Mostre di arte moderna e contemporanea

Van Gogh e il viaggio di Gauguin

12 novembre 2011 - 1 maggio 2012

Palazzo Ducale
Piazza Matteotti 9, Genova
Tel. 010-5574004
Orari: lun-ven 9-19, sab-dom 9-20, lunedì chiuso. 26 aprile e 1 maggio 9-20, 27 aprile 9-22, 28-30 aprile 9-24

Dopo averci fatto conoscere alcuni tra i più bei paesaggi del Mediterraneo, Marco Goldin è tornato di nuovo a Genova, una città che è stata, ed è ancor oggi, punto di partenza per mille traversate e avventure, per raccontare il suo ultimo viaggio all'interno della storia dell'arte. Un sogno accarezzato per lungo tempo, che lo ha portato a selezionare un'ottantina di capolavori, che riportano alla memoria i viaggi dei pionieri americani, ansiosi di scoprire territori sconosciuti, ma anche, e soprattutto, i viaggi interiori di artisti come Van Gogh e Gauguin, che hanno passato la vita cercando di capire qualcosa di più su se stessi e sul mistero dell'esistenza.
Il risultato, davvero straordinario, è una mostra ricca di fascino, emozioni e sorprese, che attraversa due secoli e due continenti.

Il percorso espositivo si apre coi dipinti di due importanti pittori americani del XIX secolo, Edwin Church (1826-1900) e Albert Bierstadt (1830-1902), che hanno tradotto in immagini di sapore epico e romantico gli sconfinati e imponenti paesaggi dell'Est e dell'Ovest: la valle dell'Hudson, la costa del Maine, i territori compresi tra i parchi di Yellowstone e Yosemite.
L'Atlantico e le coste del Maine non sono comunque appannaggio esclusivo di Church. A essi hanno guardato, infatti, con esiti molto diversi tra loro, anche Winslow Homer (1836-1910) e Andrew Wyeth (1917-2009), autori, rispettivamente, di scene di mare e malinconici e visionari "paesaggi interiori", in cui le figure sembrano fondersi e diventare tutt'uno con la natura circostante. Un modo di agire che, per certi versi, potrebbe richiamare alla mente quello di Hopper, un pittore straordinario che ha saputo trasformare il paesaggio, le scene urbane e quelle di interni in specchio dell'anima dei personaggi raffigurati rendendo palpabili la tristezza, il silenzio e la solitudine.

Il viaggio di Hopper nei pensieri e nei cuori di uomini e donne delusi dalla vita e dimenticati dai loro simili fa da introduzione alle opere di Mark Rothko, un artista russo, naturalizzato americano, che, con le sue composizioni astratte, fatte di bande monocromatiche dai colori fluttuanti, riesce a trasmettere una formidabile tensione mistica e spirituale.
I suoi lavori sono affiancati a quelli di un altro pittore straordinario, William Turner, autore di cieli e mari plumbei e tempestosi, nei quali si manifesta la maestosità della natura e la fragilità dell'uomo. Ed è stupefacente osservare quale similitudine vi sia tra quadri così distanti nel tempo come Senza titolo (1969) di Rothko e Tre paesaggi marini (1827 ca) di Turner.
Il mare è protagonista anche dei fulminanti e geometrici Ocean Parks di Richard Diebenkorn (1922-1993), degli strazianti dipinti di Nicolas De Staël (1914-1955), che ha deciso di chiudere il suo drammatico viaggio col suicidio, e delle romantiche vedute di Caspar David Friedrich, che, col suo veliero immerso nella nebbia dell'Elba, introduce alla seconda parte di questa rassegna, quella dedicata alle espressioni artistiche europee.

Il primo artista che ci viene incontro è uno dei grandi protagonisti di questa mostra, Paul Gauguin. E il suo quadro, che prima d'ora ha lasciato ben poche volte il Museum of Fine Arts di Boston, è quello che più di ogni altro rappresenta il senso di quest'esposizione, un viaggio in terre lontane alla ricerca di nuove emozioni e nuovi significati anche se, più che dare risposte, sembra porre delle domande. Il suo titolo, infatti, è Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?, domande che l'artista, malato e oppresso per la morte della figlia Aline, ha cominciato a porsi nel 1897 e ha voluto trasporre su tela prima di tentare senza successo il suicidio.
L'opera, che è ricca di simboli e riferimenti di tipo culturale, religioso e spirituale, è posta, al buio, sul fondo di una grande sala, dove si possono vedere anche foto, oggetti, disegni e lettere, che ricordano il soggiorno dell'artista a Tahiti e offrono delle chiavi di lettura di questo dipinto enigmatico, difficile da capire, che, come il mistero dell'esistenza, "non si lascia afferrare". Secondo Gauguin, infatti, quello che conta in un'opera, è "ciò che non è espresso, (ciò che) emerge tra le righe, senza colori o parole".

Se Gauguin ha cercato di trovare delle risposte andando lontano, sotto i cieli dei Tropici, più o meno negli stessi anni un altro grandissimo artista francese, Claude Monet, ha deciso di ritirarsi all'interno del suo giardino e cercare le sue risposte osservando e riproducendo l'esuberanza della natura e i colori delle sue ninfee. Quella che traspone su tela, infatti, non è più soltanto la realtà, che poco a poco si disintegra, ma l'emozione che si prova al cospetto della bellezza, al mistero della creazione.
Se questo è il percorso che avvicina Monet all'astrazione, diverso è il cammino che porta Kandinsky allo stesso risultato. L'approccio dell'artista russo, infatti, è molto più meditato e mentale e si svolge tutto all'interno del linguaggio pittorico, grazie al quale e a sollecitazioni matematiche e musicali, cerca di riprodurre il suono interiore delle cose e tradurre in immagini lo spirituale.
Un altro artista metodico e solitario, che ha cercato l'assoluto senza allontanarsi troppo da casa, è Giorgio Morandi, che ci ha lasciato straordinarie nature morte, nelle quali può ritrovarsi, paradossalmente, il senso della vita. Ogni oggetto, ogni cosa, infatti, non rappresenta mai se stessa, ma il tutto, l'essere, nelle sue infinite varianti e sfaccettature.

Nel passaggio tra la prima e l'ultima sezione troviamo una ricca selezione di dipinti e disegni di Vincent Van Gogh, di cui viene ripercorso il cammino dal buio delle stanze olandesi agli anni di Parigi (Le scarpe, 1886), dai primi, splendidi, quadri di Arles (Il Seminatore, 1888; Ulivi, 1888) ai dipinti degli ultimi anni (Il burrone, 1889; Uliveto davanti all'ospizio di Saint-Paul, 1889), segnati dal dolore e da oscuri presagi.
La mostra, che molto deve ai generosi prestiti del Van Gogh Museum di Amsterdam e del Kröller-Müller Museum di Otterlo, che hanno messo a disposizione opere e documenti, si chiude con l'Autoritratto di Van Gogh al cavalletto (1888), simbolo di una vita dedicata all'arte, e col Covone sotto un cielo nuvoloso (1890), che l'artista ha dipinto ad Auvers tre settimane prima di uccidersi e porre fine al suo "viaggio nel colore e nell'abisso, verso la luce del Sud e nel buio del proprio male di vivere".

La mostra, che è affiancata da una mostra dedicata ad Antonio Nunziante, aperta fino al 22 gennaio 2012, è accompagnata da diverse iniziative, tra cui alcuni recital dedicati alle lettere di Van Gogh e alcune facilitazioni per i visitatori. Marco Goldin ha deciso, infatti, di predisporre un pacchetto speciale, che comprende mostra + pranzo + citytour in pulman a 18/27 Euro a seconda della categoria a cui si appartiene (scuole, studenti universitari, minorenni, anziani ecc.) e del ristorante dove si vuole andare. Per conoscere in dettaglio i programmi, si può guardare il sito www.lineadombra.it.

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