Mostre di arte moderna e contemporanea
Calder
23 ottobre 2009 - 14 febbraio 2010
Palazzo delle Esposizioni
Via Nazionale 194, Roma
Tel. 06-4828757
Orari: mar-mer-gio e dom 10-20, ven-sab 10-22:30, lunedì chiuso
Nato in una famiglia di artisti, che cercavano in tutti i modi di incoraggiare la sua creatività, Alexander Calder (1898-1976) avrebbe potuto amare o odiare l'arte. Per fortuna, dopo essersi laureato in ingegneria e aver fatto diversi lavori, nel 1923 decise di iscriversi all'Art Student League di New York e dare libero sfogo a quelle capacità che aveva dimostrato di avere fin da piccolo. I suoi primi lavori, un'anatra e un cagnolino, risalgono, infatti, al 1909, quando aveva solo 11 anni, e non sono poi così distanti da quelli che avrebbe fatto dopo. Il primo, infatti, realizzato ritagliando una lastra di ottone, mostra già quelle proprietà cinetiche, che, riviste e rielaborate, sarebbero diventate la caratteristica saliente dei suoi Mobiles.
Un altro evento, che ha avuto grande importanza nell'evoluzione della sua poetica, è stato il lavoro svolto per la "National Police Gazette", che, nel 1925, gli affidò l'incarico di seguire, come disegnatore, le esibizioni di alcuni protagonisti del circo, che lavoravano per il Barnum & Bailey e il Ringling Brothers.
Calder, infatti, rimase così profondamente impressionato da quella esperienza che, nel 1926, quando si era ormai trasferito a Parigi, cominciò a realizzare un "circo personale" in miniatura utilizzando filo metallico, stoffa, cuoio e materiali di recupero.
Era così affezionato a queste piccole sculturine, che le portava sempre con sé allestendo ovunque i suoi spettacoli. La sua prima "performance", eseguita a Parigi per alcuni amici e conoscenti, aveva avuto, infatti, un successo così grande, che gli fu chiesto più volte di ripeterla in altre città.
Gli animali e i personaggi del circo furono presto seguiti da veri e propri ritratti, eseguiti sempre col fil di ferro, che cominciarono a richiamare l'attenzione dei galleristi. Dopo la prima personale, che ebbe luogo alla Weyhe Gallery di New York nel 1928, Calder ne tenne, quindi, molte altre, non soltanto in America, ma anche in Europa.
Durante i suoi viaggi aveva avuto modo di stringere relazioni e contatti con importanti personaggi della cultura e dell'arte, come Joan Miró, Fernand Léger, James Johnson Sweeney e Marcel Duchamp. Nel 1930 aveva avuto inoltre occasione di visitare lo studio di Piet Mondrian e quell'incontro aveva segnato un'altra tappa fondamentale del suo percorso artistico. La visione dei rettangoli colorati che l'artista olandese usava per elaborare i suoi dipinti gli instillò, infatti, un profondo interesse per l'astrazione.
In un primo tempo, tentò la via della pittura, ma capì subito che non faceva per lui. Cominciò quindi a realizzare sculture astratte di tipo cinetico. Quelle per cui Marcel Duchamp coniò il termine Mobiles.
Le prime erano azionate da manovelle e motori, ma gli elementi meccanici lasciarono ben presto spazio alla natura. Calder si rese conto, infatti, che le correnti d'aria o il passaggio delle persone potevano produrre un movimento oscillatorio analogo con maggior leggerezza e poesia.
Più o meno nello stesso periodo, Calder cominciò a produrre anche alcune opere statiche, che Arp decise di chiamare col nome di Stabiles per distinguerle dalle precedenti, e alcune sculture di grandi dimensioni, che, in seguito, gli aprirono le porte di importanti commissioni pubbliche, come quella per il Padiglione spagnolo alla Fiera mondiale di Parigi (1937), per l'aereoporto di Idlewild (oggi J.F. Kennedy, 1957), per la sede dell'Unesco (1958), per la città di Spoleto (1962), per l'Expo di Montréal (1967), per lo Stadio Azteco di Città del Messico (1968) ecc.
L'inizio della seconda guerra mondiale e la penuria dei materiali solitamente impiegati per la realizzazione delle sue sculture, indusse Calder all'utilizzo del legno. Nacque così un'altra importante serie di opere, quella delle "Costellazioni", che l'artista propose nel 1943 alla sua ultima mostra presso la Pierre Matisse Gallery di New York, che, per diversi anni, ebbe l'esclusiva del suo lavoro. Il compito di rappresentarlo sarebbe passato poi alla Buchholz Gallery di Curt Valentin (1943-1954), alla Pearls Gallery (1954-1976) e alla Galerie Maeght di Parigi (1950-1976).
Gli anni '40 e '50 furono anni molto prolifici e di grandi soddisfazioni. La mostra che il Museum of Modern Art di New York gli aveva dedicato nel 1943, lo aveva consacrato, infatti, tra i principali interpreti del suo tempo e questo gli aveva garantito la commissione di molte opere monumentali e la possibilità di esporre in importanti musei internazionali, come il Guggenheim Museum di New York (1964) e la Fondation Maeght di Saint-Paul-de-Vence (1969). L'ultima retrospettiva dell'artista si tenne nel 1976 al Witney Museum. Intitolata "Calder's Universe" anticipò di poche settimane la morte di questo autore, che, come ha detto James J. Sweeney, ha conquistato il mondo dell'arte con la sua allegria, il suo umorismo, la sua forza vitale.
La mostra allestita a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, offre la straordinaria opportunità di vedere riunite oltre 100 opere di Calder, che arrivano da importanti collezioni pubbliche e private, tra cui la Calder Foundation.
Il percorso espositivo, strutturato in senso cronologico, consente di ripercorrere le tappe principali della carriera di questo grandissimo artista americano dagli anni '20, quando realizza le prime ironiche e giocose sculture in fil di ferro (Wire Sculpture) di acrobati, animali, amici e conoscenti, alla fine degli anni '60, quando dà vita a La Grande Vitesse della città di Grand Rapids, uno dei suoi più noti e imponenti Stabiles.
Ampio risalto viene dato alle opere degli anni '30, che evidenziano il suo interesse per l'astrattismo e le forme biomorfe di derivazione surrealista, e soprattutto ai famosissimi Mobiles, che l'artista ha realizzato durante l'intero arco della sua attività armonizzando forma, colore e movimento in un insieme al tempo stesso essenziale e mutevole, che costituisce l'esatto opposto dei suoi Stabiles, anch'essi presenti in mostra, come del resto lo sono alcuni Standing Mobiles, che sono sculture in movimento ancorate a terra, e alcune celebri Constellations del 1943.
Tra tanti capolavori, non mancano comunque le opere inedite e le sorprese, rappresentate da alcuni dipinti e guaches su carta, che risalgono ai primi anni di attività di Calder, da alcuni piccoli bronzi di contorsionisti e acrobati, che l'artista ha eseguito nel 1930 dimostrando grande interesse per la sperimentazione di materiali diversi, da alcune sculture esposte al Museum of Modern Art nel 1943 e da alcuni gioielli, creati per amici e familiari.
La mostra, curata da Alexander S. C. Rower, presidente della Calder Foundation di New York, è accompagnata da un bel catalogo, pubblicato da Motta edizioni, che contiene diversi contributi critici, tra cui quello di Giovanni Carandente, scomparso lo scorso giugno.