Mostre di arte moderna e contemporanea

Alfredo Jaar. It is difficult

3 ottobre 2008 - 25 gennaio 2009

Hangar Bicocca
Viale Sarca 336 (ingresso Via Chiese), Milano
Info. 02-853531764
Orari: mar-dom 11-19, gio 14:30-22, lunedì chiuso

Spazio Oberdan
Viale Vittorio Veneto/Piazza Oberdan, Milano
Tel. 02-77406300
Orari: 10-19, mar e gio 10-22, lunedì chiuso

La mostra che Milano ha deciso di dedicare all'artista cileno Alfredo Jaar ha una forte valenza politica e sociale. Oltre a essere frutto della collaborazione tra due istituzioni molto diverse tra loro, l'Hangar Bicocca e lo Spazio Oberdan, una privata e l'altra pubblica, affronta, infatti, tematiche molto impegnative, che hanno a che fare col ruolo dell'arte e della cultura come motori di riflessione e di cambiamento. L'artista pensa, infatti, che ci sia una strettissima relazione tra etica ed estetica e che la realtà possa essere raccontata ma anche modificata. Perché questo succeda però sia chi realizza opere d'arte che chi le guarda deve mostrarsi ricettivo e soprattutto critico nei confronti di temi difficili come ingiustizie, genocidi, emergenze umanitarie, che i canali di informazione tradizionale spesso dimenticano o trattano con superficialità. Il nostro mondo infatti ha bisogno di persone attive e responsabili che non mettano la testa sotto la sabbia o fingano di non vedere quali e quanti sono i sopprusi nei confronti dei più deboli.

La rassegna, che è la più ampia mai realizzata in Italia su questo autore, è stata curata da Gabi Scardi e Bartolomeo Pietromarchi in collaborazione con l'artista, che ha scelto di mostrare al pubblico una selezione di tutti i suoi lavori più importanti.
Oltre alle opere esposte all'Hangar Bicocca e allo Spazio Oberdan, che sono rappresentative di 20 anni di impegno e lavoro, Jaar ha realizzato anche un progetto specifico per Milano, "Questions Questions", di cui fanno parte l'affissione di manifesti in spazi pubblici, la distribuzione di poster e cartoline, la proiezione di video e dibattiti. Le domande che Jaar pone a se stesso e a noi, che viviamo in questa città, riguardano la cultura, la sua importanza, le sue responsabilità o eventuali connivenze.
Chi vuole, può lasciare il proprio commento in un apposito contenitore allo Spazio Oberdan o su un sito internet appositamente realizzato.

Quello pensato per Milano non è il primo progetto pubblico di Jaar. L'artista infatti, fin dagli esordi in Cile, ha cercato di comunicare apertamente nelle strade ciò che vedeva e provava. E oggi, che è famoso, continua a farlo con la stessa forza e la stessa passione.
Alla base di tutto c'è la consapevolezza di essere confuso, perso, di non riuscire a trovare un perché a certe situazioni, che appaiono assurde, ispiegabili e ingiuste. Ma soprattutto la certezza che l'arte non sia qualcosa di avulso ed estraneo dalla realtà, ma uno spazio di azione dotato di un livello di libertà molto ampio, che le dona voce, forza e pregnanza. Perché questo accada però i suoi messaggi devono essere semplici e diretti, strutturati in modo tale che, dopo averli visti, sia davvero difficile tirarsi indietro, fingere che non sia successo niente.
Utilizzare un mezzo piuttosto che un altro (foto, film, video, installazioni, manifesti) non fa differenza. L'importante è che il messaggio non si disperda, venga comunicato e dia i suoi frutti. Che all'osservazione segua sempre una riflessione, una presa di posizione e, se possibile, un'azione.
Per rendere i suoi lavori ancora più incisivi, spesso Jaar si affida soltanto alle parole ed elimina del tutto le immmagini. I media contemporanei, i governi e le corporation ci bombardano, infatti, quotidianamente con così tante immagini che non riusciamo più a distinguerne una dell'altra, a capire veramente cosa è vero e cosa è falso.

Le opere esposte allo Spazio Oberdan, realizzate tra il 1994 e il 2000, raccontano l'Africa e le relazioni che questo continente, bellissimo ma segnato da profonde ferite, intreccia con il mondo occidentale.
La critica nei confronti di importanti testate internazionali, come "Newsweek", "Life" ecc., ree di aver taciuto stragi e massacri, si accompagna a installazioni e filmati di grande forza e bellezza, come The Eyes of Gutete Emerita (1996), che racconta la tragedia di una famiglia attraverso gli occhi di una donna, o Muxima (2005), che mostra come si possa andare avanti e vivere anche in condizioni così drammatiche e disagiate. Spesso, infatti, basta dare un'occhiata al cielo (An atlas of Clouds, 2006), agli splendidi paesaggi dell'Africa (Field, Road, Cloud, 1997), o stringersi in un abbraccio amico (Embrace, 1996), per continuare a sperare.

Lo scacchiere geografico si amplia all'Hangar Bicocca, dove sono esposte le opere di maggiori dimensioni, che Jaar ha realizzato dal 1986 a oggi. Le tragedie di chi vive in Nigeria in mezzo a rifiuti tossici che arrivano dall'Italia (Geography = War, 1991), o in Sudan, preda degli avvoltoi (The Sound of Silence, 2006), sono affiancate, infatti, da quelle dei minatori del Brasile (Introduction to a Distant World, 1985; Out of Balance, 1989), costretti a lavorare in condizioni disumane per estrarre l'oro che alimenta le borse internazionali, e da quelle degli esuli dal Vietnam (Untitled - Water, 1990), che cercano rifugio e salvezza a Hong Kong ma trovano soltanto un'altra galera.
L'Africa torna a scuotere le nostre menti e i nostri cuori nel Cubo dell'Hangar Bicocca, dove è esposta l'installazione Emergencia del 1998. Una piscina nera e liquida da cui emerge, poco a poco, la sagoma del "continente nero". Nero per il colore della pelle dei suoi abitanti, ma non certo per l'anima, sicuramente più bella e pulita della nostra.
La critica al mondo occidentale e alla sua mancanza di valori si ritrova anche in altre opere, come A logo for America del 1987, che rappresenta una denuncia del consumismo e della pubblicità, e Lament of the Images (2002), che mette in risalto la nostra incapacità di vedere la realtà al di fuori dei media. E questo è molto pericoloso dato che questi canali non sono mai neutri ma pilotati da poteri pubblici e privati, che non hanno nessun interesse a mostrarci la verità.

"It is difficult" è accompagnato da un vasto programma di visite guidate e laboratori. Il 21 gennaio 2009 si terrà inoltre, al Teatro Litta, un importante convegno, durante il quale si discuterà in merito agli stimoli offerti da Jaar.
Il catalogo della mostra, che uscirà in novembre, è pubblicato dalle Edizioni Corraini. Esiste però già ora una piccola guida, che ha lo scopo di illustrare al pubblico il lavoro di questo autore profondamente impegnato, che ha scelto di guardare in faccia la realtà e combattere le ingiustizie con le armi dell'arte.

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