Galleria Nazionale d'Arte Moderna (GNAM), Roma
Storia
Giovanni Segantini, Alla stanga, 1886, olio su tela, cm. 170x389
La Galleria Nazionale d'Arte Moderna (GNAM) di Roma nasce ufficialmente nel 1883 col compito di documentare l'arte contemporanea dell'Italia unita.
La prima sede è il Palazzo delle Esposizioni, realizzato da Pio Piacentini.
Il nuovo museo si ispira a un modello di importazione francese. Intende occuparsi degli artisti viventi o morti da poco. Ma a partire dal 1912 apre i suoi spazi anche agli artisti dell'800. Con il passare del tempo le premesse politico-culturali, che avevano portato alla creazione, vengono sempre più sacrificate. Per privilegiare l'arte romana e meridionale, infatti, finisce per perdere anche gran parte della sua connotazione nazionale.
Lo sviluppo della collezione procede prevalentemente attraverso acquisti effettuati da privati, dagli stessi artisti, o in occasione di esposizioni nazionali. Il primo acquisto, datato 1883, è Il voto di Francesco Paolo Michetti. Nel 1892 viene accolto il lascito del napoletano Palizzi, e nel 1905 viene rilevato un ingente corpus di opere di Domenico Morelli.
La collezione comincia ad avere un certo spessore e si fanno sempre più pressanti i problemi di spazio.
Nel 1915 la Galleria Nazionale d'Arte Moderna si trasferisce nella sua sede attuale, il Palazzo delle Belle Arti, realizzato nel 1911 dall'architetto Cesare Bazzani.
La crescita subisce un'impennata durante il periodo fascista. L'impulso deriva soprattutto dall'istituzione nel 1931 delle Esposizioni Quadriennali. Per ovvie ragioni nel museo non possono trovare spazio artisti come Licini o Scipione, che si contrappongono all'arte di regime. Artisti che verranno parzialmente recuperati solo nel dopoguerra.
A partire dagli anni '30 si verificano importanti donazioni. Arrivano le sculture di Medardo Rosso (1931), i divisionisti di Vittore Grubicy (1932), la collezione di Filippo de Pisis (1940).
Riaperta nel 1944, dopo la pausa bellica, la Galleria Nazionale d'Arte Moderna comincia ad indirizzare la sua attenzione verso l'astrattismo. Col tempo assumono rilievo anche l'informale (Burri, Fontana, Capogrossi) e le ricerche visuali e cinetiche. Nel 1951 arriva la donazione della famiglia di Armando Spadini. Contemporaneamente ha luogo una riorganizzazione della collezione dal punto di vista dell'allestimento.
Aria di grandi novità dalla metà degli anni '50, con il nuovo corso impresso dalla direttrice Palma Bucarelli. Il coraggioso programma si caratterizza per un taglio spiccatamente internazionale, sia dal punto di vista dell'attività espositiva, che dello sviluppo della collezione permanente. Vengono organizzate mostre straordinarie, dedicate a figure di spicco della scena artistica europea del dopoguerra. Ben diversi, purtroppo, gli esiti sul piano delle acquisizioni. Vengono proposti per l'acquisto Cézanne, Bonnard, Matisse, Derain, Picasso, Braque, Soutine, Kandinsky, Klee, Bacon, Wols, Gorky... Abbastanza per delineare un profilo decente dell'arte moderna. Ma i politici frenano e tutto si risolve, purtroppo, in una gigantesca bolla di sapone.
Dopo la Bucarelli, alla direzione della Galleria Nazionale d'Arte Moderna si succedono Italo Faldi, Dario Durbé (una delle personalità illustri incappate nella trappola dei falsi Modigliani), Augusta Monferini. L'attuale direttrice è Sandra Pinto.
La ricerca di soluzioni architettoniche ed espositive, atte a risolvere i problemi logistici, ha accompagnato tutta la storia della Galleria, che è stata ristrutturata e ampliata più volte. Ma l'inadeguatezza dello spazio non è comunque il problema più insormontabile.
Ben più grave è quello relativo alla consistenza e composizione delle raccolte. Veramente scandalose sono le assenze riguardanti l'arte straniera e la scarsa rappresentatività di opere legate a importanti movimenti artistici italiani del primo '900 (il Futurismo e Metafisica, in testa) o ad artisti del calibro di Mario Sironi, Carlo Carrà e Giorgio Morandi. Le cause? Certamente una politica di acquisizioni sbagliata da parte di molti responsabili scientifici che si sono succeduti. Ma in alcuni casi (in particolare quello della gestione Bucarelli) la mancanza di fondi adeguati, o quantomeno il vincolo a far approvare le proposte più onerose da parte degli organismi politici "in-competenti".
A questo punto l'unica salvezza viene dalle donazioni, che in effetti negli ultimi anni hanno dato qualche soddisfazione. Grazie ad esse opere di Giacomo Balla, Renato Guttuso, Alberto Burri, Giorgio de Chirico, Lucio Fontana, Antonio Corpora, Piero Consagra e Giulio Turcato hanno colmato alcune lacune gravi, dando maggior consistenza alla sezione del '900. E qualcosa comunque sembra stia cambiando anche sul fronte delle acquisizioni. A testimoniarlo sarebbe la presenza abbastanza sorprendente di opere di molti esponenti delle principali correnti italiane degli ultimi decenni, tra cui la Pop Art, l'arte povera e la transavanguardia.
Potrebbero essere i primi sintomi di una nuova era, che indurrebbero a ben sperare. A smorzare ogni illusione c'è però quella enorme zavorra, fatta di decenni di delusioni.