Mostre di arte moderna e contemporanea
I giganti dell'Avanguardia: Miró, Mondrian, Calder e le Collezioni Guggenheim
3 marzo - 10 giugno 2012
Spazio espositivo Arca
Ex Chiesa di San Marco
Piazza San Marco 1, Vercelli
Info. 0161-596333
Orari: lun-ven 8-19, sab-dom 8-20
Il fortunato accordo che da cinque anni lega la città di Vercelli e la Fondazione Guggenheim prosegue con successo e ci regala un'altra, piccola, mostra gioiello. Le opere, infatti, non sono tante - una quarantina tra dipinti e sculture - ma tutte di prima scelta. Un risultato che è la diretta conseguenza del fatto che sia Solomon che Peggy hanno sempre avuto un grande fiuto e hanno sempre scommesso su artisti che, in seguito, hanno riscosso molto successo. Proprio come Miró, Mondrian e Calder, che sono i protagonisti di questa rassegna.
La mostra, che prevede un percorso fatto di mini antologiche, presentate in base alla data di nascita dei tre artisti, si può vedere in entrambi i sensi, anche se si apre idealmente col 1948, l'anno in cui Peggy Guggenheim, che durante la guerra ha aperto a New York una galleria, chiamata "Art of This Century", decide di ritornare in Europa con la sua collezione e viene invitata a esporla al Padiglione Greco della Biennale di Venezia, che proprio quell'anno ha ripreso l'attività. In quell'occasione, infatti, vengono scattate alcune foto che dimostrano il suo attaccamento ad alcuni artisti e ad alcune opere, che sono quelle di Calder, Miró e Mondrian, tre autori che, per la loro poetica innovativa, sono considerati tra i principali protagonisti dell'Avanguardia del XX secolo.
Il primo artista che ci viene incontro è Mondrian, il padre del Neoplasticismo, che Peggy conobbe a Londra nel 1938, ma fu molto amato anche da Solomon, tanto è vero che nel 1971 il suo museo newyorchese ha ricordato il centenario di nascita dell'artista con un'antologica.
Le opere esposte all'Arca, molte delle quali arrivano dal Gemeentemuseum dell'Aia, invitano il visitatore a ripercorrere tutto il cammino percorso da questo artista straordinario, partito dipingendo alberi, paesaggi e nature morte (Natura morta con vaso di zenzero, 1911), che col tempo sono diventati sempre più astratti, trasformandosi in griglie (Oceano 5, 1915; Composizione con rosso, blu, nero, giallo e grigio, 1921; Composizione n. 1: losanga con quattro linee, 1930), che l'artista realizzava basandosi sull'effetto prodotto dallo spostamento sul muro di rettangoli di carta di colori puri. Quelli che Calder ha visto, nell'ottobre del 1930, nello studio parigino di Mondrian e lo hanno spinto a realizzare le sue prime opere astratte in movimento, chiamate "Mobiles". Un nome inventato da un altro grandissimo artista del '900, Marcel Duchamp, che, tra l'altro, è stato anche amico e consigliere artistico di Peggy.
Se il rapporto tra Calder (1898-1976) e Mondrian fu soltanto episodico, quello che legò l'artista americano allo spagnolo Miró, che all'epoca era già entrato nell'alveo del Surrealismo, è senz'altro più stretto. I due artisti, infatti, si incontrarono a Parigi nel 1929 e diventarono subito amici. In comune avevano diverse cose, tra cui un particolare senso dell'umorismo, l'amore per le forme vegetali e per quelle che sembravano flutture nello spazio. Caratteristiche che sono particolarmente evidenti in alcune opere esposte a Vercelli, che i due artisti realizzarono intorno al 1943, quando Calder, che non riusciva più a trovare il metallo per le sue opere, aveva iniziato a utilizzare filo di ferro e legno dando vita alla serie delle "Costellazioni" e Mirò aveva realizzato uno dei suoi personaggi più surreali Donna nella notte, in cui la figura femminile si frammenta in forme che assomigliano a quelle del suo amico artista.
Oltre a mostrare i punti di contatto esistenti tra questi due autori, la mostra cerca di far risaltare anche il loro percorso artistico, che per Calder è testimoniato da alcuni splendidi esempi di "Mobiles", come il bellissimo Arco di petali del 1941, che Peggy ha installato personalmente nel Padiglione Greco della Biennale, dai "Mobiles con stelo", tra cui spicca Yucca, che ha fatto parte della collezione di Hilla Rebay, la consulente artistica di Solomon, dallo strepitoso ritratto in fil di ferro di Giovanni Carandente, che è stato un grande estimatore della sua opera, da alcuni dipinti su carta e da due vere chicche, che sono la spalliera del letto a forma di acquario di Peggy Guggenheim, che finora non ha mai lasciato Venezia, e l'orecchino che la collezionista americana indossava nel 1942 all'inaugurazione della sua galleria newyorchese (l'altro era di Tanguy).
Ampio spazio viene dedicato anche alle ricerche artistiche di Miró, che Breton definì "il più surrealista di tutti" e nel 1942 espose nella galleria newyorchese di Peggy assieme ad Arp, Ernst e Magritte. Le collezioni Guggenheim conservano, infatti, alcuni straordinari dipinti dell'artista catalano, a partire da Prades, Il villaggio, un piccolo, ma particolarissimo quadro del 1917, che arriva dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York, che, pur essendo ancora parzialmente realistico, fa già presagire quell'evoluzione della sua poetica verso il surrealismo, che risulta invece ormai matura in tre opere che arrivano dalla Collezione di Peggy: Pittura (1925), Interno olandese II (1928) e Donna seduta II (1939). Le sorprese comunque non finiscono qui. Oltre a un piccolo, delizioso acquerello del 1946 (Personaggio, Cane, Uccelli, la mostra propone, infatti, anche un'altra Pittura del 1953, dove Miró sembra aver concentrato la summa di tutto il suo lavoro e del suo universo poetico tanti sono i personaggi che animano la superficie di questo grande dipinto murale, che arriva dal museo di New York.
Come le precedenti, anche questa rassegna è curata da Luca Massimo Barbero, che da tempo collabora con la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e, per quello che ha fatto qui in questi anni, sta per ricevere la cittadinanza onoraria di Vercelli. Il catalogo è pubblicato da Silvana Editoriale.