Mostre di arte moderna e contemporanea
Edward Hopper
16 febbraio - 13 giugno 2010
Museo Fondazione Roma
Via del Corso 320, Roma
Tel. 06-6786209
Orari: lun 10-18, mar-gio 10-20, ven-sab 10-22
Dopo il grande successo riscosso a Milano, arriva finalmente a Roma una delle mostre più attese dagli appassionati d'arte, quella dedicata a Edward Hopper, uno dei maggiori interpreti del realismo americano.
Curata da Carter Foster, che è conservatore del Whitney Museum of American Art di New York, che possiede un gran numero di opere dell'artista, dono della moglie Josephine, ripercorre le tappe principali della produzione artistica di Hopper dagli anni di studio a Parigi agli anni '50 attraverso 170 opere, tra cui dipinti, incisioni e acquerelli. Hopper, infatti, nel corso della sua carriera, non si è dedicato soltanto alla pittura, ma ha affrontato con successo anche altre tecniche.
Ampio risalto viene dedicato al disegno che, nel suo caso, è spesso collegato ai lavori a olio. I suoi dipinti, infatti, anche se sembrano riprodotti dal vero, sono quasi sempre frutto di una lunga rielaborazione in studio, che gli consente di operare una sintesi tra situazioni e immagini, colte in diversi tempi e luoghi.
Quella che Hopper ci mostra nelle sue opere, che molti considerano tra le più riuscite rappresentazioni della soltudine e dell'incomunicabilità umana, è l'America della gente comune, vista attraverso gli oggetti e i luoghi del vivere quotidiano. Un'America provinciale e fuori moda, dove non esistono grattacieli, fabbriche e automobili, ma case coloniche, pompe di benzina, caffè e stanze d'albergo. Dove ogni giorno è uguale all'altro e il tempo sembra dilatarsi a dismisura, lasciando spazio per i ricordi, i rimpianti, i sogni, le domande di chi guarda e vorrebbe saperne di più. Queste scene, infatti, sono fredde, banali, avare di spiegazioni e dettagli, ma quello che le rende grandi è il fatto che in esse Hopper è riuscito a cogliere l'essenza dell'uomo, l'enigma che governa il mondo, a dar vita a un racconto, di cui ognuno, se vuole, può immaginare gli sviluppi e la fine.
Non è quindi un caso se i primi a intuire il talento narrativo di Hopper furono proprio i registi, Hitchcock in testa, che presero dai suoi dipinti più di uno spunto per i loro filmati. Un "plagio" che comunque non era certo a senso unico. Hopper, infatti, amava il cinema, il teatro, la fotografia e affrontava la progettazione della tela come se dovesse allestire un set cinematografico, ed è per questo che, quando si guardano i suoi lavori, si ha spesso l'impressione di vedere l'inquadratura di un film, il frammento di una storia.
La mostra è accompagnata da un'accurata documentazione della vita di Hopper, calata nel contesto storico, e da un bel catalogo, edito da Skira. Dopo Milano e Roma, si trasferirà in Svizzera, alla Fondation Hermitage di Losanna, dove resterà aperta dal 24 giugno al 17 ottobre 2010.