Mostre di arte moderna e contemporanea
Kimsooja. Conditions of humanity
24 giugno - 19 settembre 2004
PAC - Padiglione d'arte Contemporanea
Via Palestro 14, Milano
INfo. 02-76009085/02-76020400
Orario estivo: 9:30-17:30, gio 9:30-21, lunedì chiuso
Per festeggiare i suoi primi cinquant'anni, il PAC offre ai visitatori l'ingresso gratuito a una mostra d'eccezione, quella dedicata all'artista coreana Kimsooja, alla sua prima personale italiana.
Nata nel 1957 a Taegu, Kimsooja ha studiato a Seoul e Parigi. Dal 1998 vive e lavora a New York anche se i suoi progetti la portano un po' dappertutto, come dimostrano molte delle opere esposte. Uno dei temi della sua ricerca riguarda, infatti, il ruolo dell'uomo nel mondo globalizzato.
Le sue opere sono esposte in molti musei internazionali e ha partecipato a diverse biennali, tra cui quelle di San Paolo, Sydney (1998), Venezia (1999-2001), Lione, Taipei, Kwangju (2000), Whitney, Liverpool (2002), Valencia (2003), Lodz (2004).
I lavori di Kimsooja, principalmente installazioni e video, hanno un legame molto stretto con la sua cultura d'origine. In particolare, con la pratica del cucito. Un'attività che l'artista ha imparato dalla madre e che ora usa come metafora della transitorietà della vita e per indicare un processo cognitivo, capace di andare al di là della superficie e unire i diversi lembi della realtà.
Negli anni '80, alle sue prime esperienze artistiche, Kimsooja ritagliava e cuciva i vestiti della nonna morta. Un'attività intima, meditativa, legata alla memoria familiare. Oggi, ha aperto i suoi orizzonti e usa come base dei suoi lavori i copriletto tradizionali della società coreana, che accompagnano i suoi connazionali dall'inizio alla fine della loro esistenza: quando nascono, quando muoiono, quando fanno l'amore o sognano, e perfino quando sono costretti a migrare e lasciare le proprie terre. Di questi e altri tessuti sono composti, infatti, i "Bottari", i fagotti di tela che contengono tutti gli averi di un individuo, i suoi legami col passato, le sue risorse per l'avvenire.
Nella grande installazione del "parterre" del PAC (A Laundry Woman, Donna Lavandaia, 2000), Kimsooja ha steso ad asciugare, come si fa col bucato, un cospicuo numero di copriletto, più o meno preziosi e dai colori sgargianti. Ogni tanto manca un telo, segno che qualcuno non c'è più. Le mollette vuote sono lì a ricordarci che la vita può finire e la morte fa parte della nostra realtà.
L'idea del cucito accompagna Kimsooja anche nei suoi lavori più tecnologici, i video girati, tra il 1999 e il 2001, in diverse città del mondo, in Oriente e Occidente. Il legame è espresso simbolicamente attraverso i titoli. A Needle Woman significa, infatti, "donna ago".
Il viaggio rappresenta per Kimsooja la tessitura di nuove relazioni e la "donna ago", immobile in mezzo alla folla delle grandi metropoli, funge da barometro delle reazioni umane. È il medium che trasforma l'invisibile in esperienza condivisa e costringe le persone a riflettere sulla realtà. Una realtà, che, a prima vista, sembra la stessa ovunque, ma così non è.
Nonostante la globalizzazione in atto, le reazioni dei passanti sono, infatti, ancora strettamente legate alla cultura di appartenenza. Gli abitanti di New York, Londra e Tokyo si caratterizzano per l'andatura frettolosa, per un forte individualismo. Nelle loro vite non c'è più posto per la sorpresa e la strada è il luogo meno indicato per la socializzazione. In città altrettanto affollate, ma meno cosmopolite, come Il Cairo, Delhi, Città del Messico e, soprattutto, Lagos, la presenza muta di Kimsooja suscita molte più reazioni. La gente si ferma, la guarda, cerca di attirare la sua attenzione. Ma l'artista non risponde e non può farlo. Come un ago (prolungamento del corpo), Kimsooja penetra nel tessuto urbano, lascia dietro di sé un filo di reazioni, pensieri e sensazioni (le tracce della mente), poi se ne va perché la sua opera di mediazione è finita. La riflessione, se ci sarà, sarà individuale, intima.
Kimsooja mostra lo stesso atteggiamento distaccato e contemplativo anche nei video realizzati in contesti naturali, dove la folla lascia posto all'infinito. Si avverte tuttavia un senso di poetica malinconia.
In A Needle Woman / Kitakyushu (1999), l'artista appare sdraiata, e di spalle, su una roccia. Il primo pensiero è per Caspar David Friedrich, ma non c'è nessuno sgomento romantico di fronte all'immensità dell'universo, quanto una serena accettazione della transitorietà della vita. Uomo e natura sembrano tutt'uno.
In A Laundry Woman / Yamuna River, Delhi (2000), Kimsooja, di spalle, immobile, osserva il fluire del fiume su cui galleggiano i fiori e i doni che gli indiani offrono ai defunti. Un modo per celebrare la vita e la morte, senza scordare la caducità dell'esistenza.
L'esposizione si chiude con Mandala (2002), un'installazione sonora in cui Kimsooja cerca di fondere le due anime del mondo, quella occidentale e quella orientale. L'oggetto, tutt'altro che spirituale, ha l'aspetto di un juke-box. Ma da esso emanano i canti dei monaci tibetani. Auspicio per un mondo più ricco, positivamente globalizzato, dove le differenze anziché annullarsi, coesistono.
La mostra è stata voluta da Jean-Hubert Martin, consulente artistico del PAC. Prima di arrivare a Milano, è stata presentata a Lione e Düsseldorf. L'ideatore del progetto è, infatti, Thierry Raspail, direttore del Musée d'Art Contemporain de Lyon.
Al piano superiore del PAC si possono vedere le opere di Mario Airò (Là ci darem la mano) e Francesco Vezzoli (Francesco by Francesco), vincitori, rispettivamente, del Premio Acacia 2003 e 2004. Un atto d'amore dei collezionisti italiani per il futuro Museo d'Arte Contemporanea di Milano, cui le opere sono destinate.
Alla mostra sono abbinati concerti e attività didattiche. Anche queste iniziative sono gratuite.