Mostre di arte moderna e contemporanea

Terre Vulnerabili IV. L'anello più debole della catena è anche il più forte perché può romperla

5 maggio - 17 luglio 2011

Hangar Bicocca
Via Chiese 2 (traversa di Viale Sarca)
Info. 02-853531764
Orari: mar-dom 11:30-19, gio 14:30-22, lunedì chiuso

È stato un lavoro duro, sofferto, in progress, che ha impegnato per quasi un anno artisti e curatori, ma adesso, finalmente, il progetto "Terre Vulnerabili", fortemente voluto da Chiara Bertola, è in dirittura d'arrivo.
Nonostante questo, si sono aggiunte nuove opere, che sono quelle di Pascale Marthine Tayou e Neri Ward, che hanno posto l'accento sui materiali di scarto, il riciclo e la situazione ambientale contemporanea, Roman Ondák, che ha lavorato sul concetto di performance e opening cercando di dar vita a una condizione straniante, e Alberto Tadiello, che ha realizzato una scultura tagliente, aguzza, piena di spigoli, che proietta un'ombra sinistra sulle Torri di Kiefer e fa venire in mente le mani di forbice dello strampalato giardiniere interpretato da Johnny Depp.

Anche lo spazio espositivo è cambiato e le opere, che, all'inizio, si trovavano nella prima sala, hanno acquisito un nuovo status e una nuova collocazione. L'installazione sulla censura e il potere delle immagini di Carlos Garaicoa è tornata a fianco dei lavori dei Gelitin, il video Architecture of Vulnerability di Kimsooja, che affronta un tema scottante e di grande attualità come quello delle sostanze radioattive, è stato spostato in una nicchia laterale dell'Hangar, le altre opere, invece, che sono la maggioranza, hanno trovato ospitalità all'interno del labirinto di Yona Friedman come se volessero cercare conforto e sostegno nella vicinanza reciproca. Ai lavori di Margherita Morgantin e Adele Prosdocimi, che sono state le prime a cercare asilo in questo spazio, si sono aggiunti, infatti, quelli di Ermanno Olmi, Christiane Löhr, Stefano Arienti, Elisabetta di Maggio, Rä di Martino e dello stesso Friedman.

Un caso a parte è quello degli Appunti di viaggio di Adele Prosdocimi, che sono diventati di volta in volta più numerosi. L'artista, infatti, ha continuato a ricamare sul feltro le frasi più incisive e significative che gli artisti e i curatori hanno detto durante i loro incontri arrivando a riempire tutto il lato sinistro della "Cattedrale", che, come ben sanno i frequentatori di questo luogo, è uno spazio di tutto rispetto.
Ogni tanto ci sono dei tasselli vuoti, ma questo non vuol dire che l'artista fosse a corto di materiale. È molto più probabile, invece, che abbia voluto lasciar spazio a momenti di riflessione sul senso di quelle parole e sul concetto di vulnerabilità.
Alcune frasi si leggono andando verso la fine dell'Hangar, altre tornando verso l'uscita. Il percorso espositivo è diventato, infatti, una sorta di campo esperienziale che si può percorrere e vivere in tutti i sensi.

Uno degli elementi più interessanti di questa puntata del progetto è il titolo, ripreso da un aforisma dello scrittore polacco Stanislaw Jerzy Lec, che fa risaltare un fatto per nulla scontato. Di solito, infatti, quando si ha a che fare con persone fragili, insicure, vulnerabili, non si pensa mai che "l'anello più debole della catena è anche il più forte perché può romperla" dando il via a eventi inimmaginabili perché assolutamente imprevisti e imprevedibili, che possono aprire però a nuove fasi, a nuove possibilità di sviluppo e di senso. Proprio come fa l'arte, che rompe gli schemi dando il via a nuove interpretazioni e nuovi scenari.

"Terre Vulnerabili" si chiude così lasciandoci in dote un ricco bagaglio di suggestioni, emozioni, pensieri su cui riflettere per mettere a frutto le nostre fragilità, diventare più forti o, quanto meno, non vergognarci delle nostre debolezze. Ma si può davvero mettere la parola fine alla "vulnerabilità"? Ognuno di noi, chi più, chi meno, ha il suo "tallone d'Achille", fisico o psicologico, che può essere colpito all'improvviso. Ed è per questo che non escludiamo che, in futuro, si aprano ulteriori puntate di questo progetto, che parla di una condizione alla quale non può sfuggire nessuno, neppure chi si sente invincibile e invulnerabile.

La mostra è affiancata da un'altra rassegna, dedicata all'artista thailandese Surasi Kusolwong, che realizza opere di forte impegno politico e sociale mescolando elementi tratti dalle tradizioni occidentali e orientali, dalla cultura alta e da quella bassa.

Per avere maggiori informazioni sulla Fondazione e sui suoi programmi, che sono in continua evoluzione, si può guardare il sito www.hangarbicocca.it o la pagina che Artdreamguide dedica agli appuntamenti in Italia.

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