Mostre di arte moderna e contemporanea
Josef Koudelka. Invasione. Praga 68
19 giugno - 7 settembre 2008
Forma - Centro Internazionale di Fotografia
Piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano
Tel. 02-58118067
Orari: 10-20, gio-ven 10-22, lunedì chiuso
Il 21 agosto 1968 per Praga non fu certo un giorno qualunque. I carri armati sovietici irrupero, infatti, per le vie e le piazze della città seminando ovunque panico e distruzione.
Josef Koudelka, un giovane moravo, che aveva lasciato da poco il lavoro di ingegnere aeronautico per dedicarsi alla fotografia, era appena tornato dalla Romania, dove era andato per documentare la vita degli zingari, quando, improvvisamente, si trovò catapultato nella "storia".
Fino ad allora si era occupato di fotografare attori e scene teatrali, cikáni e feste religiose, ma quello che stava succedendo nella città in cui viveva era così orribile e inaspettato, che non potè fare a meno di scendere in strada e scattare una foto dietro l'altra.
Era tutto così impensabile, così inaudito, che non si poteva far finta di niente. Era necessario lasciare una traccia, raccontare al mondo quello che stava capitando, cercare aiuti e sostegni. Le cose tuttavia andarono diversamente.
Nessuno, nemmeno l'URSS poteva permettersi di invadere la Cecoslovacchia, anche se questo paese ricadeva nell'area di influenza sovietica e, infatti, l'occupazione fu condannata pure dal Partito Comunista locale. Eppure nessuno mosse un dito e i paesi occidentali si limitarono a fare blande proteste verbali.
La Guerra Fredda, il timore dell'uso di armi nucleari erano deterrenti molto persuasivi e il fatto che non ci fossero prove documentarie era di grande aiuto per chi voleva "nascondere la testa sotto la sabbia". Il governo sovietico aveva dichiarato, infatti, che si trattava di un'operazione di pace, che aveva lo scopo di difendere gli interessi socialisti ed era perfettamente in linea coi patti sottoscritti dai Paesi alleati.
Le foto che Koudelka scattò in quei giorni di dolore e diperazione riuscirono a passare la frontiera clandestinamente soltanto nel 1969 e, grazie a Elliott Erwitt, che era presidente di Magnum Photos, vennero pubblicate sulle principali testate internazionali. Nessuno sapeva però chi le avesse fatte. Uscirono, infatti, con iniziali anonime, "P.P.", che volevano dire "Fotografo di Praga".
Ci vollero 16 anni e la morte del padre perché Koudelka potesse gridare al mondo di essere l'autore di quelle foto incredibili. Fino al 1984, infatti, benché fosse riuscito a lasciare la Cecoslovacchia da 14 anni e riparare a Londra e poi a Parigi, preferì evitare qualsiasi riferimento alla sua persona per non dannneggiare i suoi familiari, che risiedevano ancora nel paese natio.
Dai truci eventi della "Primavera di Praga" sono passati ormai 40 anni e di cambiamenti ce ne sono stati davvero tanti. Il muro di Berlino non c'è più, la distinzione tra destra e sinistra lascia il tempo che trova e anche la Russia è cambiata drasticamente. Il mondo però è ancora in guerra. Lotte, sopprusi, invasioni sono infatti all'ordine del giorno e il dolore, la morte, le distruzioni non sembrano avere fine. Ecco perché non bisogna abbassare la guardia e neppure dimenticare. Ben venga quindi questa rassegna, allestita al Centro Forma, che, per la prima volta, mostra in Italia tutte le foto che Koudelka ha scattato nei giorni dell'invasione della Cecoslovacchia.
Le immagini, forti e crude, raccontano la protesta, la rabbia, la disperazione e il pianto dei cittadini di Praga, che il 21 agosto si riunirono nelle piazze per cercare di arrestare l'avanzata delle truppe e dei carri armati sovietici, che, in una sola giornata, lasciarono sul selciato 17 morti e 52 feriti.
Le inquadrature sono convulse, rapide, concitate, febbrili. E la loro forza sta tutta lì. Nella verità di queste immagini, che lasciano poco spazio all'estetica o alla ricerca della composizione perfetta. Lo scopo di Koudelka, infatti, non è quello di fare un'operazione artistica, ma di raccontare tutto il possibile documentando fatti e momenti, persone e cose.
C'è, il tempo dell'attesa, della lotta, della fuga. La città, infatti, che inizialmente è affollata di gente che vuole sapere, confrontarsi, agire, ben presto si svuota. Diventa una terra di nessuno, preda delle truppe e dei carri armati, che lasciano dietro di sé rovine, incendi, persone sconvolte, feriti. Una scena di guerra, che avrebbe potuto avere un bilancio ben più pesante se si fosse arrivati allo scontro armato.
Koudelka, che, come tanti altri, è riuscito a lasciare il Paese, è entrato a far parte della Magnum e ha viaggiato a lungo in Europa fotografando, come faceva un tempo, zingari, feste religiose e popolari, paesaggi urbani e rurali.
Il riconoscimento della paternità del servizio sull'invasione di Praga ha contribuito a fare di lui uno dei fotografi più noti e apprezzati al mondo. E anche uno dei più premiati. Molti sono stati, infatti, i riconoscimenti internazionali che ha ricevuto per il suo lavoro, giustamente considerato come una delle testimonianze più forti della storia del '900 e anche di quella della fotografia.
La mostra, che è stata realizzata in collaborazione con Magnum Photos, è accompagnata da un catalogo edito da Contrasto.