Mostre di arte moderna e contemporanea

The Keith Haring Show

28 settembre 2005 - 29 gennaio 2006

Triennale
Viale Alemagna 6, Milano
Tel. 02-724341
Orari: mar-dom 10:30-20:30, lunedì chiuso

Dopo il successo riscosso l'anno scorso con la mostra su Andy Warhol, la Triennale di Milano dedica una rassegna a Keith Haring, un altro artista contemporaneo molto amato dal pubblico, e soprattutto dai giovani, che conoscono i suoi disegni per averli visti un po' dappertutto, sulle copertine dei dischi, sulle magliette, sui quaderni, su gadget di vario tipo. Del resto, Haring voleva che la sua arte fosse di tutti. Per questo, ha lavorato in spazi pubblici e ha aperto due negozi di oggetti caratterizzati dal suo inconfondibile segno.

Keith Haring nasce a Reading, in Pennsylvania, nel 1958, e passa l'infanzia nella vicina Kutztown. La sua famiglia appartiene alla "middle classe".
Keith cresce guardando i fumetti TV e i cartoni del padre. Disegnare diventa un fatto naturale. Per questo, nel 1976, finito il liceo, si iscrive alla Ivy School of Professional Art di Pittsburgh, una scuola di "arte commerciale".
In poco tempo capisce che non fa per lui. Si rende conto di non voler essere né un illustratore né un grafico pubblicitario. Vuole essere libero di scegliere cosa disegnare e come farlo. Deciso a fare a modo suo, lascia la scuola e si mette a girare l'America in autostop.

Dopo la prima mostra, realizzata nel 1978 al Pittsburgh Arts and Crafts Center, parte per New York, dove frequenta la School of Visual Art. Legge Umberto Eco, Roland Barthes, William Burroughs, sperimenta diverse tecniche: performance, video, installazione, collage. Resta comunque molto legato al disegno.
Alla sua formazione contribuiscono espressioni artistiche disparate, dai segni delle civiltà precolombiane ai fumetti, dai pittogrammi giapponesi a Picasso, da Jean Dubuffet a Pierre Alechinsky, dalla Pop Art a Robert Henri, di cui apprezza l'idea dell'indipendenza dell'artista. Trova di grande interesse anche i lavori di Christo e Andy Warhol. Dal primo prende il concetto di arte pubblica, dal secondo quello di fusione tra arte e vita.

A New York diventa amico di artisti come Kenny Scharf e Jean-Michel Basquiat, frequenta musicisti, attori e writers, partecipa a mostre e performance al Club 57 e in altri spazi alternativi. Preferisce lavorare nelle strade, fuori dal sistema delle gallerie.
La Grande Mela diventa per lui come una grande tela dove lasciare il segno del suo passaggio. Col suo tratto veloce, primitivo e pop, riempie i muri della città, col suo pastello bianco colora i pannelli neri della metropolitana. Le strade si animano dei suoi graffiti, un mondo visionario e fantastico, pieno di figure "raggianti" (bambini, cani, astronavi, piramidi, delfini, omini in incessante movimento). Questa pratica illegale, gli causa un po' di noie con la giustizia, ma gli garantisce anche una bella notorietà.
Nel 1982 espone con successo alla Tony Shafrazi Gallery. Da questo momento la sua carriera prende la rincorsa. Partecipa a Documenta 7 a Kassel, alla Biennale di San Paolo, alla Whitney Biennial, alla Biennale di Venezia. Espone anche a Londra e Tokyo.

Nel corso degli anni '80 Haring dà vita a numerosi progetti in spazi pubblici, lavora per il teatro, realizza scenografie per i balletti di Roland Petit e Yoko Ono, firma stoffe per la stilista Vivienne Westwood, disegna orologi per la Swatch. Collabora anche con artisti e performer come Madonna, Grace Jones, Bill T. Jones, William Burroughs, Timothy Leary, Jenny Holzer e Andy Warhol.
Nel 1983 Lucio Amelio lo invita a Napoli per esporre nella sua galleria. L'anno successivo è di nuovo in Italia, a Milano, per una grande mostra da Salvatore Ala. Nel capoluogo lombardo Haring realizza anche un murale, quello per il negozio di Elio Fiorucci.
Nel 1986 decide di aprire anche lui un negozio. Nasce così il "Pop Shop" di Soho, a New York, dove Keith Haring vende magliette, giocattoli, poster, calendari e ogni genere di gadget. È un modo per rendere la sua opera accessibile a tutti, dato che i prezzi dei suoi lavori sono in costante ascesa. Continua comunque a dipingere sui muri delle città di mezzo mondo. Lo fa anche con intenti sociali e politici, come quando lavora sulla East Harlem Drive e scrive "crack is wack - il crack è una porcheria" (1986), oppure realizza i suoi murales al Necker Children's Hospital di Parigi (1987) o sul Muro di Berlino Ovest, tre anni dopo la sua caduta. Ama i bambini e gli piace molto lavorare insieme a loro. Con loro, per esempio, ha realizzato il murale per i 100 anni della Statua della Libertà (1986).

Nel 1988 Keith Haring apre un secondo negozio a Tokyo. Quest'anno non è certo uno dei più felici per l'artista. Infatti, gli viene diagnosticato l'HIV. Da sempre impegnato in campagne politiche e sociali, come quelle a favore dei gay e per il sesso sicuro, contro la droga e l'apartheid, Haring decide di dare vita alla Keith Haring Foundation, un'associazione a favore dei malati di AIDS e dei bambini. La fondazione viene costituita nel 1989.
Quest'anno Haring corona un altro dei suoi sogni, lavorare in una città storica italiana. Lo fa a Pisa, sulla Chiesa di Sant'Antonio dove realizza un murale di grande bellezza. È il suo ultimo sforzo. Stroncato dalla malattia, Keith Haring muore a New York nel 1990. Ha solo 31 anni.

Nelle sue opere, Haring ha parlato di cose che riguardano tutti, nascita, morte, amore, sesso e guerra. Il fatto di aver usato mezzi semplici e immediati ne ha fatto un grande comunicatore e il simbolo di un certo periodo della nostra storia. Quando era in vita, i suoi lavori sono stati considerati come un fatto di costume, di moda, in linea con la controcultura giovanile del tempo, più che come vere e proprie opere d'arte. In realtà è stato un grande artista dal segno rapido e inconfondibile, oggi pienamente riconosciuto come tale. Tanto che le sue opere sono presenti nei principali musei internazionali.

La mostra allestita alla Triennale testimonia l'attività di questo grande protagonista della scena newyorchese degli anni '80 offrendo al pubblico un vasto numero di dipinti, disegni, sculture, opere su carta.
Il percorso è arricchito da immagini fotografiche della vita di Haring e da un video che documenta le opere pubbliche da lui realizzate in giro per il mondo. Tra queste, anche Tuttomondo, il frutto del suo lavoro a Pisa l'anno prima della morte.

L'esposizione è curata da Gianni Mercurio e da Julia Gruen, che è stata assistente dell'artista dal 1984 alla morte e, in seguito, è diventata direttore della Keith Haring Foundation.
Per avere informazioni su questa istituzione e conoscere più da vicino l'artista e le sue opere si può visitare il sito www.haring.com.

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