Mostre di arte moderna e contemporanea
Safet Zec. Capolavori senza tempo
24 maggio - 15 luglio 2012
Rotonda della Besana
Via Besana 12, Milano
Tel. 02-43353522
Orari: mar-dom 9:30-19:30, gio 9:30-22:30, lun 14:30-19:30. Dal 24 maggio al 3 giugno ingresso libero
In attesa di essere trasformata in uno spazio completamente dedicato ai bambini, la Rotonda della Besana ci propone ancora una bella mostra, dedicata all'artista bosniaco Safet Zec, che da diversi anni vive in Italia.
L'esposizione, che è curata da Stefano Zuffi e Lorenza Salamon, si snoda su due binari paralleli, che hanno a che fare con le sue vicende personali e con le tematiche più ricorrenti della sua arte, che sono comunque strettamente connesse alla sua vita dato che ripropongono le cose che ha visto e le sensazioni che ha provato. Il suo percorso umano e artistico, infatti, non può prescindere dalle ferite che la storia e gli uomini hanno inferto alla sua terra d'origine.
A questi due percorsi, che spesso si intrecciano, se ne può aggiungere anche un altro, legato ai materiali da lui utilizzati. Una sezione della mostra è dedicata, infatti, all'incisione, di cui Safet Zec è stato, ed è tuttora, un grande maestro, capace di passare con disinvoltura dall'acquatinta alla cera molle, dalla punta secca all'acquaforte. Una tecnica che aveva cominciato a praticare molto presto, quando aveva solo 15 anni, colpito da un lavoro di Rembrandt. Lo stesso autore a cui viene dedicato un omaggio anche in questa mostra.
L'itinerario espositivo si apre con "Il tempo dei sogni", che propone alcuni lavori che Safet Zec ha realizzato negli Anni Settanta, un periodo felice e sereno della sua vita, che trova riscontro in interni familiari, giardini, alberi e case in riva al mare.
La guerra non è ancora arrivata, ma è lì a un passo e la ritroviamo nella sezione dedicata al passaggio "Dai Balcani alla Serenissima", dove si possono ammirare le opere create negli Anni Novanta, che raccontano il dolore e la disperazione di uomini e donne che hanno perso tutto e sono costretti a lasciare dietro di sé i propri affetti e le proprie cose.
Lo sdegno, la sofferenza e la commozione che Safet Zec prova per le drammatiche vicissitudini dei suoi connazionali, che ha saputo trasferire su tela con straordinaria intensità e partecipazione, si stemperano nelle aree dedicate a "Il sapore della vita" e al "Mestiere della pittura", dove l'artista ripropone cose semplici, quotidiane, come piatti, stoviglie, pani e gli attrezzi del suo lavoro, come se volesse far ritorno alla normalità dopo tanto patire.
Di questa normalità fanno parte anche le porte, i muri e le finestre di Venezia, la città dove ha cercato rifugio dalla brutalità e cattiveria degli uomini. Sono "Facciate" anonime, rovinate dal tempo, che non appartengono certo a edifici fastosi, ma, con la loro solidità trasmettono comunque un senso di pace, sicurezza e tranquillità. Quella che i perseguitati, i profughi e i senza tetto hanno perso da tempo.
Il rifugio nel quotidiano, che sembra essere uno dei temi più sentiti da questo pittore, lascia spazio col tempo a una nuova inquietudine, che sembra portare l'artista a interrogarsi su una realtà altra, tutt'altro che tranquillizzante. In queste opere, che sono abbastanza recenti, l'artista sembra, infatti, meditare sul concetto di assenza, in un gioco di verità ed evocazione, che fa presagire un momento di desolazione, perdita, abbandono, morte, che tuttavia non ha la potenza dei dipinti degli Anni Novanta, in cui la gente piange, urla e si dispera, ma, forse, crede ancora nella possibilità di un cambiamento. L'aria che si respira, infatti, è quella dell'impotenza e della rassegnazione. Di una malinconia senza fine e senza tempo.
La mostra, che è stata presentata in concomitanza con la visita del Santo Padre, che sarà a Milano per il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, è affiancata da un'altra personale, dedicata all'arte incisoria di Safet Zec, ospitata alla Fondazione Federica Galli (Viale Bianca Maria 26).