Mostre di arte moderna e contemporanea
Anish Kapoor
31 maggio - 31 gennaio 2012
Rotonda della Besana (fino al 9 ottobre 2011)
Via Besana 12, Milano
Tel. 02-43353522
Orari: mar-dom 9:30-19:30, gio e sab 9:30-22:30, lun 14:30-19:30
Fabbrica del Vapore (fino al 31 gennaio 2012)
Cattedrale
Via Procaccini 4, Milano
Tel. 02-
Orari: mar-dom 9:30-19:30, gio e sab 9:30-22:30, lun 14:30-19:30
Nel suo programma di apertura all'arte contemporanea internazionale, il Comune di Milano non poteva non inserire una mostra sull'artista anglo-indiano Anish Kapoor, che, già sul finire degli anni '70, quando ha iniziato a esporre le prime opere, si è fatto notare come uno degli autori più originali e innovativi. L'unico che, all'epoca, è riuscito davvero ad allontantanarsi dal minimalismo imperante per dar vita a lavori intensi, spirituali, che parlano di noi, delle nostre sensazioni, del nostro rapporto con lo spazio, che è quello esteriore, ma anche quello interiore. Nelle sue opere, che col tempo sono diventate sempre più monumentali, infatti, non ha mai smesso di riflettere su concetti fondamentali come quelli di vuoto e pieno, spirituale e materiale, maschile e femminile, cercando di arrivare a una mediazione tra il pensiero orientale e quello occidentale.
Il progetto espositivo, che è curato da Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni, si articola in due diversi spazi, Rotonda della Besana e Fabbrica del Vapore, che, grazie a Kapoor, hanno perso la loro caratteristica di contenitori passivi e hanno finito per diventare parte attiva del lavoro dell'artista.
La prima mostra, allestita all'interno della Rotonda della Besana, presenta 6 grandi opere, che Kapoor ha realizzato negli ultimi 10 anni rivoluzionando il concetto di scultura. Non si tratta, infatti, di opere concluse in se stesse, ma di lavori che interagiscono con lo spazio che le ospita e con la gente che le osserva. E questo vale soprattutto per i "lavori specchianti", che, a seconda del punto di osservazione, possono dar vita a diversi fenomeni percettivi. Le cose e le persone che si riflettono nelle opere di Kapoor, possono, infatti, risultare più o meno deformate e perfino sottosopra. E questo può produrre un effetto di straniamento, di perdita dell'equilibrio, che può essere positivo perché invita a riflettere e pensare al nostro modo di rapportarci con lo spazio e con gli altri, al modo in cui riusciamo ad affrontare i problemi e i cambiamenti della nostra esistenza.
Diverso è il discorso che riguarda My Red Homeland del 2003, una monumentale installazione di cera rossa, che viene lentamente e costantemente spinta e schiacciata da un braccio metallico dando vita a un inarrestabile e silenzioso processo di creazione e distruzione di cui il visitatore si accorge solo dopo un po' di tempo, quando lo spostamento è diventato ormai evidente.
Capire il senso di quest'opera non è semplice. A guardarla vengono in mente la "goccia che scava la pietra", anche se la cera è tutt'altro che dura, e l'altro famoso detto, secondo cui "nulla si distrugge e tutto si trasforma". Ma non può essere tutto qui. L'artista comunque non dà spiegazioni, non ne ha. Dice soltanto che vuole spingere il pubblico alla scoperta di qualcosa di immmateriale, che ha a che fare con la spiritualità e, come il fuoco, il cielo, il mare, le grandi opere d'arte, non si può capire ascoltando delle parole, ma soltando restando in silenzio, in contemplazione. Il rosso comunque ha la sua importanza e non solo perché si ricollega all'uso dei pigmenti colorati, che è tipico della tradizione indiana. Come ha scritto Kapoor, "il rosso è il colore del sangue, della passione, dell'emozione, ...il colore della carne, trasferito qui nella cera, che è un materiale organico, ma indistruttibile". Probabilmente rappresenta quel punto di congiunzione tra materiale e immateriale, carnale e spirituale, che lui e noi stiamo cercando da tempo e che ancora ci sfugge.
La rassegna continua all'interno della Cattedrale della Fabbrica del Vapore (Via Procaccini 4), dove l'artista ha realizzato un'installazione monumentale, intitolata Dirty Corner. Un'opera che, superata la diffidenza iniziale e la paura del buio, consente di fare un viaggio all'interno delle nostre sensazioni e delle nostre percezioni. I visitatori, infatti, sono invitati a camminare per 60 metri, che sembrano molti di più, in un ambiente angusto e oscuro, che mette a dura prova la loro resistenza e la loro sopportazione.
La scultura, che è stata realizzata appositamente per questo spazio e sarà ricoperta progressivamente da una montagna di terra rossa, che ricorda il profondo interesse che Kapoor ha sempre dimostrato per i pigmenti colorati, simboleggia l'incontro tra la natura femminile (l'imboccatura assomiglia al calice di un fiore) e quella maschile (il tunnel ha una forma fallica). Un incontro da cui nasce la vita e il nostro cammino nel mondo, un viaggio difficile, a tratti oscuro e incomprensibile, verso la luce.
La mostra è accompagnata da un bel catalogo, edito da Skira, che, in realtà, assomiglia molto di più a un libro d'artista. Oltre a esser stato visionato da Kapoor, racconta, infatti, tutto quello che è successo durante la progettazione e l'allestimento di questa rassegna. Un'iniziativa che ha anche uno scopo benefico. Parte del denaro raccolto con le sponsorizzazioni sarà, infatti, devoluto alla Fondazione Banco Alimentare, che avrà anche la possibilità di allestire dei corner di raccolta cibo all'interno delle sedi espositive.