Mostre di arte moderna e contemporanea
Coming of age: l'arte americana dal 1850 al 1950
28 giugno - 12 ottobre 2008
Collezione Peggy Guggenheim
Palazzo Venier dei Leoni - San Gregorio 701, Venezia
Info. 041-2405411
Orari: 10-18, martedì e 25 dicembre chiuso
Nel 1947 Peggy Guggenheim, che ha già scoperto e promosso diversi artisti nelle sue gallerie di Londra e New York, torna in Europa e decide di stabilirsi a Venezia.
L'anno successivo, dopo aver comprato un bel palazzo per ospitare la sua collezione, decide di farla conoscere a tutto il mondo e la presenta al Padiglione Greco della Biennale di Venezia, una location che non passa certo inosservata.
Vedendo queste opere straordinarie, la gente si accorge che qualcosa è cambiato e che in America è successo qualcosa di nuovo e inaspettato: è nata una nuova arte.
La consacrazione ufficiale dell'arte americana avviene però nel 1964, col conferimento del primo premio per la pittura a Robert Rauschenberg. È nel dopoguerra, infatti, che si hanno le creazioni più clamorose anche se i segnali del cambiamento sono nell'aria da tempo.
In seguito a queste "rivelazioni" New York diventa il nuovo centro dell'arte contemporanea scalzando Parigi, che, per lungo tempo, ne era stata la regina assoluta.
Com'era potuto succedere tutto questo? La mostra che William Agee e Susan C. Faxon hanno allestito alla Collezione Peggy Guggenheim cerca di dare una risposta a questo affascinante quesito presentando le opere dei principali artisti d'Oltreoceano ai quali si deve lo sviluppo di un linguaggio artistico tipicamente americano.
Le opere, che fanno parte della collezione della Addison Gallery of American Art di Andover, nel Massachusetts, sono circa una settantina tra dipinti e sculture e offrono un'interessante panoramica dell'arte realizzata negli Stati Uniti a cavallo tra '800 e '900.
La mostra, che è già stata presentata con successo al Meadows Museum di Dallas e alla Dulwich Picture Gallery di Londra, segue un criterio cronologico. Uno degli scopi di questa rassegna, che non a caso si intitola "coming of age", è infatti quello di far risaltare i passaggi che hanno portato alla definizione di una "espressione americana".
Il primo impatto si ha con i magnifici e grandiosi paesaggi dell'Hudson River School (1825-1875), che ci ha lasciato immagini straordinarie del territorio americano. Una sorta di paradiso naturale, non ancora segnato dalla presenza e dalla mano dell'uomo, che, per Thomas Cole (1801-1848) e i suoi amici pittori, Asher B. Durand (1796-1886), Albert Bierstadt (1830-1902) e Frederic E. Church (1826-1900), rappresenta la più pura rivelazione della volontà divina e può essere di aiuto all'elevazione spirituale.
In una lettera del 1855 Durand, che aveva sostituito Cole alla guida della Scuola, invitava i suoi studenti a non farsi influenzare dalle proposte d'Oltreoceano e non cercare altrove i propri soggetti data l'incomparabile bellezza del paesaggio locale, ricco di laghi, foreste, contrade selvagge e monti inviolati, ma la contaminazione fu inevitabile e alcuni artisti, come George Inness (1825-1894) e William Morris Hunt (1824-1879), dopo aver scoperto le opere della Scuola di Barbizon, modificarono il loro stile adottando pennellate più libere e drammatiche, che sottolineavano la liricità del panorama.
Questi due modi di dipingere la natura, uno più realistico e dettagliato, l'altro più atmosferico e suggestivo, sono affiancati da altre tendenze.
La ricera di un'identità nazionale è ben espressa infatti dalle opere di Winslow Homer (1836-1910), Thomas Eakins (1844-1916) e Eastman Johnson (1824-1906), che dipingono la vita della gente comune (contadini, gente di mare, sportivi ecc.) con sincera partecipazione riuscendo a cogliere, pur nella diversità degli stili, il vero spirito americano.
Un'altra via, legata alle influenze impressioniste, è quella percorsa da artisti, come James McNeill Whistler (1834-1903) e John Singer Sargent (1856-1925), che sono rimasti a lungo in Europa e si sono specializzati nella raffigurazione di paesaggi, scene di interni e ritratti.
Esiste infine un'altra tendenza, quella della Ash Can School, che preferisce fissare su tela momenti di vita quotidiana all'interno delle città americane, che sul finire dell'800 sono diventate sempre più popolose. La bellezza dei paesaggi lascia quindi posto alla drammatica realtà di poveri, emarginati, prostitute ecc. Sono questi infatti i temi prediletti da artisti come William Glackens (1870-1938), Robert Henri (1865-1929), George Luks (1867-1933), Everett Shinn (1876-1953) e John French Sloan (1871-1951), che, assieme ad Arthur B. Davies (1862-1928), Ernest Lawson (1873-1939) e Maurice Prendergast (1859-1924) fanno parte anche del Gruppo degli Otto (The Eight), che nel 1908 si fa conoscere esponendo alla Macbeth Gallery di New York.
Gli esponenti di quella che viene chiamata anche "Black Gang" sono sicuramente degli artisti innovativi, ma la novità delle loro proposte è più legata ai contenuti che allo stile. Un fatto che comunque non impedirà loro di diventare un punto di riferimento fondamentale per i realisti americani degli anni '20 e '30.
Il primo vero cambiamento è legato alla figura del fotografo ed editore Alfred Stieglitz, che nel 1905 apre a New York una galleria d'arte, la "291", e si fa promotore di rassegne molto interessanti. Dai suoi spazi espositivi passano infatti sia i giovani artisti americani, sia i più innovativi artisti europei, che rispondono al nome di Rodin, Cézanne, Matisse, Toulouse-Lautrec, Rousseau, Picasso, Braque, Brancusi ecc. Contrariamente ad Henri, Stieglitz ritiene infatti che l'arte americana non possa prescindere dalla conoscenza di quella europea se vuole liberarsi dal suo carattere provinciale.
Il punto di svolta si ha però nel 1913, quando l'Association of American Painters and Sculptors, presieduta da Arthur B. Davies, che ha rapporti sia col Gruppo degli Otto che con Stieglitz, riesce a dar vita all'Armory Show, uno degli eventi più importanti della storia dell'arte americana. Accanto ai lavori degli artisti locali, più o meno tradizionalisti, figurano, infatti, i principali rappresentanti dei movimenti d'avanguardia del Vecchio Continente.
Gli artisti americani che non avevano avuto modo di andare in Europa scoprono il fauvisme, l'espressionismo, il cubismo e i primi esperimenti di arte astratta e rimangono esterefatti dall'audacia e dalla novità delle proposte. Ben presto però si fa strada in loro il desiderio di sperimentare nuove soluzioni artistiche, tipicamente americane. Alcuni autori scelgono il figurativo, altri l'astrazione, ma, in ogni caso, il loro modo di rapportarsi all'arte non è più lo stesso.
Gli artisti che ruotano attorno alla cerchia di Stieglitz, ossia Marsden Hartley (1877-1943), Max Weber (1881-1961), Arthur Dove (1880-1946), John Marin (1870-1953), Georgia O' Keeffe e Alfred Maurer, rappresentano una specie di élite e la loro arte, colta e sperimentale, memore di quella europea, non va certo bene per tutti. Si rivolge a un pubblico impegnato, preparato e sensibile, capace di capire il valore delle loro opere, che anziché rappresentare degli oggetti (fiori, forme vegetali, paesaggi urbani o naturali), così come sono, usano forme e colori per manifestare le impressioni che hanno provato al loro cospetto.
Un altro interessante personaggio è Man Ray, che dopo esser diventato amico di Duchamp, porta avanti le sue spermentazioni realizzando opere visionarie di ispirazione dadaista e surrealista.
Con l'arrivo degli anni Venti l'ondata modernista viene sostituita da posizioni più tradizionali e gli artisti tornano a proporre opere realiste. Esiste però una corrente, definita "Precisionismo", che porta avanti una soluzione di compromesso tra arte astratta e figurativa. Ne fanno parte Charles Scheeler (1883-1965), Charles Demuth (1883-1935), Georgia O' Keeffe ecc., che traendo spunto dal cubismo e dalla fotografia, offrono l'immagine di un'America nuova, "ordinata", armonica e produttiva. I loro soggetti preferiti sono infatti le vedute urbane, i complessi industriali, i grattacieli. I simboli dello sviluppo economico e dell'innovazione.
La crisi del 1929 cambia le carte in tavola e gli artisti si fanno interpreti della Grande Depressione. Si torna quindi al realismo, che prende però diverse forme. Se i pittori regionalisti guardano infatti al passato, ai valori tradizionali di questo grande Paese, gli esponenti del realismo urbano e sociale riprendono la via tracciata da Henri e raccontano episodi di vita quotidiana all'interno delle grandi città.
In questo contesto, che è abbastanza variegato, spicca per originalità la pittura di Edward Hopper, che è stato uno dei più importanti pittori americani del '900. I suoi dipinti, infatti, anche quelli ambientati nei centri urbani, non si limitano all'esteriorità, ma scrutano dentro l'animo umano e parlano di solitudine, silenzio, attesa e disperazione.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale produce un cambiamento radicale. Moltissimi artisti europei, infatti, decidono di rifugiarsi negli Stati Uniti per sfuggire al nazismo e continuare a svolgere liberamente il proprio lavoro.
Un posto particolare spetta ai surrealisti e agli astrattisti, che attraggono l'attenzione degli artisti locali contribuendo a gettare le basi per la nascita di movimenti autoctoni, come l'espressionismo astratto, che ha avuto tra i suoi maggiori interpreti Willem de Kooning, Jackson Pollock, Franz Kline, Robert Motherwell, Clyfford Still, Hans Hoffman, Mark Rothko e Adolph Gottlieb.
Nell'affermazione dell'arte americana ha avuto un ruolo fondamentale Peggy Guggenheim, che, quand'era in Europa, aveva già cominciato a raccogliere la sua collezione entrando in contatto con molti artisti d'avanguardia. Dopo aver aiutato molti di loro a fuggire in America, decise infatti di aprire una galleria, la famosa "Art of This Century", e di promuovere il loro lavoro sulla scena newyorchese. E fu proprio qui che Pollock e gli altri esponenti della "Scuola di New York" incontrarono i loro "maestri", conobbero le loro opere e il loro pensiero, anche se in seguito rinnegarono ogni condizionamento. Molte erano infatti le novità della loro pittura, a partire dalle dimensioni dei quadri, che rispecchiavano la vastità del territorio americano.
La mostra si conclude con Fosforescenze, un dipinto che Pollock realizzò nel 1947 e Peggy Guggenheim donò alla Adison Gallery nel 1950. Ennesima dimostrazione del mecenatismo di questa grande collezionista, che ha voluto dividere con tutti la sua passione per l'arte.