderna e contemporanea sono ancora in città. Ma già si intravvedono i germi del decentramento futuro: Hangar Bicocca, il sempre rimandato Museo del Presente...
Per individuare i musei di Milano e le sedi espositive di cui parliamo, consulta le piante di Milano su Artdreamguide.
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| Net Art: etay, di David 'Jhave' Johnston
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| La comunicazione di massa è una cosa complicata. Gli esperti la studiano, cercano di carpirne i segreti. Ma lei si svincola, sfugge alla comprensione.
Le ragioni?
Innanzitutto, la complessità del sistema che diffonde i messaggi. Un sistema basato su una molteplicità di media e di canali, su un'infinità di immagini, testi e suoni. Un sistema che molti cercano di pianificare, scontrandosi con la velocità delle novità.
E poi ci sono i riceventi del messaggio, cioè tutti noi. Esseri i cui comportamenti sono spesso prevedibili, a patto che il messaggio arrivi nel modo voluto dal trasmettitore.
Che dire della corrispondenza tra il messaggio che viene inviato e quello che arriva effettivamente al ricevente?
C'è un progetto di Net Art che può darci un'idea del problema. È etay, dell'artista canadese David Jhave Johnston.
L'utente viene messo di fronte a uno scenario costituito da uno scorcio urbano desolato. In primo piano giacciono due blocchi di cemento, che fungono da schermi. Su di essi sono proiettati due filmati in contemporanea, opera di vari artisti scelti dall'autore.
D'istinto si va a cercare i comandi e si scopre che si possono cambiare tante cose: i filmati, lo scenario, la musica di sottofondo, e altro ancora. Ad esempio, due menù danno modo di scegliere quale filmato proiettare su ognuno dei due schermi. Due sottomenù consentono, persino, di scegliere una particolare sequenza del filmato.
Il lavoro è suggestivo e la dice lunga sul livello di raffinatezza raggiunto dalla Net Art. Ma qualcuno si chiederà cosa c'entri con la comunicazione di massa.
La risposta sta in quella piccola scritta rossa che appare all'inizio. "You are in Control - Sei sotto controllo".
Ironia, provocazione... Infatti, nessuno sembra sotto controllo. Dopo l'inizio, uguale per tutti, ognuno è libero di fare quello che vuole. Per cui, alla fine, è improbabile che i percorsi seguiti dagli utenti e il complesso di esperienze che ne ricavano siano gli stessi.
Un po' quello che succede, più in grande, nella comunicazione di massa. Per quanto si cerchi di pianificare quello che si vorrebbe far arrivare ai riceventi, difficilmente arriva la stessa cosa. Colpa dei bambini che strillano, del telefono che squilla, della mano, che non sa resistere a cambiare canale o a cliccare sul mouse...
Non c'è che da provare etay, di David 'Jhave' Johnston
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| Notizie in breve
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| - Robert Ryman, per la pittura, e Yoshio Taniguchi, per l'architettura, sono i vincitori del Praemium imperiale 2005. L'importante onoreficenza viene conferita dalla Japan Art Association a personaggi che hanno contribuito in maniera determinante all'arte e alla cultura internazionali. Vincitori delle altre sezioni sono stati Issey Miyake per la moda, Marta Argerich per la musica, Merce Cunningham per il cinema/teatro. Ciascuno dei premiati riceverà 135.000 dollari.
- Il 12 novembre scorso è stato inaugurato il M.A.X., Museo d'Arte X di Chiasso. Il museo ha sede in un edificio di 1200 mq di superficie, progettato dagli architetti svizzeri Pia Durisch e Aldo Nolli. La struttura intende aprirsi a tutte le espressioni artistiche innovative. Al centro dell'attività ci saranno video, foto, grafica, design e architettura.
- Dall'1 al 4 dicembre 2005 si tiene, a Miami, la quarta edizione di Art Basel Miami Beach. La fiera d'arte moderna e contemporanea è una derivazione di Art Basel. Quest'anno vede la partecipazione di 195 gallerie di tutto il mondo, suddivise in varie sezioni. Tra le manifestazioni di contorno figurano "Art Video Lounge", rassegna di video d'artista, e "Art Project", dedicata alle opere di Public Art.
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Newsletter del 1 dicembre 2005
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