Mostre di arte moderna e contemporanea
Terre Vulnerabili I. A growing exhibition. Le soluzioni vere arrivano dal basso
21 ottobre 2010 - 17 luglio 2011
Hangar Bicocca
Via Chiese 2 (traversa di Viale Sarca)
Info. 02-853531764
Orari: mar-dom 11:30-19, gio 14:30-22, lunedì chiuso
Dopo Fuori centro e le mostre dedicate a Christian Boltanski e Carlos Casas, l'Hangar Bicocca torna a parlare di vulnerabilità, che è un tema molto caro alla direttrice artistica di questo spazio, che è Chiara Bertola. Lo fa con la consapevolezza della propria fragilità, legata a una profonda mancanza di fondi, che ha costretto questa istituzione alla realizzazione di una mostra in progress, dove gli artisti e le opere si sommano gli uni agli altri partendo da un numero abastanza limitato di 13 per arrivare a 30.
Padrini di questa prima esposizione, che si intitola "Le soluzioni vere arrivano dal basso" e parte dall'idea che riconoscere la propria vulnerabilità sia l'occasione per conoscere meglio se stessi e gli altri, sono due grandi maestri, Ermanno Olmi e Yona Friedman, che hanno mostrato spesso il loro interesse per queste tematiche. Del primo, che ha sempre prestato grande attenzione al mondo contadino, viene proposto, Terra Madre, un documentario che pone l'accento sul rispetto della terra e dei suoi prodotti, sui problemi connessi al cibo e sui rischi dello spreco. Del secondo, che ha basato buona parte della sua ricerca sul riciclo dei rifiuti a il recupero della memoria, si può invece vedere il video La Terra spiegata a visitatori extraterrestri, che racconta, per sommi capi e con un linguaggio semplice, simile a quello dei fumetti, com'è la vita sul nostro pianeta mettendo in risalto difetti, sbagli, fragilità e debolezze del genere umano, sperando, forse, nella loro, e nella nostra, indulgenza, che deve comunque andare di pari passo con la riattivazione del nostro senso di responsabilità, che è sopito, ma sarebbe bene si risvegliasse perché "quando vogliamo troppo, perdiamo il controllo".
Gli altri artisti, che appartengono a diverse generazioni e paesi e lavorano con mezzi e tecniche differenti, hanno accettato di mettersi in gioco in diversi modi discutendo preventivamente il senso di questo progetto e rendendosi disponibili alla trasformazione delle loro opere nel corso del tempo.
I loro interventi, tutti abbastanza minimali e realizzati appositamente per questo spazio, sono più o meno riusciti, ma bastano pochi pezzi, davvero straordinari, a rendere interessante questa mostra, che è allo stesso tempo fragile e fertile. Il fatto che le opere siano deperibili, o soggette a continue modificazioni, e che, fino all'ultimo, non si possa sapere cosa succederà, può, infatti, rappresentare un grave handicap, ma anche una grande opportunità.
Il percorso espositivo, decisamente debole perché segnato da ampi spazi vuoti, e dalla presenza, spesso ingombrante, delle imponenti "Torri di Kiefer", che ben nascondono la loro natura di "giganti dai piedi d'argilla", non sembra seguire un ordine prestabilito. Gli spettatori sono quindi liberi di scegliere cosa vedere e come muoversi all'interno dell'Hangar. Ci sono comunque delle opere che sarebbe un vero peccato dimenticare, come Field, l'installazione realizzata dall'artista tedesca Christiane Löhr, che costruisce, con materiali naturali, come semi di piante e crini di cavallo, piccole, infinitesimali architetture, che si cnfrontano con gli enormi spazi dell'Hangar, o Staging Silence dell'artista belga Hans Op de Beeck, che crea con pochi mezzi verosimili, ma illusori, paesaggi e spazi umani, quali boschi, giardini, città, uffici, teatri, navi e palazzi, tutti destinati alla distruzione. Bastano, infatti, pochi gesti perché gli elementi di cui sono fatti vengano usati per altre messe in scena, anche loro caduche e senza futuro.
Altre opere interessanti, che ben esemplificano il tema della vulnerabilità, sono i "Senza titolo" di due artisti italiani di diversa generazione, Alberto Garutti ed Elisabetta di Maggio, che affidano il loro messaggio a materiali quotidiani, come la carta e il ghiaccio, simboli del tempo che passa, della casualità della vita e della trasformazione degli elementi, soggetti all'intervento della natura e degli uomini.
La vera sorpresa di questa mostra, che è stata realizzata in collaborazione con Andrea Lissoni, è comunque Testament del gruppo artistico inglese Ackroyd & Harvey, una fotografia, che attraverso un complesso processo di fotosintesi, è stata ricoperta d'erba viva e rigogliosa, destinata a crescere e decomporsi col tempo. Come del resto capita a ognuno di noi. Segno della caducità del corpo e anche di quella che è, o dovrebbe essere, al servizio della memoria: la fotografia.
Anche se non fanno parte di questo progetto, si possono sempre vedere I Sette Palazzi Celesti di Kiefer, che sono ospitati qui dal 2004, Melting Pot 3.0 di Boccalini e La Sequenza di Melotti, che sono presenze costanti di questo spazio dal 25 giugno 2010. Rappresentano, infatti, il legame dell'Hangar con il passato e il futuro, dell'arte e della vita.
Continuano, infatti, anche per i prossimi mesi, gli incontri all'ombra dell'opera di Boccalini, creata proprio per instaurare un legame con la realtà del territorio e fare di questo spazio un luogo vivo, aperto al quartiere e alla città, dove mangiare, bere, discutere, navigare in Internet, passare le serate e il tempo libero.
All'interno del bookshop si potrà vedere inoltre il video Va l'Hangar, che Nicolò Lombardi ha realizzato raccogliendo le opinioni, le impressioni e i suggerimenti degli abitanti del nuovo quartiere Bicocca e dei progettisti di quest'area al fine di dimostrare i punti di forza e di debolezza di questa zona.
Per avere maggiori informazioni sulla Fondazione e i suoi programmi, che sono in continua evoluzione, si può guardare il sito www.hangarbicocca.it o la pagina che Artdreamguide dedica agli appuntamenti in Italia.