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Come di consueto, l'apertura di "Arte Fiera" è accompagnata da una grande mostra alla Galleria Comunale d'Arte Moderna, che, tra l'altro, si trova proprio vicino agli spazi del Quartiere fieristico.
Questa volta l'attenzione dei curatori si è appuntata sul "nudo", un genere artistico tra i più praticati, col quale il museo prosegue il percorso iniziato nel 2001 con l'analisi della "natura morta", in pittura, scultura e fotografia.
La mostra, che copre due secoli di storia dell'arte, '800 e '900, è articolata in diverse sezioni, dedicate rispettivamente a pittura e scultura, fotografia, performance. E prende in considerazione i cambiamenti che si sono avuti nella percezione e rappresentazione del corpo, considerato, di volta in volta, sacro o profano, adorato, sognato, vilipeso, deriso, e perfino martoriato.
Se nell'antichità il corpo era considerato sintesi di bellezza e armonia e il neoclassicismo aveva fatto propria questa concezione ideale, l'espressionismo e le transavanguardie cercano di vedere il corpo così com'è, coi suoi difetti, siano essi esteriori, o il riflesso di angosce e ferite interiori. Il "bello ideale" lascia il posto al ritratto dell'anima, alla radiografia dell'inconscio. Il corpo è veramente nudo perché spogliato delle sue difese, del velo che protegge i suoi sentimenti dallo sguardo degli altri. Negli anni '60, con la Body Art, il corpo diventa campo di sperimentazione, materiale dell'arte, "carne da macello". La fotografia, prima timidamente, poi in modo sempre più esplicito, inquadra ogni centimetro di pelle, ogni sguardo, ogni sentimento. Insegue la bellezza, la linea armoniosa delle forme, ma analizza anche il corpo nelle sue aberrazioni, nelle sue debolezze, nell'ultimo doloroso trapasso.
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