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Una nuova era per la collezione d'arte dell'Accademia cominciò con l'avvento del dominio napoleonico.
Numerose chiese e monasteri vennero chiusi. Ordini religiosi furono soppressi. I beni di appartenenza vennero requisiti, e tra questi anche le opere d'arte.
All'inizio le opere d'arte vennero selezionate e le migliori inviate a Parigi. In un secondo tempo Napoleone decise di promuovere la creazione di musei decentrati nelle città principali. In Italia sorsero così le grandi Gallerie di Venezia, Bologna e Milano. Quella di Milano, in particolare, doveva svolgere il compito di compendio della produzione artistica italiana.
Nel 1805, fu nominato Commissario per le Belle Arti Andrea Appiani. A Brera cominciarono ad affluire da ogni parte dipinti di pregio e affreschi staccati. Ad essi nel 1806 si aggiunsero anche le opere acquistate per decreto del viceré Eugenio Beauharnais. Tra esse lo Sposalizio della Vergine di Raffaello e una Madonna col Bambino di Giovanni Bellini.
Nel 1807 Bossi si dimise. L'afflusso di opere proseguì e si cominciò a pensare all'apertura della pinacoteca al pubblico.
Brera col tempo cominciò a trovarsi alle prese con seri problemi di spazio. Così nel 1808 venne deciso il sacrificio dell'antica chiesa di Santa Maria, suddivisa in due piani all'altezza delle navate per realizzare i grandi "Saloni Napoleonici". Il 20 aprile 1810 venne finalmente inaugurata la Reale Pinacoteca Nazionale del Regno Italico.
Negli anni seguenti l'opera di spoliazione proseguì. Per Brera fu un torrente di tesori d'arte in arrivo. Il periodo d'oro furono gli anni 1811-12.
Nel 1813 cominciò anche la politica dei cambi con altre istituzioni, tra cui le Gallerie di Venezia e Bologna. Dal Museo imperiale di Parigi arrivarono alcune tele significative di autori stranieri allo scopo di fornire una panoramica il più completa possibile: il Ritratto della sorella di Rembrandt, l'Ultima cena di Rubens e 2 opere di van Dyck. |