Mostre di arte moderna e contemporanea
Terre Vulnerabili II. Interrogare ciò che ha smesso per sempre di stupirci
2 febbraio - 17 luglio 2011
Hangar Bicocca
Via Chiese 2 (traversa di Viale Sarca)
Info. 02-853531764
Orari: mar-dom 11:30-19, gio 14:30-22, lunedì chiuso
Dopo la prima mostra del ciclo Terre Vulnerabili, che si intitolava "Le soluzioni vere arrivano dal basso", l'Hangar Bicocca continua a interrogarsi sul concetto di vulnerabilità con un'altra rassegna, "Interrogare ciò che ha smesso per sempre di stupirci", che prende le mosse dalla precedente e servirà da spunto per quella che verrà. Uno dei principi che stanno alla base di questo progetto, curato da Chiara Bertola, dal suo staff di collaboratori e dagli stessi artisti, che hanno deciso di mettersi in gioco attraverso incontri e dibattiti, è, infatti, quello di far interagire tra loro le opere (che possono passare di mostra in mostra mantenendo la stessa posizione oppure spostarsi acquistando un nuovo senso) per dare l'idea di un terreno fertile, che germoglia, cresce e cambia nel tempo. Come capita alla piccola Italia in vetro di Stefano Arienti, che ha trovato nuova vita e un nuovo titolo, Terre, inglobando la base dell'opera di Christiane Löhr, una piattaforma in gesso, che assomiglia alla sagoma di un continente in via di decomposizione.
Il fatto che Feld non sia più lí, non vuole comunque dire che l'artista tedesca non sia più presente in mostra. Anche lei, infatti, ha deciso di cambiare qualcosa e, se prima aveva realizzato piccole, infinitesimali architetture ancorate al suolo, fatte di semi di piante e crine di cavallo, ora ha usato proprio quest'ultimo materiale per realizzare un'opera delicatissima, che si estende tutta in altezza e si può vedere soltanto grazie alla luce.
Un'altra opera interessante è quella dell'artista coreana Kimsooja, di cui si è vista una bellissima rassegna al PAC nel 2004. Le immagini di Architecture of Vulnerability, scattate in una spiaggia vicina alla centrale nucleare di Yeong Gwang, ci mostrano, infatti, la reazione della terra al contatto con le sostanze radioattive. Quello che vediamo però è tutt'altro che brutto, come se la natura avesse cercato di trasformare le sue ferite in segni di straordinaria bellezza e poesia. Un messaggio, che può avere più di un significato. Può farci capire, infatti, che la bellezza può nascondere qualcosa di oscuro, invisibile agli occhi, ma anche che dal male può nascere qualcosa di diverso. Che noi, come la natura, abbiamo la possibilità di reagire alla cattiveria del mondo e degli uomini.
Sull'altro lato della sala si trova il video La Terra spiegata a visitatori extraterrestri, che Yona Friedman ha proposto nella prima parte di questo progetto mettendo in luce difetti, fragilità e debolezze del genere umano. Non è comunque questo l'unico lavoro dell'artista ungherese, che ha deciso di creare per l'Hangar Une ville spatiale pour artistes, dove offrire uno "spazio più umano" e raccolto alle opere degli altri artisti.
La prima ad approfittarne è stata Margherita Morgantin, che ha proposto in questo labirinto di cartone un video e un'installazione. Il primo, girato nel deserto della Namibia, ha a che fare con la rilevazione del bilancio energetico del pianeta, la seconda, minimale, ma più interessante dal punto di vista concettuale, prende spunto da un errore grammaticale, per porre in risalto la fragilità del genere umano. Si intitola, infatti, Vite complete.
Un'altra artista che ha deciso di relazionarsi con Friedman è Rä di Martino, che, dopo aver fotografato lo studio dell'artista ungherese dando vita a un video che trasforma gli oggetti presenti in qualcosa di astratto e irriconoscibile, ha deciso di portare avanti la sua ricerca sul riciclo dei rifiuti e il recupero della memoria, con una nuova installazione, che mette insieme le fotografie realizzate all'interno di alcuni set cinematografici in disuso con alcuni materiali trovati nei depositi dell'Hangar.
Il passaggio tra la prima sala espositiva e quella che viene considerata la "Cattedrale" è stato scelto da Remo Salvadori, che ha realizzato una scultura in marmo a forma di stella in quello che, secondo lui e un suo amico rabdomante, è il punto di incontro "delle materie, delle energie, delle persone".
Accanto al suo lavoro, realizzato con un materiale classico, si trova quello di Alberto Garutti, al quale si deve una delle opere più lievi di questa mostra, che parla però di temi importanti, come il tempo che passa e la casualità della vita.
Vicino a quest'opera, che si vede soltanto a tratti, c'è una scultura imponente e raccapricciante. L'hanno realizzata gli artisti di Invernomuto, che hanno fatto la copia della copia della Grotta di Lourdes. Una denuncia del kitsh, che aumenta a ogni passaggio, ma è destinato a dissolversi via via che ci si abitua al cambiamento.
A pochi passi da questo lavoro, greve e grottesco al tempo stesso, destinato a decomporsi per mano dei suoi creatori, si trova un'opera più delicata e sottile, tutta basata sulle parole. È quella di Adele Prosdocimi, che ha fatto tesoro degli incontri con gli artisti e i curatori di "Terre Vulnerabili" e ha annotato nei suoi Appunti di viaggio, realizzati ricamando sul feltro, le frasi più intense e suggestive che è riuscita ad ascoltare.
Sull'altro lato della navata, sul retro di Staging Silence, il bellissimo video dell'artista belga Hans Op de Beeck, che abbiamo già segnalato la volta scorsa, ha trovato accoglienza l'opera di Bruna Esposito, Sotto terra vulnerabili terre moti. Un angolo votivo dedicato a coloro che sono sotto terra. Ma anche a chi ha paura di morire.
Superate le opere di Mario Airò, della Löhr, di Mona Hatoum e di Alice Cattaneo, che ha dato un nuovo assetto e una nuova forma alla sua scultura, si incontra il nuovo video di Nico Vascellari, che ha messo insieme realtà e finzione, forza e paura. Alla base del suo lavoro, che mostra uno spettacolo pirotecnico all'interno di un edificio distrutto durante la guerra, ci sono, infatti, due storie parallele, la sua e quella di Tiberio De Poi, un curioso personaggio che, in una puntata della Corrida, ha imitato il rumore dei fuochi d'artificio. Un espediente che, da bambino, lo aveva aiutato a esorcizzare la paura delle bombe.
Nell'ultima saletta, oltre alla bellissima opera del gruppo artistico inglese Ackroyd & Harvey (Testament), che si sta lentamente decomponendo, e alla riflessione sulla bellezza dei Gelitin (Mona Lisa), si può vedere anche un'installazione dell'artista cubano Carlos Garaicoa, già presentata, con altro titolo, alla Biennale di Shanghai. Un lavoro che parla di comunicazione e censura ponendo l'accento sulla forza delle immagini.Le opere comunque non sono ancora finite. Oltrepassati I Sette Palazzi Celesti di Kiefer, che sono ospitati qui dal 2004, si trova infatti, una delicatissima opera di Elisabetta Di Maggio, che si rischia di non vedere. E sarebbe un vero peccato perché, nella sua semplicità, è racchiuso il senso della vulnerabilità e della vita. Del ciclo e del riciclo. In Dissonanze, infatti, il ghiaccio diventa acqua, e poi ancora ghiaccio, in un continuo processo di trasformazione e rigenerazione naturale, che è al tempo stesso inevitabile e necessario. Senza cambiamento, infatti, non ci sarebbe sopravvivenza.
Prima di uscire si può dare un'occhiata a Terra Madre del grande regista Ermanno Olmi, un documentario che pone l'accento sul rispetto della terra e dei suoi prodotti, sui problemi connessi al cibo e sui rischi dello spreco. In breve, sulla fragilità di questo mondo, che non deve essere trascurato perché la sua vulnerabilità è strettamente connessa alla nostra. Che è esteriore, fisica, ma anche interiore.
Come di consueto, l'offerta espositiva dell'Hangar è affiancata da tutta una serie di iniziative, che riguardano l'arte, ma anche altre discipline, come la musica, il teatro, la danza. Continuano, inoltre, gli incontri all'ombra dell'opera di Boccalini, che è stata creata appositamente per trasformare questo spazio in un luogo vivo, aperto al quartiere e alla città.
Per avere maggiori informazioni sulla Fondazione e sui suoi programmi, che sono in continua evoluzione, si può guardare il sito www.hangarbicocca.it o la pagina che Artdreamguide dedica agli appuntamenti in Italia.