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 Uno degli aspetti maggiormente controversi della Documenta 6 (1977) fu la presenza dell'arte della DDR (Germania Est). All'origine della discussione vi erano indubbiamente valutazioni critiche, ma sulle spalle gravava anche il pesante fardello della divisione del popolo tedesco, accompagnata da trent'anni di tensioni e antagonismi.
La questione della divisione della Germania affonda le sue radici nell'immediato dopoguerra.
Il territorio venne suddiviso in quattro zone di occupazione, sottoposte al controllo rispettivo delle quattro potenze alleate. Il deterioramento dei rapporti tra Est e Ovest portò alla "guerra fredda" e determinò la nascita di due stati tedeschi, simili per lingua, cultura, storia e tradizioni, ma diversi dal punto di vista dell'ordinamento politico, sociale ed economico, e della collocazione a livello internazionale. Berlino, con l'assurda messa in scena del "muro", divenne il concentrato allucinante delle contraddizioni legate a tale situazione.
Da allora, mimetizzata sotto le vesti delle affermazioni di principio e delle tensioni ideologiche, la Deutsche Frage (la questione tedesca) è divenuta uno dei motivi dominanti nel dibattito politico-culturale, soprattutto all'Ovest.
Sotto le sigle BRD e DDR si svolsero vicende politiche differenti, ma parallele.
Lo stesso può dirsi di quelle artistiche.
Alla fine degli anni '40 il dibattito artistico risultava incentrato prevalentemente sulla contrapposizione tra astrattismo e realismo. Il confronto sfociò nel predominio delle tendenze astratte e informali all'Ovest, e del cosiddetto "Sozialistischer Realismus" (realismo socialista) all'Est.
All'inizio la ricerca artistica in BRD subì l'influenza delle principali correnti europee e nord-americane, in particolare l'espressionismo astratto e l'informale. Alla fine degli anni '50 però cominciarono a farsi strada orientamenti molto più originali e indipendenti dall'esterno.
Sostenuta da un "sistema dell'arte" articolato, secondo solo a quello statunitense, l'arte della BRD a partire dagli anni '70 acquisì un'importanza essenziale nel campo della sperimentazione di nuovi materiali e linguaggi (installazioni, fotografia, video). Aassunse, in seguito, un ruolo cruciale nel successivo ritorno alla pittura, avvenuto con l'inizio degli anni '80.
 Musica ben diversa dall'altra parte del "muro".
Secondo il regime al potere nella DDR, l'unica strada percorribile di fronte alla presunta debolezza e indolenza dell'arte astratta occidentale era il "realismo socialista".
I presupposti alla base di questo indirizzo erano:
1) l'artista come soggetto attivo nel processo di costruzione della società socialista.
1) l'opera d'arte intesa non come prodotto di una ricerca personale fine a se stessa, ma come strumento di informazione e educazione delle masse.
Differenze a parte, notevole è l'analogia tra l'allinemento dell'arte nella BRD alle tendenze occidentali, e quello dell'arte della DDR alla tendenza dominante nel blocco sovietico. E in effetti questa contrapposizione gravò sulla testa di molti artisti, tra cui il giovane Georg Baselitz, che negli anni '60 reagì con i suoi famosi quadri capovolti. Ma mentre la prima riusciva gradualmente a emanciparsi, la seconda non fece che intestardirsi, incamminandosi verso una pericolosa involuzione, dalla quale solo alcune singole situazioni poterono salvarsi.
Negli anni '60 venne tentata una campagna di rilancio del "realismo socialista", denominata "Bitterfelder-Weg". Questo significò solamente una recrudescenza nell'applicazione dei canoni di regime.
Pochi artisti, pur allineandosi, riuscirono ad esprimere il proprio talento (Gerhard Altenbourg, Hermann Glöckner, Bernhard Heisig, Wolfgang Mattheuer). La stragrande maggioranza si appiattì.
A coloro che invece non si allineavano rimanevano poche alternative:
- restare in patria, estromessi da ogni opportunità professionale, costretti in una sorta di sottobosco intellettuale (gruppo "Clara Mosch", il gruppo attorno alla galleria Eigen+Art)
- cercare di emigrare all'Ovest (Gerhard Richter, Georg Baselitz, Eugen Schönebeck e molti altri)
- venire "ausgebürgert", ossia espulsi dal paese e privati della cittadinanza, come toccò a A.R. Penck nel 1980.
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