Georg Baselitz
Attività artistica di Georg Baselitz
Georg Baselitz viene ritenuto un tipico esponente del "neo-espressionismo" tedesco. Ma la sua personalità artistica è molto più complessa. Può essere vista, infatti, come la tipica espressione della volontà di confrontarsi liberamente con la pittura, al di fuori di ogni categoria formale e di ogni valore contenutistico-espressivo.
Alla base troviamo il tentativo di superare l'irriducibile contrapposizione tra pittura oggettiva ed astratta, tentativo comune, ad esempio, a Gerhard Richter.
Nel 1961 Georg Baselitz pubblica, con Eugen Schönebeck, il manifesto "Pandämonium", propugnatore di un polemico, quanto nostalgico, "Pathetiker Realismus".
La fisionomia del manifesto riflette bene il carattere delle opere: rappresentazioni di frammenti di corpi deformati e di materia morta o imputridita. Sotto le sembianze di malattia psichica e di oscenità viene a palesarsi un'aspra reazione anarchico-ribellista nei confronti di un certo atteggiamento borghese: quello stesso atteggiamento che sta alla base dell'imporsi della produzione informale, e delle incrostazioni che ne derivano. Contro di essa gli autori costruiscono una sorta di "contro-mondo", fatto di deformazione, stravolgimento, marciume, disgusto. In ciò appare evidente la delusione per la condizione di emarginazione cui è condannato l'artista che non si sottomette al generalizzato dominio informale. Una delusione particolarmente cocente per un artista fuggito dall'Est proprio per sottrarsi ad altri condizionamenti.
La prima fase pittorica di Baselitz giunge all'approdo finale col grande quadro Die große Freunde, espressione di una figurazione ricca di connotati simbolici e polemici, in aperta reazione al tachismo dell'epoca.
Dal 1966 per Baselitz il problema diventa quello di giungere ad una pittura svincolata da contenuti, esente da spunti aneddotici, da motivi realistico-descrittivi, evitando di cadere nella trappola della pittura non-figurativa. Primo passo su questa strada sono gli Streifenbilder dei tardi anni '60. In essi il soggetto appare scomposto in strisce, risistemate in maniera sfasata.
Il passaggio decisivo nella pittura di Baselitz consiste nel capovolgimento all'ingiù del soggetto dipinto, praticato a partire dal 1969. Capovolgimento come espediente formale provocatoria, ma al tempo stesso soluzione atta a distogliere l'attenzione dell'osservatore dal soggetto rappresentato, convogliandola sul quadro nel suo complesso.
Si potrebbe definirlo un procedimento di estraniamento. Con esso l'autore non si discosta da soggetti figurativi, ma impedisce l'adesione psicologica o sentimentale dello spettatore verso i soggetti stessi. L'ironia vuole che Baselitz venga definito "neoespressionista". In realtà, con i quadri capovolti, rinuncia proprio ad ogni intento espressivo.
Assume "motivi" elementari, svuotandoli di ogni valore naturalistico, simbolico o morale.
All'inizio si tratta di volti di amici, nudi maschili o femminili, paesaggi boschivi, alberi. Vengono dipinti in maniera definita e a tinte squillanti. Dalla seconda metà degli anni '70 entrano in campo motivi inusuali, abnormi, resi con tonalità monotone, talora torve, marciulente: aquile, mazzi di fiori, dittici con gigantesche teste raffrontate a bottiglie, rozze figure umane, grotteschi personaggi che mangiano arance (Orangenesser, 1981), fino all'assurdo Franz im Bett (Franz a letto), goffo personaggio a metà strada tra un uomo e una sorta di aquilotto spennacchiato.
Sul finire degli anni '80 l'indifferenza al motivo si dilata, al punto da tramutarsi in indifferenza alla tecnica e da non aver più bisogno di capovolgere l'immagine. Tratta le teste, case, sedie ecc., dipingendole accennate, diritte, sulla tela, su tavola. Giunge persino a scavare nel legno, come se si trattasse di una xilografia (45, 1989).