Germania
Introduzione sulla Germania:
il mondo dell'arte in BRD dopo gli anni '60: la crisalide diventa farfalla
Joseph Beuys insanguinato, in occasione dell'azione "20.Juli, 1944", 1964
A partire dalla fine degli anni '50 un senso di fiducioso ottimismo comincia ad impadronirsi della società tedesca occidentale, salutando lo svilupparsi di ampie fasce di ricchezza e di benessere. Ciò non fa che alimentare anche la domanda di arte e cultura.
Dopo la fase iniziale di sudditanza psicologica nei confronti degli stimoli esterni, il mondo della cultura dava chiari segni di maturità in tutti i campi, dalla letteratura, al cinema, alla musica, alle arti visive.
In campo artistico la reazione nei confronti della linea astratta-informale, che aveva tenuto banco nel corso degli anni '50, si articolò in una estrema varietà di tendenze e correnti, spesso contrapposte tra loro: correnti pittoriche figurative a indirizzo espressionista ("Neue Figuration", "SPUR"), realista ("Kritischer Realismus"), Pop e fotorealista ("Kapitalistischer Realismus", "Zebra"); correnti pittoriche astratte (pittura analitico-razionale, "Farb-Feld Malerei"); ricerche ottico-cinetiche ("Zero", Op Art).
Inoltre, la BRD fu uno dei principali palcoscenici della stagione azionista-comportamentale. Tutto inizia con le operazioni di "Fluxus". Prosegue, poi, con le Aktionen di Joseph Beuys, destinato a diventare uno dei punti di riferimento del mondo artistico tedesco e europeo.
Le condizioni in cui operavano gli artisti tedeschi degli anni '60, per quanto il risultato di una dimensione ancora elitaria, andavano migliorando sensibilmente.
Erano sorte nuove scuole d'arte, e tra esse cominciava a brillare la fama delle Kunstakademie di Düsseldorf e Karlsruhe, e della Hochschule di Amburgo. Premi annuali, borse di studio e soggiorni di lavoro all'estero per giovani artisti erano oramai consuetudine consolidata.
Ma è soprattutto nel campo della diffusione e circolazione del lavoro che si erano verificati i progressi maggiori. Sulla spinta di un rinnovato interesse del pubblico nei confronti dell'arte contemporanea, tutte le città di dimensioni medio-grandi si erano dotate di istituzioni artistiche.
Molti grandi musei erano stati riaperti, imboccando seriamente la strada della ricostruzione delle loro collezioni. Gli sforzi maggiori si concentravano sull'arte del primo '900, dalle quotazioni ancora abbordabili, relegando in subordine il contemporaneo. Per ovviare a questa assenza in molti città vennero istituiti appositi centri espositivi specializzati nell'attualità, le Kunsthalle. Ad esse si affiancavano i Kunstvereine, di natura associativa privata, oramai disseminati su tutto il territorio.
La maggiore disponibilità di spazi e di risorse finanziarie moltiplicò l'offerta espositiva. Questo, da un lato, serviva a soddisfare la domanda del pubblico, e dall'altro, rispondeva almeno in parte ai bisogni degli artisti.
Altro sintomo della crescita di interesse nei confronti dell'arte fu il diffondersi degli interventi artistici in luoghi pubblici. Interventi sotto forma di sculture o rilievi da collocarsi in piazze, parchi, giardini, cimiteri. O in corrispondenza di edifici pubblici, come uffici, stazioni, teatri, musei ed università. Interventi presso i quartier generali di imprese private. Decorazioni interne di palazzi e chiese.
A partecipare a questo processo di rivalutazione estetica del paesaggio urbano furono autori affermati, ma anche interpreti delle tendenze più innovative: ad esempio Yves Klein, Otto Piene, Heinz Mack, Günter Uecker, Richard Serra e Victor Vasarely.
Il fatto che più di tutti testimoniava l'uscita del paese dalla crisi del dopoguerra fu però senz'altro la proliferazione delle gallerie private. Alla base era il rinnovato interesse da parte del pubblico, ma soprattutto il benessere economico consolidatosi in alcune aree particolari.
Dal punto di vista geografico si osservava già un certo addensamento in alcune città del Nord-Ovest (Colonia e Düsseldorf) e del Sud (Stoccarda e Monaco). Al tempo stesso, si fece strada la graduale definizione di due schieramenti: quello delle gallerie che si occupavano del cosiddetto "moderno-classico", e quello delle gallerie d'avanguardia. Da questo secondo raggruppamento partì l'idea di organizzare a Colonia nel 1967 la prima fiera d'arte nel mondo, il "Kölner Kunstmarkt", avvenimento ripreso negli anni '70 e destinato a consolidarsi con Art Cologne, la fiera di Colonia dei giorni nostri.
I grandi sforzi compiuti soprattutto dai galleristi di Colonia e Düsseldorf non furono vani. Alcune delle più formidabili collezioni private d'arte moderna e contemporanea al mondo si erano formate proprio in Germania a partire dal dopoguerra. Basterebbe fare i nomi di Bernhard Sprengel, Peter Ludwig, Karl Ströher. Ma con l'inizio degli anni '70 il fenomeno assume proporzioni sempre più massicce, riguardando fasce di collezionismo dalle possibilità economiche differenziate.
Sostenuto da una base di collezionismo d'arte così vasta il mercato dell'arte tedesco è divenuto rapidamente il secondo al mondo e Colonia il simbolo di questa ascesa.
Gli anni '80 non fecero altro che consolidare questa situazione di leadership in Europa, favorita dal grande successo mondiale dei pittori tedeschi (Baselitz, Kiefer, Penck, Polke, Richter, ecc.). Ma a caratterizzare il decennio è stata soprattutto l'ondata di nuove realizzazioni museali.
Grazie alla disponibilità di risorse economiche imponenti, le città maggiori hanno cominciato a fare a gara nell'affidare ad architetti di grande prestigio il compito di ostentare la propria potenza attraverso l'opulenza dei loro templi dell'arte. A Stoccarda, Colonia, Düsseldorf, Francoforte le nuove architetture dovevano servire a contere le magnifiche collezioni che avevano riunito, ma soprattutto ad attirare prestiti e donazioni da parte di importanti collezionisti privati.