Storia dell'arte: arte del dopoguerra
Espressionismo Astratto: caratteristiche principali
L'Espressionismo Astratto è una delle più importante correnti artistiche del dopoguerra.
Sviluppatosi in America, rappresenta il fenomeno di punta nel generale clima di affermazione della pittura non figurativa, che ha caratterizzato la seconda metà degli anni '40 e gli anni '50.
La denominazione è stata usata per la prima volta dal critico Robert Coates in un articolo su New Yorker, e poi ripresa da Clement Greenberg, teorico e grande sostenitore. Sinonimo è il termine "Action painting" (pittura d'azione), coniato nel 1952 dal critico Harold Rosenberg. Ulteriore denominazione è "New York School" (scuola di New York), che mette in risalto la centralità di New York nella genesi del fenomeno, a dispetto delle provenienze disparate degli artisti che ne hanno fatto parte.
Nella sua genericità, il termine "Espressionismo Astratto" ha il pregio di evidenziare due attributi fondamentali di tutta la corrente:
Per il tipo particolare di astrattismo, in cui non appaiono forme definite, l'Espressionismo Astratto viene accomunato all'Informale europeo. Se ne differenzia per il senso di libertà dalla tradizione e il respiro più ampio, elementi da correlare al contesto americano in cui è nato.
I suoi esponenti appartengono a una generazione formatasi artisticamente negli anni '30, sotto l'influenza di vari fattori: la depressione americana, la pittura murale messicana, il Surrealismo, la psicanalisi jungiana, i simboli e i riti degli indiani d'America, ecc. Ad animarli è il rifiuto delle principali convenzioni estetiche allora in voga e un nuovo atteggiamento nei confronti del fare arte.
Gli espressionisti astratti hanno una visione dell'arte libera da contingenze storiche, sociali, politiche ed estetiche.
La loro concezione dell'arte non mira alla rappresentazione intellettuale della realtà esteriore, come il Cubismo. Non si propongono nemmeno di raffigurare le immagini dei sogni e dell'inconscio, come il Surrealismo.
L'arte consiste nell'atto stesso del dipingere. Al centro del lavoro è l'individualità dell'artista, che si pone in una condizione di rischio, mette in gioco la propria esistenza in senso psicologico e spirituale. Luogo di esistenza dell'artista e dell'arte è il quadro, spazio libero da convenzioni estetiche, in cui l'artista convoglia le proprie emozioni e la propria energia vitale.
Particolarmente esplicativa in tal senso è la denominazione "Action painting", perché sottolinea l'urgenza dell'azione per l'artista. "Azione" non in senso motorio, gestuale, come è stato spesso equivocato, ma in senso psicologico ed esistenziale.
L'artista esiste non perché raffigura qualcosa, ma perché sceglie di agire. "Azione" intesa come assunzione del rischio di dipingere il quadro senza un progetto, lasciando che il quadro nasca e si riveli al momento. "Azione", quindi, come auto-conferma dell'esistenza dell'artista.
La concezione dell'opera d'arte come azione vitale e liberatrice, in cui l'artista è coinvolto con tutta la sua personalità, è l'aspetto fondamentale alla base di tutto l'Espressionismo Astratto. Da esso discendono altre caratteristiche:
Il fatto di concepire l'opera d'arte come luogo dell'azione è comune a tutti i vari esponenti dell'Espressionismo Astratto. Nondimeno, all'interno della corrente si sono fatti strada modi diversi di interpretare tale atteggiamento. Alla fine degli anni '40, in coincidenza con l'elaborazione di uno stile maturo da parte degli autori, hanno cominciato a delinearsi alcuni indirizzi. A dominare la scena sono stati essenzialmente due: