Mostre di arte moderna e contemporanea
Albert Watson. Il coniglio bianco
18 settembre - 22 novembre 2009
Forma - Centro Internazionale di Fotografia
Piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano
Tel. 02-58118067
Orari: 11-21, gio-ven 11-23, lunedì chiuso
Albert Watson è nato in Scozia nel 1942, ma negli anni '70 si è trasferito in America, dove ha cominciato a collaborare con importanti riviste, come "Vogue", "Rolling Stone", "The Face", Newsweek" ecc.
Le sue specialità erano le foto di moda e i ritratti di celebrità, ma ha realizzato anche importanti campagne pubblicitarie per aziende cosmetiche e di abbigliamento e perfino cortometraggi per la TV. La sua formazione come graphic designer, fotografo e cineasta gli ha aperto, infatti, diverse porte, e la sua straordinaria creatività ha fatto il resto.
Con questa mostra, allestita al Centro Forma assieme ad Alessandra Mauro, Watson vuole, come il coniglio bianco dell'Alice di Lewis Carroll, farci scoprire il suo personale "mondo delle meraviglie", che consiste in una sterminata produzione di immagini seducenti, eclettiche e originali. Così originali che spesso si fa fatica a credere che siano state scattate dalla stessa persona. Invece è proprio così.
Lungo il percorso, ricchissimo di rimandi visivi e intellettuali, si alternano immagini affascinanti e ineccepibili, in bianco e nero e a colori, che catturano lo sguardo e si imprimono con forza nella mente. Ci sono foto di moda, nudi, paesaggi, still life, ritratti di celebrità (Mick Jagger, Jach Nicholson, Alfred Hitchcock, Kate Moss, B.B. King) e gente comune. Per Watson, infatti, anche le persone reali possono possedere un grande carisma. Ed è bello scoprirlo.
Più difficile è capire invece cosa scartare. Il mondo offre, infatti, tantissime possibilità, che possono trovare un'eco nella nostra o nell'altrui sensibilità, e scegliere non è affatto facile.
Watson, che ha la straordinaria capacità di muoversi con maestria lungo le strade più variegate e di saper trasformare qualsiasi oggetto in icona, può permettersi di spaziare, provare, sperimentare. Il risultato che ottiene può essere visionario, seducente o di una semplicità disarmente, ma non è mai scontato perché dietro ogni immagine si cela un pensiero profondo. Per lui, infatti, più che la foto, conta l'idea, lo sforzo intellettuale che ogni opera impone a chi la scatta e a chi se la trova di fronte.
La mostra che ci ha preparato riunendo insieme quattro decadi di lavoro è "una geografia dell'anima, una mappa personale animata di volti, di sguardi, di sentimenti". Ora sta a noi capire cosa proviamo e pensiamo.