Giovanni Segantini
Attività artistica di Giovanni Segantini
Giovanni Segantini è considerato uno dei più importanti esponenti del Divisionismo italiano. Tutta la sua pittura è contraddistinta dalla ricerca della luce nel colore.
Si forma all'Accademia di Brera, dove entra in contatto con la Scapigliatura milanese e assimila l'esperienza del Verismo lombardo. Forte è anche l'influenza di Jean-François Millet, da cui riprende l'interesse per la vita contadina e l'inclinazione sentimentale.
Fin dall'inizio capisce che "col mescolare i colori sulla tavolozza, non si (ottiene) né luce né aria", ma resta ancora ancorato alla tradizione naturalistica, che approfondisce durante il soggiorno in Brianza (Ritorno all'ovile, 1882; A messa prima).
È Vittore Grubicy a spingerlo verso il divisionismo persuadendolo a realizzare una seconda versione dell'Ave Maria a trasbordo secondo la nuova tecnica.
A questa prima opera, del 1886, fanno seguito gli splendidi capolavori del periodo di Savognino (Alla stanga, 1886; La ragazza che fa la calza, 1888; Le due madri, 1889), nei quali il colore diventa più corposo e l'inquadratura si allarga.
Negli anni '90, Segantini si trova a lavorare spesso "en plein air".
La tecnica si affina in senso divisionista. L'artista procede accostando il colore puro e filamentoso sulla tela sotto forma di pennellate sottili. Riempie lo spazio tra una pennellata e l'altra con i colori complementari. In questo modo, ottiene il risultato di conferire maggior corpo e luminosità alla composizione.
Nonostante l'evoluzione della tecnica, i soggetti di Segantini restano quelli di sempre.
Al centro è la vita agreste e il mondo contadino. Con ciò, l'artista non mira alla rappresentazione fedele della natura. Intende, piuttosto, immedesimarsi totalmente con lo spirito del mondo naturale. Come scriverà nel 1894: "Non è certamente con la sola bellezza della natura che si può creare un'opera d'arte. Questa creazione non è possibile se non per un impulso dello spirito."
Il frutto dell'amore, del 1889, manifesta chiaramente un'ulteriore evoluzione dello stile di Segantini e un marcato interesse per l'allegoria e il simbolismo. Momento d'inizio di questo processo sono le opere del 1891. Per gradi, Segantini perviene a una sorta di spiritualismo di matrice decadentistica. In esso si possono intravvedere spunti di contatto sia con la Secessione viennese, sia con il simbolismo internazionale (L'angelo della vita, 1894). Inoltre, per i riferimenti letterari che ricorrono in alcuni opere, si riconosce anche il legame alla poetica preraffaellita.
L'attenzione per il mito e l'allegoria è, quindi, una delle componenti presenti nella pittura di Giovanni Segantini. Con questo, però, non produce quel distacco dal dato naturalistico che si osserva in molti colleghi del suo tempo. Il dato naturalistico resta per Segantini il punto di partenza per comprendere il mistero della vita.
Le meditazioni solitarie sul Maloja lo portano a una rielaborazione delle precedenti esperienze e a un approfondimento spirituale. I suoi dipinti si caricano di significati religiosi, spesso celati dietro sofisticate e simboliche decorazioni di gusto floreale (L'amore alle fonti della vita, 1896). Nella sua ultima opera (Il Trittico delle Alpi: la natura, la vita, la morte, 1896-1899), il dato naturale e quello spirituale si fondono in una visione cosmica e la natura diventa metafora della condizione umana.