Giorgio de Chirico

Attività artistica di Giorgio de Chirico

Giorgio de Chirico è una delle figure più importanti dell'arte italiana del '900.
Il suo nome è legato soprattutto alla pittura metafisica, di cui fu l'iniziatore e il massimo interprete. Celebri i suoi quadri che raffigurano piazze e manichini, immagini sospese al di fuori del tempo e dello spazio. Noto anche il complesso rapporto con i surrealisti, che in un primo tempo considerarono de Chirico come un pionierie del Surrealismo, per poi rinnegarlo quando egli cambiò strada.
La fase metafisica, per quanto fondamentale, rappresenta una parentesi nella lunga carriera di Giorgio de Chirico. È durata, infatti, dal 1912 circa al 1920.
Mentre le opere del periodo metafisico sono state tenute sempre in altissima considerazione, viceversa la produzione di de Chirico successiva al 1920-22 è rimasta a lungo in disparte. Tra le varie cause, hanno contato senza dubbio i pesanti attacchi di André Breton e dei compagni surrealisti, che accusavano de Chirico di tradimento. Inoltre, ha contato la ripetitività di certi temi e l'intonazione barocca di tante opere degli anni '40-50. Non ultimo, hanno pesato i numerosi scandali legati alla falsificazione soprattutto della produzione tarda del maestro.
Già da qualche decennio la critica e il mercato hanno rivalutato la produzione dechirichiana degli anni '20. Mentre in questi anni è in atto un allargamento dell'interesse a cicli tematici successivi.

Gli inizi della carriera artistica di Giorgio de Chirico si svolgono a Monaco.
L'influenza dei simbolisti tedeschi, in particolare di Böcklin, e le suggestioni letterarie di Schopenhauer, Nietzsche e Weininger già si avvertono nelle prime opere. In L'Enigma dell'oracolo e in altre opere del 1910-11 de Chirico sottolinea il valore dell'opera d'arte come strumento conoscitivo della realtà. Già si fa strada l'indentificazione del pittore come essere superiore, veggente, che guida alla scoperta della verità.
Nel 1912 appaiono le prime Piazze d'Italia. Con esse ha inizio la fase matura dell'artista, e quella forse più nota ed apprezzata da parte del pubblico: la pittura metafisica.
Le Piazze d'Italia sono visioni di piazze prive di vita. In esse appaiono edifici squadrati e lunghi porticati, che rimandano alle architetture di Firenze, Torino, Monaco, o ai dipinti di Giotto. L'uso di prospettive assurde e sconcertanti, e i colori terrosi evocano l'idea di uno spazio impossibile, in cui tutto è immobile ed il tempo si è fermato.
La stessa atmosfera si ritrova anche nelle composizioni di oggetti. Oggetti di ogni genere si ritrovano accostati in contesti temporali o spaziali a loro estranei, deformati prospetticamente. Si crea così un senso di enigma, malinconia e spaesamento. L'uomo e il mondo sono un enigma. Solo individui superiori possono rivelare l'essenza intima della realtà, la vera natura delle cose.
Dietro l'apparenza del quotidiano si cela il mistero dell'esistenza. Il vero artista riesce a tradurlo in immagini.
Verso la fine del 1914 Giorgio de Chirico introduce l'iconografia del manichino. Pare trovi la sua origine in un dramma di Alberto Savinio (Chants de la mi mort, 1914). Cieco e senza bocca, come tutti i veggenti, di volta in volta è chiamato pensatore, saggio, filosofo, vaticinatore. A ben vedere, si tratta sempre di colui che è in attesa della rivelazione di un enigma (Le muse inquietanti, Il grande metafisico, Ettore e Andromaca del 1917).

L'incontro con Carlo Carrà, nel 1916, segna la nascita di una vera e propria Scuola metafisica. L'avvenimento paradossalmente segna la fine imminente dell'avventura metafisica di de Chirico.
Intorno al 1919 si comincia ad avvertire una volontà di "ritorno all'ordine", ai valori e alle tradizioni del passato. Si fanno sempre più frequenti le citazioni. La gamma cromatica cambia registro, facendosi più morbida e varia. È di questo periodo l'avvicinamento a Valori Plastici e al Novecento italiano.
Nella seconda metà degli anni '20 de Chirico mostra una sorta di ripensamento e ritorno alla metafisica. In questo periodo elabora diverse serie di opere: Archeologi, Gladiatori nella stanza, Mobili nella valle, Cavalli sulla spiaggia. In esse si assiste alla trasposizione del mito in una dimensione onirica e ambigua: ciò che nella realtà è all'aperto, qui si trova all'interno di uno spazio chiuso, e viceversa. La tecnica pittorica piatta e schematica degli anni '10 si ammorbidisce in una solare plasticità.

Sul finire degli anni '30 de Chirico è nuovamente attirato l'arte del passato. Questa volta sono soprattutto i pittori del '600, che spesso ripropone con sottile ironia. Vedute di Venezia, ritratti in costume, soggetti mitologici e nature morte sono i temi più ricorrenti. In esse l'artista sviluppa una tecnica pittorica baroccheggiante, dalla pennellata pastosa e guizzante.
Come a volersi astenere volontariamente dalla scoperta di nuove immagini, Giorgio de Chirico nell'ultimo ventennio della sua attività si dedica a replicare opere del periodo metafisico. Inoltre, rielabora temi sviluppati in litografie e bozzetti teatrali degli anni '30.

Nonostante la fama, Giorgio de Chirico è rimasto sempre, sostanzialmente, un isolato.
A parte la breve parentesi metafisica, non ha dato vita a nessun tipo di scuola. Ma la sua influenza è stata grande. Dapprima la avvertirono i surrealisti. Poi fu la volta del vasto ambito del "realismo magico" e della "Nuova Oggettività" tedesca.