Mostre di arte moderna e contemporanea

Mario Giacomelli. La figura nera aspetta il bianco

15 gennaio - 22 marzo 2009

Forma - Centro Internazionale di Fotografia
Piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano
Tel. 02-58118067
Orari: 11-21, gio 11-23, lunedì chiuso

I grandi artisti non hanno bisogno di andare lontano per trovare ispirazione per le loro opere e realizzare grandi capolavori. In ogni campo della cultura e dell'arte si possono trovare, infatti, autori straordinari, che hanno creato dal nulla e con pochi mezzi opere uniche e impareggiabili. È questo il caso di Giorgio Morandi, di cui sta per essere inaugurata una bella mostra al MAMBo di Bologna", ma anche quello di Mario Giacomelli, che è riuscito a dar vita a immagini poetiche ed emozionanti, quasi tutte ambientate a Senigallia e dintorni. È qui, infatti, nella sua città natale, che questo grande fotografo marchigiano, scomparso nel 2000, ha realizzato alcune delle sue serie più note, che hanno preso in prestito i titoli dai versi di Cesare Pavese e David Maria Turoldo: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1954-68), che narra la triste realtà dell'ospizio dove sua madre lavorava come lavandaia, e Io non ho mani che mi carezzino il volto (1961-63), che racconta un momento di ricreazione e felicità all'interno del Seminario vescovile di Senigallia.

La mostra allestita da Forma, che costituisce l'anteprima di un tour internazionale, propone al visitatore "un viaggio appassionante nella fotografia di Mario Giacomelli... nella sua intima e profonda poesia, nel suo furore creativo". Si possono vedere, infatti, oltre 200 tra le sue opere più importanti, tutte in formato originale. Ecco allora, oltre a quelle di cui abbiamo già parlato, le foto che l'artista ha realizzato sulla spiaggia di Senigallia nel 1953, dopo aver comprato la sua prima macchina, le immagini dedicate a Lourdes (1957 e 1966), a Scanno (1957-59), ai contadini de La buona terra (1964-66), le serie ispirate alle poesie ("Il canto dei nuovi emigranti" 1985; Io sono nessuno!, 1992-94; Ritorno, 1999-2000 ecc.), che Giacomelli amava tanto e di cui fu anche autore, il paesaggio marchigiano, che non si stancò mai di fotografare giungendo a risultati prossimi all'astrazione.

A questi lavori straordinari, che testimoniano il talento di uno dei più dotati fotografi italiani, molto apprezzato anche all'estero, sono affiancate alcune opere inedite, raccolte in serie (Il volo lento della farfalla, 1984-85; Territorio del Linguaggio, 1995; Così come la morte, 1999) o ancora da collocare (Per Poesie), che dimostrano, una volta di più, come Giacomelli sia stato, per tutta la vita, un grande inventore di immagini.

A spingerlo su questa strada era stato il neorealista Pietro Donzelli, uno dei fondatori dell'Unione Fotografica Italiana, che, nel 1956, gli aveva suggerito di mostrarsi ricettivo nei confronti dei suoni e delle voci del mondo, di raccontare personaggi e cose con pochi elementi e attraverso sequenze di immagini. Ma queste indicazioni, davvero preziose, non avrebbero avuto risultati così strepitosi se Giacomelli non avesse avuto dentro di sé una sensibilità particolare, che, unita alla passione per la poesia, il mondo rurale e le piccole storie di ogni giorno, lo ha portato alla realizzazione di opere indimenticabili, che traggono forza dalla "tensione tra le figure nere e il bianco di fondo" e da una toccante matericità, che, come la vita, sembra sempre sul punto di sgretolarsi e svanire.

La rassegna, curata da Alessandra Mauro in collaborazione con l'Archivio Giacomelli di Senigallia, è accompagnatata da un bel catalogo, edito da Contrasto. Al suo interno, oltre alla biografia dell'artista, raccontata dal figlio Simone, e alla riproduzione di buona parte delle immagini esposte, si possono trovare, infatti, interessanti testi critici, scritti da Roberta Valtorta, Paolo Morello, Ferdinando Scianna, Christian Caujolle, Alistair Crawford, Goffredo Fofi e Alessandra Mauro.

L'antologica su Giacomelli è affiancata da un'altra rassegna di grande spessore, "Una fantastica ossessione. L'archivio di Italo Zannier nella collezione della Fondazione di Venezia", che racconta la storia della fotografia partendo dalle immagini e dai testi, che Italo Zannier, uno dei più noti studiosi di questo genere artistico, ha raccolto nel suo archivio, oggi di proprietà della Fondazione di Venezia.

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